Stampa estera. Decanter, vol 47: Bordeaux en primeur e non solo10 min read

Bordeaux innanzitutto: degustazione dei Primeurs dell’annata 2021, in questo numero, e retasting delle annate 2012 e 2017 nel corposo supplemento  “Bordeaux 2022” interamente dedicato ai vini della regione .

Sia subito detto: dopo le tre grandi annate 2018, 2019 e 2020, la 2021 è stata assai inferiore, e non solo nelle rese. Dal punto di vista meteorologico nulla è stato risparmiato alle vigne e ai vignaioli: gelo, grandine, temporali , freddo e poca luce. Le ovvie conseguenze sono state una crescita fortemente rallentata, una fioritura sofferta, attacchi di peronospora e muffe grigie in abbondanza. I merlot hanno sofferto di più il gelo e la peronospora, mentre  il cabernet sui suoli più calcarei ha avuto meno difficoltà e il petit verdot ha tratto beneficio dall’annata umida: comunque, alla fine non si può affermare che sia stata la vendemmia del cabernet piuttosto che del merlot o  della “Rive gauche” piuttosto della “Rive droite”. Piuttosto, il lungo periodo di crescita ha aiutato a sviluppare una buona complessità aromatica nei rossi, e buoni livelli di acidità nei bianchi, che nelle calde annate precedenti avevano piuttosto sofferto del problema opposto.

Alcune zone hanno incontrato difficoltà nell’accumulazione degli zuccheri e nel raggiungimento del grado di alcol sufficiente, ciò che ha richiesto in alcuni casi la “chaptalisation”. In compenso sono pochi i casi in cui i vini risultano verdi o erbacei per una scarsa maturità delle uve. Nelle riuscite migliori i vini risultano molto equilibrati e piacevoli, con rossi dal frutto croccante, dalla rinfrescante acidità e con tannini setosi ben integrati. Nel complesso, sulla Riva Sinistra, l’annata sembra essere stata più favorevole per Saint-Julien, dove la prossimità all’estuario della Gironda ha moderato gli effetti del gelo rispetto alle altre zone (ma con maggiori problemi a causa della   peronospora per i merlot), e a Margaux, mentre ha maggiormente sofferto Pauillac. Nelle Graves e a Pessac il gelo ha colpito pesantemente le uve piuttosto precocemente, mentre la peronospora molto più avanti, causando una drastica riduzione delle rese. Sulla riva destra, Saint-Émilion ha assorbito bene le diverse difficoltà soprattutto  sui siti ricchi di argille e calcare, con  diversi produttori che hanno aumentato le quote dei cabernet per far fronte ai maggiori problemi dei merlot, e anche a Pomerol,  non sono mancate ottime riuscite, anche in zone a 100% merlot. Qualche notazione: tra i Premier cru rossi (ometterò, per brevità,  di aggiungere il’onnipresente termine Château), 97/100 per Haut-Brion, Margaux e Lafite-Rotschild, un punto in meno per Latour e Mouton-Rotschild , mentre, per quanto riguarda gli altri grand cru classé della Rive Gauche, si attestano a quota 96 anche Ducru-Beaucaillou, Palmer, Pichon Longueville Comtesse de Lalande, Rauzan-Ségla  e, a Pessac-Léognan, Les Carmes Haut-Brion.Per i bianchi la Hindle assegna 97/100 all’Haut-Brion blanc e al Pavillon Blanc dello Château Margaux, mentre a quota 96 inseguono l’Aile d’Argent dello Château Mouton-Rotschild , Smith-Haut Lafitte e un sorprebndente Bordeaux blanc Les Champs Libres, coup de coeur dell’autrice .

Passando alla Rive Droite,Figeac a Saint-Émilion e Lafleur a Pomerol sopravanzano tutti gli altri Châteaux con 97/100, seguiti da un gruppo di altri otto  a quota 95: a Saint-Émilion, Canon, Cheval Blanc, Troplong-Mondot e Vieux Château Certan, a Pomerol  l’Église-Clinet, Lafleur-Pétrus e Pétrus. Infine, per quanto riguarda i bianchi “moelleux“ del Sauternais, nel quale prosegue il trend di annate molto complicate a causa delle difficoltà incontrate nella botrytis, la migliore performance, è quella dello Château de Fargues, coup de coeur, con 97/100, seguito da Suduiraut con 96/100.

