Stampa estera. Bourgogne Aujourd’hui, n° 161.6 min read

Il Dossier sugli Hospices de Beaune con la sua celebre “vente aux enchères” occupa il centro della copertina di questo numero. Poi c’è spazio, tra i titoli, oltre naturalmente che per la consueta “Guide d’Achat” dell’annata 2019 (“Operazione seduzione”), per il “Cahier” dedicato ai Beaujolais, per la vendemmia “sismica” del 2021 e la rinascita della celebre Rôtisserie du Chambertin di Gevrey.

Nel Dossier Hospices (i lettori sono già a conoscenza com’è andata: un trionfo con aumento record dei prezzi) sono compresi tre brevi articoli: il primo è naturalmente focalizzato sulle “montagne russe” -come propone il titolo- della travagliata annata 2021 : gelate, peronospora e oidio a volontà, ondate di calore, e naturalmente rese assai ridotte. Come commenta la reggitrice Ludivine Griveau, è stato necessario ricorrere a vinificazioni per piccoli volumi, ma la qualità è stata generalmente buona, talvolta molto buona. Come è è, il mercato le ha creduto.

Asta Hospices de Beaune

 

Il secondo articolo è un bilancio della gestione Christie’s della celebre Asta, una storia iniziata nel 2004 e oggi conclusasi col subentro dell’altra famosa casa d’aste, Sotheby’s. I risultati, in termini di visibilità internazionale e di vendite, durante il periodo Christie’s, sono stati eccellenti, e il trend positivo da  essa inaugurato ha tutta l’aria di voler durare a lungo. Completa il Dossier l’elenco delle manifestazioni satellite, innanzitutto le molte degustazioni delle Maison de négoce beaunoises, che accompagnano quello che rappresenta indubbiamente l’evento dell’anno  del vino borgognone.

Anche se non compreso nel Dossier, va in qualche modo collegato ad esso la lunga intervista a 360° a Jamie Ritchie, direttore del settore “Vins et Spiritueux” di Sotheby’s che apre il fascicolo: la Borgogna, il prezzo dei vini dei grandi Domaines, le speculazioni, il riscaldamento climatico.

Ma veniamo alla “Guida agli acquisti” di questo numero, che riguarda l’annata 2019 delle denominazioni regionali , dei vini di Mâcon e due prestigiose appellations della Côte-d’Or: Beaune e Morey-St. Denis. Considerate con sufficienza dai consumatori che guardano solo alle star, i vini regionali, specie quelli delle Hautes-Cotes, grazie anche agli effetti del riscaldamento climatico, che consente anche ai siti più alti di raggiungere livelli di maturazione mai raggiunti prima, offrono qualità eccellente insieme a prezzi ancora ragionevoli. La 2019, si sa, è stata annata più favorevole al pinot noir che allo chardonnay: in particolare è la Côte-Chalonnaise a fare la parte del leone tra le cuvées selezionate per il loro alto livello. E’ per l’appunto un Bourgogne Côte-Chalonnaise rouge del Domaine de Villaine, la cuvée La Digoine, che, con i suoi 20/20 (punteggio in verità eccezionale per la rivista, di solito sobria nell’attribuzione dei voti) ha spuntato la valutazione migliore della degustazione. Tra i bianchi, invece, è un Bourgogne blanc del Domaine Pierre Labet, con 17/20, a occupare la posizione di vertice dell’intero ventaglio delle appellations regionali.

Per quanto riguarda i vini di Mâcon, la 2019 è stata un’annata molto positiva, anche dal punto di vista commerciale. Proposti a prezzi che vanno dagli 8 euro e mezzo in su, in un’ annata solare per eccellenza, i bianchi da uve chardonnay, che rappresentano la grandissima maggioranza dei vini dell’appellation, spiccano per le loro maturità e  gourmandise. I pochi rossi sono stati di qualità più variabile,  con alcune riuscite maggiori, come quella del Mâcon Bussières Les Devants del Domaine de la Sarazinière, in grado di competere con i migliori crus del Beaujolais, che ha spuntato 18/20. Altrettanti sono quelli ottenuti dal miglior bianco della degustazione, un Mâcon-Villages blanc Terroirs du Maconnais del Domaine de la Soufrandières-Maison Bret Brothers: bocca ricca, grassa e vellutata, di esemplare freschezza e gourmandise.

