Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, vol. 45, no.135 min read

E’ il numero che consacra i 100 vini Top dell’anno, e la copertina é interamente occupata da un gigantesco “Top 100”. I titoli minori, relegati in un angolino, sono per gli spumanti degli Stati Uniti e I crus del Beaujolais , oggetto di due Wine Focus della sezione “Grapevine” che apre la rivista, e l’unico articolo  vero e proprio estraneo al tema principale, dedicato ai Malbec argentini.

Cominciamo dai Top 100, i vini migliori dell’anno secondo Wine Spectator. Con l’avvertenza, però, che non sempre i vini col punteggio più alto in assoluto sono nelle posizioni di vertice, perché I criteri di valutazione sono diversi e comprendono, oltre al punteggio ottenuto all’assaggio, anche il prezzo, la reperibilità sul mercato americano e forse anche un po’ di geopolitica. Ma su questo tornerò più avanti dopo aver sbrigato la pratica concernente “il resto”.

Ad aprire il numero é l’inquietante scandalo delle donne molestate dai master sommelier che ha molto turbato gli americani, evidentemente non ancora usciti dai riflettori del Me too. Poi I due Wine Focus (report brevi su un vino o una regione vinicola), che questa volta sono gli sparkling americani e i resuscitati Beaujolais. Dei primi, più che mai alla moda, si occupa Tim Fish. Con 95/100 la palma del migliore tocca a un Brut Rosè dell’Anderson Valley , la cuvée L’Ermitage 2012 della Roederer Estate, ma tra i prescelti spicca anche Carneros e si affacciano  gli spumanti della Williamette Valley.

Gillian Sciarretta parla invece del Beaujolais nel suo “Gamay Time” : vini  dotati di charme e molto espressivi i   nuovi Beaujolais incontrano i gusti del mercato. Ovviamente si parla dei crus, con in testa Moulin-à-vent (il punteggio più alto, 93/100, tocca appunto a un vino di quest’appellation, il Rochegrès del Domaine omonimo di proprietà Bichot 2018) e Morgon, ma l’elenco dei prescelti include anche due Fleurie e un Saint-Amour.

Dopo il saluto di Thomas Matthews, che, come annunciato, dopo oltre 30 anni, lascia l’incarico di Associate Editor di WS (ne parla anche Marvin Shanken nel suo editoriale), eccoci ai Top 100. Il vincitore-signori- questa volta é un Rioja, il Gran Reserva Especial Castillo Ygay 2010 del Marquès de Murrieta. 96 punti su 100 il suo score, e tuttavia vince davanti a ben 5 vini che hanno ottenuto un punto in più (97). Tre di essi sono italiani : il Brunello Le Lucère di San Filippo 2015 (solo terzo) , il Chianti classico ris. Volpaia 2016 (11°) e il Barbaresco ris. Rabajà 2015 (24°). E’andata peggio a La Grande Cuvée Bollinger 2012 e allo Château Pavie-Décesse, che, anch’essi con 97/100, si trovano rispettivamente al 10° e addirittura al 93° posto. E non é finita, perché , con lo stesso punteggio del vincitore, ci sono altri cinque vini (due californiani, un malbec argentino e due vini francesi), che occupano posizioni di assai minor prestigio , perché se tre di essi rientrano almeno nei primi dieci, lo Château Figeac 2017 sprofonda in 57esima posizione e il Monte Bello Ridge 2017 venti gradini ancora più giù.

Non solo il valore assoluto, si é detto. Certo anche delle considerazioni geopolitiche hanno il loro ruolo, se, negli ultimi dieci anni hanno vinto per cinque volte dei vini californiani e una volta ciascuna Italia (nel 2017 il Sassicaia), Francia e Portogallo e, fino a ieri, anche la Spagna che inanella il suo secondo successo. Anche questa volta all’Italia non é andata male: non ha vinto, ma ha pur sempre due vini tra i primi dieci e ben sei tra i primi 20, superando anche la California che ne ha solo cinque. Senza dimenticare che, nelle posizioni residue, sono comunque presenti altri nostril 13 vini, piemontesi e toscani innanzitutto, ma con l’aggiunta di due bianchi trentini, un friulano, un veneto, un rosso marchigiano e due vini del Sud (un primitivo pugliese e un aglianico lucano).

Dopo i Top 100, é la volta della graduatoria dei Top Values: non i primi della classe, ma i buoni e talvolta gli ottimi vini dal prezzo accessibile. Sono suddivisi in sei categorie. L’Italia é presente in tutte meno che nella categoria dei Big Reds (big nel senso di rossi di grande struttura, non in senso qualitativo), ma spicca (con ben 6 vini, in prevalenza toscani) fra gli Elegant Reds. Per quanto riguarda  i bianchi, siamo ben rappresentati nella categoria dei Light Whites, mentre un solo vino italiano é compreso tra i Rich Whites (evidentemente le taglie forti non ci si addicono) e i Rosé. Poi ci sono i non molti Sparklings, tra i quali sono inclusi un Trento Classico, un Franciacorta e un Lambrusco.

Eccoci ai malbec argentini. Questa varietà, originaria del Lot francese, dopo essere quasi scomparsa al tempo della fillossera nel suo paese di origine,  ha ora ripreso vigore a Cahors, ma ormai la maggior parte del malbec del mondo ha trovato casa in Argentina. Nel suo report Kim Marcus testimonia un momento eccellente di questo vitigno, con tre vendemmie consecutive (2017, 2018 e 2019) eccellenti che hanno fatto seguito ad una triade meno fortunata (2014,2015 e 2016). 92 punti il punteggio medio della vendemmia 2017: un’annata secca dopo una primavera piuttosto fredda,  nella quale le rese sono state inferiori alla media ma  che ha dato vini terroir-driven di livello qualitativo elevato.  E’arrivata dopo un 2016 mediocre (84 lo score medio), rovinato dalle piogge in  stagione avanzata. Molto bene anche le annate 2018 e la 2019. Quest’ultima (91-94 la forbice ipotizzata da WS), é stata più fresca e con rendimenti ridotti, ma di notevole intensità e finezza. Nella lista dei migliori selezionati da Marcus é appunto un vino del 2017 di Viña Cobos, Les Arboles Chañanes a occupare la posizione di testa con 96/100 in condominio con un Malbec di Bodega Piedra Negra, il Checayes Los Checayes della meno felice annata 2015, ma sono soprattutto i Malbec 2017 (sei su dieci) la parte più consistente del gruppo.

Dopo non resta che la dettagliatissima  e un po’ noiosa “Buying Guide”, con le valutazioni di centinaia di vini di tutto il mondo, con i paesi in ordine alfabetico. Nelle vetrine  che la introducono, quelle dei vini più prestigiosi comprendono una nutrita presenza di vini italiani (quattro Barolo tra gli “Highly Recommended” e i “Collectibles”). Il Bramito Umbria Chardonnay di Castello della Sala é invece l’unico nostro vino a far parte degli “Smart Buys” del mese.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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