Occupiamoci ora del supplemento annuale dedicato a Bordeaux:  120 pagine a colori, in cui i lettori di Decanter vengono puntualmente aggiornati su quanto è avvenuto praticamente in tutti i grandi territori della regione: la spinta al cambiamento degli innovatori,  gli ambasciatori delle Graves, due  approfondite “overview”  dedicate rispettivamente a Margaux, a cura di una vecchia conoscenza, Panos Kakaviatos, che discute anche, in un altro articolo,  le ambizioni dei vari Châteaux di Saint-Émilion nei confronti del nuovo classement (con Figeac e Canon in pole),  e  a Pomerol, un ampio report di Giorgina Hindle sullo Château Léoville-Poyferré, secondo per grandezza dei tre Châteaux derivanti dalla scomposizione dell’antica proprietà Léoville, una guida alla scoperta del Sauternais  e molto altro . Naturalmente   il fascicolo è costellato di numerose degustazioni, a partire da quelle di due annate emblematiche (la 2017 e la 2012 rispettivamente dopo 5 e 10 anni), i bianchi secchi col miglior rapporto qualità/prezzo, e ancora la rivalutazione delle prime dieci annate del nuovo millennio, una selezione di grandi vecchie e vecchissime annate (dalla 1928, ormai quasi secolare,  alla 1961) illustrate da Charles Curtis.

Mi concentrerò sull’articolo di apertura sugli innovatori di Bordeaux,  e sul retasting dei rossi delle annate 2012 e 2017, rispettivamente a dieci e cinque anni di distanza dalla vendemmia.

Descritta spesso come un mondo sonnacchioso di nobili decaduti, Bordeaux è invece in pieno fermento, come spiega Stephen Brook nell’articolo introduttivo al servizio di Elin Mc Coy sui grandi innovatori. Brook mette in evidenza soprattutto tre grandi direttrici. La prima è la “natural way”, ossia lo sviluppo della viticoltura biologica e biodinamica, che in precedenza aveva toccato solo marginalmente il territorio di Bordeaux: come spiega Olivier Barnard, del Domaine de Chevalier, i cui 200 ettari di proprietà sono condotti  interamente in biologico o in biodinamico,  a Bordeaux è assai meno facile , per le sue caratteristiche climatiche, che in Provenza. Eppure, in relativamente poco tempo, questo percorso ha preso velocità, e nel 2021 il 13% del vigneto bordolese è ormai biologico o condotto biodinamicamente, mentre si è ulteriormente allargata la certificazione HVE. La seconda direttrice è quella del controllo del riscaldamento climatico e delle sue conseguenze (non ultimo l’innalzamento eccessivo dell’alcolicità dei vini), tema rispetto a cui sono stati via via adottati nuovi accorgimenti, sia a breve che a lungo termine, come un diverso bilanciamento degli impianti  in funzione della  diversa capacità di risposta al caldo eccessivo delle varietà dei blend (come la rivincita del cabernet franc sul merlot),  così come sono emerse nuove figure di consulenti enologi (primo fra tutti Thomas Duclos), che cercano di produrre vini che si mantengano freschi ed equilibrati anche nelle annate torride.

Infine la ricerca di nuove vie: dalla sempre più estesa sperimentazione di vini secchi nel Sauternais, che ha dovuto affrontare in questi ultimi anni, oltre a un calo della domanda da parte dei consumatori, anche le crescenti difficoltà della botritizzazione, alla sostituzione delle tradizionali barriques di legno nuovo con recipienti innovativi (come anfore o uova di gres). Chi sono i personaggi scelti da Decanter? Tre sono donne: oltre a Claire Villars Lurton, apprezzata enologa, sostenitrice della viticoltura biologica, a capo di diversi Châteaux tra Pauillac, Margaux e St.Estèphe,  Joséphine Duffau-Lagarrosse, ambiziosa wine-maker appena trentenne con numerose esperienze in California, Messico e Nuova Zelanda, che ha rivoluzionato lo Château Beauséjour, portandolo nel gruppo di vertice di Saint-Émilion, e Saskia Rotschild, dal 2018, ad appena 31 anni a capo dei Domaines Barons de Rotschild.  E poi l’instancabile Jacques Lurton, ormai a capo di 600 ettari di vigneti, Guillaume Pouthier, innovatore  delle tecniche di winemaking allo Château Les Carmes-Haut Brion nelle Graves, Yannick Reyrel, già assistente di Jean-Claude Berrouet e riscopritore delle potenzialità del Petit Verdot e del terroir di Fronsac, Tristan Le Lous, businessman borgognone, che ha rilanciato lo Château Cantenac-Brown a Margaux, e infine, naturalmente, il già citato Thomas Duclos e lo staff di Oenoteam , ricercatore di nuovi stili .