Beaune rappresenta un terroir di grandi potenzialità nonostante l’assenza di grand crus: spesso oscurata dalle appellations più famose della Côte-de Nuits, è però  in grado di offrire veri e propri gioielli sia in bianco che in rosso. E’ proprio in bianco, in parziale contro-tendenza con l’andamento generale dell’annata che si sono avute riuscite eccellenti, superiori agli stessi rossi, sia nei villages che nei premiers crus. Poco importa che il punteggio massimo della degustazione lo abbia ottenuto un rosso, un premier cru Les Bressandes del Domaine Albert Morot (18.5/20), giacché i bianchi hanno raggiunto una percentuale superiore al 70%, vicina cioè ai tre quarti delle cuvées selezionate per la loro alta qualità.

L’annata 2019 è stata molto felice a Morey-St. Denis, territorio misteriosamente non considerato alla pari di quelli vicini di Gevrey e di Chambolle, eppure la qualità riscontrata in tutte le denominazioni è  davvero eccellente: non solo nei suoi quattro (cinque con la striscia di Bonnes-Mares compresa nei suoi confini)  grands crus e nei premiers crus, ma anche nei suoi villages, visto che quasi il 90% dei campioni di questa fascia è stato selezionato dal comitato di degustazione. Il punteggio più alto della degustazione è toccato questa volta al Premier Cru Les Millandes del validissimo Domaine di Anne e Hervé Sigaut: 18,5/20 per un pinot noir di grande freschezza e personalità.  Se altri premier cru, come l’Aux Chezeaux del Domaine Arlaud, ormai un riferimento per il territorio di Morey, raggiungono  quota 18/20, sullo stesso punteggio è anche  la cuvée village En la rue de Vergy di Bruno Clair, mai così buona come quella di quest’anno. Sono state troppo poche le cuvée di bianchi della degustazione per trarne considerazioni generali, ma le indicazioni ricevute anche per i vini di questo colore sono confortanti.

Il quaderno (in precedenza proposto come inserto) dedicato ai Beaujolais si apre  con un bilancio provvisorio  in chiaroscuro sull’annata 2021, sulla scia di quella borgognona, e un interessante incontro-intervista con Bertrand Chatelet, direttore della Sicarex Beaujolais, una struttura nata negli anni ’70 deputata al miglioramento varietale e alla selezione del gamay. Proprietario dello Château de l’Éclair, ha dedicato alcuni ettari di vigna alla sperimentazione di gamay, chardonnay e un po’di   altre varietà alternative , come il gameret, il gaminot e il muscat. Nell’intervista si parla a lungo di riscaldamento, di pratiche di coltivazione  per rispondere ad esso , come la densità d’impianto e l’altezza del palissage  e l’utilizzo di varietà resistenti, tra le quali appare di particolare interesse il marselan.  Il fascicolo prosegue con un rapporto sui crus del Beaujolais e i loro lieux-dits, partendo da Fleurie, per passare poi a Juliénas, Moulin-à-vent  e agli emergenti Brouilly e Côte de Brouilly. Il servizio è accompagnato da belle foto panoramiche sui vigneti, a precedere una degustazione delle migliori cuvée : al vertice é il Morgon Cote de Py Javernière Cuvée Les Impénitents del Domaine Louis-Claude Desvignes, che, dall’alto dei suoi 19/20, precede  di un punto il Beaujolais-Lantignié Les Bruyères del Domaine Frédéric Berne . Nel Beaujolais sono pochi i bianchi, ma in ascesa, come mostra  il Clos de la Rochebonne di Château Thivin (17/20), a cui Bourgogne Aujourd’hui dedica un breve articolo, nel quale si preconizza la nascita di una star della denominazione.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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