Stampa estera a portata di clic: Terre de Vins, n.596 min read

Questo numero è in gran parte consacrato alle primeurs di Bordeaux. Il titolo di accompagnamento è esplicito : “Magic 2018!”, ad esprimere il sollievo per l’esito di un’annata davvero bizzarra climaticamente e il desiderio di arrestare  quel Bordeaux Bashing che ha raffreddato le ultime aste dei primeurs.

Accanto al titolo , la foto di Frédéric Casteja e una bottiglia di Lynch-Moussas (Fifth Growth di Pauillac,95/100 nella valutazione del comitato di degustazione di “Terre de Vins”).

Gli altri titoli di copertina: Bergerac Bio; I 20 anni nel Patrimoine UNESCO di Saint-Émilion; Rinnovamento nel Beaujolais; Marc Almert, principe dei sommelier.

Cominciamo ovviamente dalle primeurs di Bordeaux, che occupano quasi tutta la parte centrale di questo numero. Nella breve presentazione iniziale, dal titolo “L’enfant terrible”,  Sylvie Tonnaire riassume tutte le vicissitudini di questa annata tormentata,  a cui i cambiamenti climatici, sempre più invasivi, non hanno risparmiato nulla. Ma ecco, in sintesi, il risultato della degustazione, effettuata da un gruppo di sei assaggiatori , che hanno partecipato a tutte le degustazioni collettive ufficiali, completando poi il loro lavoro attraverso un fitto programma di visite agli Châteaux.

A Saint-Estèphe , gerachie rispettate, con Cos d’Estournel (98), Montrose e Calon-Ségur (97-98) ai vertici, seguiti da Lafon-Rochet e Phélan-Segur. Ottimi risultati anche per i “secondi vini” dei grandi crus (Pagodes , Dame de Montrose e Marquis de Calon).

A Pauillac, TdV assegna il massimo punteggio (98-99/100) a Lafite- Rotschild , davanti a Mouton-Rotschild (98) e Pontet-Canet (97). Subito sotto TdV colloca l’ottima  performance dello Château Pédesclaux, anch’esso un Fifth Growth (96-97) e Lynch-Bages (95-96).

A Saint-Julien manca Léoville-Las Cases, premiatissimo dalla Revue du Vin de France e Decanter, e la valutazione più alta (98-99) tocca questa volta ad un grande cru ultimamente un po’ appannato , Beychevelle, un Fourth Growth; a seguire Léoville-Poyferré (97), che precede di poco il terzo Léoville, Léoville-Barton. Ottime performances, di pari livello, secondo TdV, hanno realizzato Lagrange, Talbot e St.-Pierre .

A Margaux, testa a testa tra Château Margaux (ottimo anche Pavillon, il secondo vino)  e il  suo rivale di sempre, Palmer , a precedere di un soffio il rinato Giscours.

Per quanto riguarda le AOC minori del Médoc,  per TDV, a Listrac, la palma va a Fourcas-Hosten (95) e a Moulis-en-Médoc allo Château Poujeaux (94), che precede di un soffio l’outsider Château Mauvesin-Barton, riportato in alto dalla famiglia Barton.

Nell’Haut-Médoc, assente La Lagune,  coup-de coeur per La Tour Carnet (96), seguito dal “solito” Sociando-Mallet, che pur restando fuori da qualunque riconoscimento ufficiale, si conferma stabilmente tra i migliori dell’appellation, e lo Château Belle-Vue, entrambi a quota 95. Nella più ampia denominazione regionale Médoc, si distinguono Rollan-de By e Maison Blanche, e il coup de coeur di questo territorio, lo Château Fleur La Mothe.

Eccoci nelle Graves. A Pessac, i vertici “in rosso” non sono questa volta-ed é una sorpresa-per Haut-Brion e il fratello minore La Mission Haut-Brion (97-98), ma per lo Château Les Carmes- Haut Brion (98-99). Tra gli altri crus, voglio citare l’eccellente risultato di Haut-Bailly (97-98)  e la costante progressione di Fieuzal .

Tra i bianchi, la rivista pone alla testa della sua graduatoria il Domaine de Chevalier e gli châteaux Smith-Haut Lafitte e Pape-Clément . Nella denominazione regionale Graves, sempre più in alto lo Château Floridène , del compianto Denis Dubourdieu.

