Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France, n.6376 min read

La copertina  di questo numero invernale è affastellato di titoli. Il più grande è per il dossier sullo Champagne a tavola. Gli altri: Volnay e Pommard, così vicini e così diversi; Vecchi millesimi: dove comprarli; Vino e Basket: la passione per le vigne da parte dei giocatori NBA; Clos du Mont-Olivet; Buoni indirizzi del vino a Chamonix; Superalcolici: dieci  novità da scoprire nel 2020.

Cominciamo dallo Champagne. Oltre che fuori pasto, lo Champagne è molto adatto ad accompagnare la tavola. Alexis Goujard, Olivier Poels e Olivier Poussier  conducono il lettore alla conoscenza degli chef che maggiormente hanno ricercato i migliori accords con i propri piatti, a Parigi  (come Thibault Sombardier  o Adeline Grattard ) e fuori  ( Philippe Mille  a Reims) .

Poi Poussier e Goujard presentano come  accompagnare i formaggi allo champagne (per il parmigiano reggiano 24 mesi consigliano l’Extra-Brut Corne Bautray 2008 di Jacquesson).

Allo Champagne è poi dedicata anche la prima delle Degustazioni sistematiche riportate nella sezione finale della rivista, ad esse riservata. Questa volta sono Goujard e Poels, che propongono la loro selezione tra i migliori champagnes, ripartiti tra diverse categoria: i bruts “nature” (top per il Grand Cru di Benoît Lahaye, 17/20),i bruts “sans année” (il Brut Grand Cru Tradition di Egly-Ouriet e l’Extra- brut n. 742 di Jacquesson hanno il miglior punteggio, entrambi con 17/20),i Blanc de blancs (a guidare il gruppo dei migliori è l’Extra-Brut Grand Cru Initial di Jacques Selosse, 17.5/20), i Blanc de noirs (primo, con distacco, il Brut Grand Cru Blanc de Noirs di Egly-Ouriet, 18/20). Infine ecco i millesimati (dal 2014 al 1985): la star è La Grande Année 2008 di Bollinger, 20/20, destinata a fare storia, che precede di mezzo punto l’Extra- Brut Grand Cru Aÿ di Jacquesson e Ia cuvée Winston Churchill di Pol Roger.

L’altra grande degustazione di questo numero, anticipata tra i titoli di copertina, è il confronto ravvicinato tra Volnay e Pommard, i due grandi crus della Côte de Beaune: così vicini, ma anche così diversi. A precederli è la fama, non sempre veritiera, che oppone la delicatezza e la sensualità del Volnay alla maschia robustezza del Pommard.

La degustazione curata da Robert Petronio ha anche lo scopo di mostrare che questa rappresentazione schematica non è del tutto esatta, e che, assaggiati alla cieca, più di una volta dei Volnay possono essere confusi con i Pommard e superarli in durezza tannica, mentre al contrario ci sono Pommard di grandissima eleganza e, specie quando hanno il tempo dalla loro parte, ineguagliabili. La degustazione dei Volnay  dell’annata 2017 è raggruppata in alcune categorie generali : i Villages, i Volnay dei climat più alti su terre bianche, quelli ai piedi della collina su suoli rossi, i Volnay di Santenots, che guardano a Meursault. Al vertice dei vini di questo terroir è risultato l’assaggio di un Volnay Premier Cru Clos des Chênes di Michel Lafarge, storico vigneron scomparso recentemente (18/20). Quanto ai Pommard , quattro sono le categorie esaminate: i Villages senza menzione del lieu-dit, quelli dei lieux-dits migliori, indicati anche in etichetta, i Premiers Crus che guardano verso Volnay (come Rugiens) e quelli  a nord-est che guardano a Beaune (come Les Épenots e Pézerolles). Miglior assaggio? Tocca al  Domaine De Courcel (non proprio uno sconosciuto) , col suo Rugiens (19/20) , mentre subito dopo sono un’altra cuvée di De Courcel e il Rugiens di Joseph Voillot (entrambi 18.5/20).

Oltre a quelle già presentate, in questo numero è anche una terza degustazione sistematica, non annunciata in copertina. A presentarla è Pierre Citerne , alla ricerca del “grande” Languedoc. La degustazione, condotta alla cieca, ha messo in evidenza 22 crus del Languedoc e del Roussillon.

A spuntarla su tutti  sono  un Coteaux du Languedoc, il Clos des Chistes 2008 del Domaine Peyre Rose  e un rosso di Pic Saint-Loup, Les Glorieuses 2013 del  Clos Marie , entrambi valutati 18 punti.

