Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, vol. 45, n.104 min read

Al centro di questo numero (e della copertina) é l’Annual Report sul Cabernet californiano. I titoli minori sono per la rinascita della Louis Martini, pionieristica cantina della Napa Valley, e per lo chenin della Valle della Loira. Il tutto, naturalmente,  corredato dal consueto apparato  di rubriche  e dalla Buying Guide finale. Tra le analisi e le notizie più importanti di Grapevine, un posto importante é riservato agli incendi della Napa Valley settentrionale, evocati anche nelle pagine dei columnist: Molesworth parla della resilienza dei vintners della Napa Valley, mentre Kim Marcus vede positivo illustrando le nuove opportunità della vitivinicoltura di Carneros. Cambiano le firme dell’editoriale introduttivo, in questo numero affidato al solo Marvin Shanken, Editor e Publisher di Wine Spectator. Lascia infatti il suo incarico di Executive Editor, ricoperto per più di 30 anni Thomas Matthews. Sarà sostituito da Jeffery Lindenmuth, già editor della rivista sorella “Whisky Advocate”.

Eccoci finalmente al report sul Cabernet. Il  titolo, “Out of frying pan”, allude inequivocabilmente alla difficile prova degli incendi che hanno funestato la regione. Dopo la fortunata vendemmia del 2016, quella del 2017 é stata davvero complicata per i vintners californiani: dopo un inizio promettente, le cose hanno subito preso una bruttissima piega col caldo torrido inizato a settembre al quale sono seguiti  gli incendi di inizio ottobre, con l’incubo fumo a tormentare i sonni già agitati dei coltivatori.

Alla fine non é andata malissimo, anzi: 92/100 é la stima di Wine Spectator, sei punti meno del mitico 2016 e cinque del 2013, ma comunque ben lontano dal disastro che si  temeva. Tra le release  del 2017, sono dieci le cuvées top a quota 96/100 (insieme con Montebello di Ridge, Eisele Vineyard e ben quattro di Shrader Cellars c’é il cabernet della winery dal nome molto evocativo di “Accendo”).Tra quelle delle annate 2016 e 2015 rilasciate tardivamente spiccano a 97-98/100 Madrona Ranch e Cappella St. Helena 2016 e Thorevilos 2015 di Abreu, il Napa Valley di Harlan e l’Oakville  di Kalon Vineyard del 2016. Tutti vini da oltre 500 dollari la bottiglia, con le sole eccezioni della cuvée di Kalon (200) e di quella di Harlan (1.600!).

A conclusione dell’articolo di commento di Molesworth (un 2017 che, nonostante la disomogeneità della vendemmia, ha riservato diversi grandi vini da classic score), é il lungo elenco della Guida alfabetica al Cabernet californiano, otto pagine molto fitte di wineries, con le loro migliori cuvées del 2016 e del 2017, accompagnate dal loro prezzo indicativo e dalla valutazione in centesimi di WS.

A completare il quadro del cabernet californiano, Tim Fish illustra la rinascita della Louis Martini, oggi di proprietà Gallo, incontrando  Michael Eddy, diventato winemaker capo nel 2015, dopo un lungo periodo di affiancamento a Mike Martini, fino al pensionamento di quest’ultimo. L’articolo é completato da un tasting verticale (non blind) di James Molesworth di 33 diverse annate dei cabernet sauvignon della Winery , partendo dal vino del 1956. Annata top del passato é risultata quella della Private Reserve del 1960 (95/100), con 1962, 1966 e 1976 su livelli altissimi.

Le valutazioni dei vini della nuova proprietà risultano stabili intorno ai 95/100, con punte leggermente superiori di 2007 e  2013 . Sulla stessa onda i vini delle ultime tre annate (2016-2018) in evoluzione .

Per quanto riguarda il resto del mondo, c’é un solo articolo , di Aleks Zecevic, dedicato agli chenin della Loira. Diffusa soprattutto nell’Anjou, dove sono alcune delle più importanti appellations  dei bianchi da uve chenin, come Savennières e i moelleux di Bonnezeaux,  Coteaux du Layon e Quarts de Chaume, nel Saumurois e nella Touraine (Vouvray e Montlouis), questa varietà sostituisce il  melon dei muscadet del Pays Nantais cedendo poi  il suo primato al  sauvignon nella regione del Centre. Benché con rese ridotte, l’annata 2019 ha dato uve e vini di qualità eccellente, al livello di quelli del 2016.

Il vino del 2019 preferito da Zecevic é il Vouvray Le Mont sec di Huet, e con lo stesso punteggio sono il Coulée Serrant del Clos de la Coulée di Nicolas Joly e l’Anjou blanc dec Treilles del Domaine Belargus del 2018. Savennières, Vouvray, Montlouis e Samur blanc si spartiscono le posizioni più elevate della graduatoria. Il numero é completato da un articolo “gastronomico” su un dinner da trascorrere con amici, un menu proposto e descritto da Anna-Cristina Cabrales, sommelière del Morrell Wine Bar al Rockefeller Center di New York, e naturalmente dalla Buying Guide del mese, con gli assaggi di vini di tutto il mondo.Tra le selezioni di maggior prestigio il nome dell’Italia é rappresentato in  alto dal Barbaresco Il Bricco di Pio Cesare del 2016.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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