L’annata 2012 non sarà ricordata tra le migliori del secondo decennio : le difficoltà sono iniziate in primavera con una fioritura stentata, poi le piogge hanno aperto la strada all’attacco della peronospora, poi finalmente il tempo si è assestato sul bello da metà luglio alla prima parte di settembre, ciò che ha favorito il merlot, perché più precoce e ha potuto essere vendemmiato prima del ritorno delle piogge. Lo stesso non ha potuto essere fatto col più tardivo cabernet che ha conseguentemente avuto maggiori problemi ad arrivare a maturità. Comunque non sono mancati dei buoni risultati, anche se certo non paragonabili a quelli delle annate top e, nella maggior parte dei casi, i vini del 2012 sono già pronti per essere apprezzati al loro meglio. La Right Bank ha tratto vantaggio dalla buona qualità dei merlot e soprattutto a Saint-Émilion  vi sono ottime cuvée  in cui lo charme prevale sulla potenza. Le star dell’annata sono non a caso due vini della Riva Destra: 97 punti per il Vieux Château Certan a Pomerol, e allo Cheval Blanc a St.-Émilion, poi, a quota 96 sono Haut-Brion e La Mission- Haut Brion e due Premier cru del Médoc, Margaux e  Mouton-Rotschild, poi sono più giù gli altri due Premier cru di Pauillac (Lafite-Rotschild e Latour, rispettivamente a quota 94 e 95/100) , insieme con alcuni altri dei più importanti Châteaux di Saint-Émilion (tra cui Angélus e Figeac). Meno brillanti i St.-Julien (il Top score di questa AOC è quello di Ducru-Beaucaillou, con 93/100). I Top-Value, ossia i vini migliori che hanno prezzi relativamente più miti, sono il Margaux Brane Cantenac (93) e il St-Estèphe Château Meyney (92) .

Chateau Baron Pichon Longueville

Molto brillante è risultata la nuova degustazione  dei Médoc dell’annata 2017, un millesimo spesso trascurato, ma che ha dato vini molto ben fatti già “approachable”,  adatti cioé sia alla tavola che all’invecchiamento. 62 i vini degustati: nessun campione giudicato “poor” o difettoso, ma 2 vini “Exceptional” (98/100 allo Château Gruaud Larose a St.-Julien, e lo Château Baron Pichon Longueville a Pauillac). Sono stati ben 56 su 62, ossia più del 90%, i vini che hanno raggiunto o superato i fatidici 90/100, con ben 11 vini valutati “outstanding”, ossia tra i 95 e i 97/100. Di questi, Langoa-Barton (St.-Julien)  e Montrose (St.-Estèphe) hanno raggiunto i 97/100, e un quintetto di inseguitori segue distanziato di un solo punto: due St.-Estèphe (Cos d’Estournel e Calon-Ségur) e uno Château per ciascuno a Pauillac (Pichon Comtesse de Lalande), a Margaux (Lacombes) e St.-Julien (Léoville-Barton).
Per finire, un accenno alla classificazione delle prime dieci annate del 2000 secondo Decanter: cinque stelle (il massimo) solo a 2005 e 2009, quattro a 2000, fino a poco tempo fa ritenuto tra il gruppo dei migliori in assoluto, e dal sorprendentemente rivalutato 2001, tre stelle a 2003, 2004, 2006 e 2008, sin dall’inizio ritenuti annate medie, e le due cenerentole 2002 e 2007, con solo due stelle.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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