Veniamo agli altri tre articoli annunciati in copertina. Il primo è un servizio  dedicato alla passione per il vino dei giocatori americani di Basket: l’ex-giocatore Dwayne Wade, star dei Miami Heat  ha investito i fondi della sua pensione creando il marchio D Wade Cellars , sotto il quale produce il suo vino.

Ma anche  LeBron James afferma di bere vino quasi tutti i giorni e, a detta di tutti, è un intenditore. Puntualmente pubblica sui social le foto delle bottiglie che beve, e le grandi wineries californiane si fregano le mani.

Il secondo articolo è dedicato ai siti Internet specializzati sui quali poter comperare vecchi millesimi di grandi vini. Al Banco di Prova  della RVF sono stati valutati : qualità, quantità e varietà dell’offerta, a cui sono attribuiti fino a 10 punti del massimo di 20, tracciabilità e prezzo (altri cinque punti), ergonomia del sito (3 punti) e consegna (2 punti).

Il miglior punteggio, con 17 punti , è stato quello di Idealwine, ma subito dopo (con 16.5/20) è Millésima, poi Sodivin e tutti gli altri. Il punto di forza di Idealwine è la vastità dell’offerta, il suo punto debole è costituito dal fatto che la maggior parte dei suoi lotti proviene da cantine di particuliers, sui quali ovviamente vi è una minor garanzia sullo stato di conservazione. In caso di bottiglia difettosa, è proposto uno sconto sull’acquisto successivo.

La forza di Millésima è l’assoluta tracciabilità dei suoi vini. I suoi vini sono impeccabili, ma qualora una bottiglia risultasse casualmente difettosa verrebbe immediatamente sostituita. Il suo tallone d’Achille? L’obbligo di acquistare in casse e questo comporta una spesa meno lieve.

Nel terzo articolo Vitalie Taittinger, che dirige il marketing e la comunicazione della Maison  di famiglia, guida i lettori della RVF a Chamonix, alla scoperta delle migliori opportunità enogastronomiche (panifici, cioccolaterie, ristoranti), ma anche per lo shopping (librerie, negozi di giocattoli).

Tocca poi a Pierre Casamajor, per la serie “De vigne en cave” presentare il Clos du Mont-Olivet, icona di Châteauneuf-du-Pape. Lo Châteauneuf-du-Pape, sia rosso che bianco, si basa su un grande equilibrio tra potenza, calore e freschezza. Nella verticale del rosso (13 millesimi, dal 1957 al 2017), sono le annate più vecchie a stupire: 19.5/20 per il 1957, 19 ciascuno a 1961, 1966 e 1989, ma anche quelle più recenti confermano una qualità estremamente regolare.

Resterebbero gli spirits scelti da Cyrille Mald: dieci cuvées eccezionali di whiskies di malto, rhum, vodka, distillati messicani, gin. Poi ci sono gli articoli che non sono stati annunciati nella copertina, già fin troppo affastellata .

I più interessanti sono il confronto a due tra i Corton di Philippe Pacalet e del Domaine Chandon de Brialles (Corton Bressandes e Clos du Roy e Corton Charlemagne) e la guida all’abbinamento tra vini e cioccolato secondo Edwin Yansané, maître chocolatier: non solo vini dolci, come Rivesaltes e pinot gris alsaziano, o rhum. Il cioccolato trinitario del Perù, secondo Yansané “vuole” il Cornas Billes Noires di Barret.

Ancora due articoli, in questo fascicolo ricchissimo: nel primo Sophie de Salettes presenta il terroir delle due piccole AOC Jasnières e Coteaux du Loir: chenin blanc per i bianchi dell’una e dell’altra, mentre il pinot d’Aunis (almeno il 65%), insieme con cabernet franc, côt o gamay noir per i rossi dei Coteaux du Loir; nell’altro la RVF celebra il successo dei sommeliers francesi al campionato mondiale di Chambord il 12 ottobre scorso.

Non è un buon ricordo per noi, visto che l’Italia è arrivata buona ultima, tra 27 équipes internazionali, ben al di sotto di Bielorussia, Kazakhstan e Finlandia, che non sono certo grandi produttori di vino. Restano le moltissime rubriche di notizie e tematiche (gli accordi cibo-vino, i vini da collezione, ecc.) , gli appuntamenti, le pagine dei  columnist, e, come sempre, la bottiglia mitica (Cheval Blanc del 1947) e quella  su cui si discute (Reserva Vina Ardanza 1978, di La Rioja Alta).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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