E’ un altro vino di Dubourdieu, L’Extravagant du Château Doisy-Daene , a  ottenere, con lo Château de Fargues  e Sigalas- Rabaud, essendo fuori Yquem e Climens, il punteggio più alto nella difficilissima annata 2018 dei moelleux del Sauternais.

La Rive Droite: cominciamo dalle denominazioni maggiori, Pomerol e Saint- Émilion. Per TdV è sempre Pétrus alla testa del gruppo a Pomerol, con i suoi 99/100, ma subito dopo sono La Conseillante ,  Lafleur e Vieux Château Certan,  mentre a Saint-Émilion, questa volta, anche per il comitato di degustazione della rivista, è un grandissimo Cheval Blanc (99-100) a metter dietro tutti,  Ausone. Figeac, Canon e Angélus. Poi Pavie, Pavie-Macquin (di impressionante regolarità negli ultimi anni)  e Troplong-Mondot .

Se questi Châteaux al vertice non sorprendono, colpisce l’eccellente performance di Canon-La Gaffelière e Larcis- Ducasse. Molto bene anche le appellations minori della Rive Droite, che confermano la loro crescita qualitativa, rafforzata anche da un eccellente rapporto qualità-prezzo: tra le riuscite maggiori segnalo La Dauphine, che inanella un altro millesimo molto positivo, a Fronsac e lo Château Marjosse, un semplice Bordeaux supérieur (93-94/100), Joanin-Bécot  tra i Castillon Côtes de Bordeaux La Fleur de Boüard nel Lalande-de Pomerol.

Il lettore troverà  nello stesso numero un inserto speciale dedicato ai primi 20 anni di iscrizione di Saint-Émilion al Patrimonio Universale UNESCO.

Per quanto riguarda gli altri articoli annunciati in copertina, non ci tratterremo oltre sull’intervista a Marc Almert, vincitore lo scorso marzo del concorso a miglior sommelier del mondo, mentre è in un altro ritratto- intervista a Dominique Piron, proprietario del Domaine familiare a Morgon, e Presidente dei crus di Morgon e Chenas, che si parla del rinnovamento nel Beaujolais.

L’ultimo servizio annunciato nei titoli di copertina è l’ampio itinerario tra le vigne di Bergerac e Duras , a caccia dei tesori del Périgord. La coltivazione biologica qui è in grande crescita  e , dopo la  presentazione di alcuni Domaines significativamente impegnati in questa direzione, una scheda finale sintetizza i migliori indirizzi per il viaggiatori. Oltre a quelli descritti, il fascicolo comprende anche altro.

Un lungo articolo, facente parte della serie  delle Saghe, si occupa della famiglia Devillard,originaria dello Charolais,  con possedimenti nel Mâconnais,  nella Côte Chalonnaise, (lo  Château de Chamirey, a Mercurey, nel quale è il suo pezzo più pregiato, il Premier cru monopole La Mission, e il Domaine de la Ferté, antica proprietà cistercense) e  nella Côte de Nuits (Domaine des Pedrix a Nuits-Saint Georges, con i  Premier cru Aux Pedrix e 8  Ouvrées e una parcella di Échezeaux Grand cru).Bertrand Devillard parla dei grandi cambiamenti della vitivinicoltura borgognona e delle prospettive di sviluppo nello Jura.

Poi ci sono le degustazioni tematiche brevi: Isabelle Bachelard si occupa dei rosé della Val di Loire, Laurent Gotti delle pepite di Rully, nella Côte Chalonnaise,Yohan Castaing di una interessante verticale dello Château Léoville-Barton (sette annate dal 2009 al 2016, tra le quali il gioiello della serie, il grand vin del 2010), i vini bio di Laure Goy.

E ancora la gastronomia:  il lussuoso servizio sulla cucina de l’Étang du Mouiln, a Bonnétage, nel Doubs, il formaggio neufchâtel   e i vini con cui accompagnarlo, le quaglie, le sue preparazioni e i vini . Oltre a quella nel Bergeracois, un altro itinerario,  conduce il lettore nel Québec. Non restano che le molte rubriche di ogni numero:  Terre de Web, le notizie dal mondo del vino, Côte d’Enfer (Angélique de Lencquesaing  presenta le  quotazioni delle varie annate di Cheval Blanc), novità dai cavistes e dalla sommellerie, la scuola del vino (si parla di malbec), gli appuntamenti di Vinotez-le, le vignette di Master Chat, e , infine,la pagina di Pierre Arditi, ovvero Mr. Benjamin Lebel.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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