Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France n° 634, 20197 min read

Siamo nel mese delle Foires aux vins, occasione nella quale cavistes  e grande distribuzione mettono in vendita a prezzi promozionali i migliori vini delle loro cantine. Spesso vi si trovano ottime occasioni, e i francesi cercano di non farsele sfuggire. Alcuni grandi cavistes, come E. Leclerc, organizzano in concomitanza grandi degustazioni, nel corso delle quali è possibile assaggiare oltre 100 crus selezionati.

Insomma, c’è da prenderle sul serio, e difatti non c’è rivista del vino che trascuri di occuparsene più che ampiamente nel suo primo numero autunnale. La RVF non si sottrae alla tradizione, e perciò dedica gran parte di questo fascicolo settembrino appunto alle Foires aux vins.

In copertina sono inoltre annunciate: una degustazione di Bordeaux delle annate 2016 e 2017, un articolo sui vini dei grandi chefs, la classificazione dei grands crus alsaziani secondo la RVF e il confronto tra due rappresentanti della nuova generazione femminile di Châteauneuf-du-Pape.

Cominciamo ovviamente dalle Foires, che si prendono oltre un centinaio delle 206 pagine di questo numero doppio. Il dossier ad esse dedicato è preceduto da un articolo introduttivo, che delinea le nuove linee di tendenza: la richiesta sempre maggiore dei vini green da parte dei consumatori, il distacco crescente della grande distribuzione da Bordeaux, non più signora unica delle Foires, il ritorno delle bottiglie icona su Internet. Appositi riquadri riportano le scelte della 10 offerte migliori, secondo la RVF, per ciascuna di questa categorie: cuvées bio,  champagnes e crémants,  rossi di vertice,  grandi bianchi da non perdere,  i migliori bordeaux a meno di 20 euro e i migliori borgogna della stessa fascia di prezzo, i vini stranieri, e infine le cuvées “étonnantes” da scoprire.

Di ciascuna bottiglia, sono riportati nome della cuvée e del produttore, appellation, colore e annata, prezzo, valutazione di qualità dell’affare (fino a 5 stelle) e venditore. Nelle pagine che seguono l’esame delle offerte è articolato per azienda venditrice, cominciando dalle “grandes insignes”, come Auchan , Carrefour e Leclerc. Di ciascuna sono riportate le proposte più interessanti e le scelte della RVF per la “belle cuvée” e l’”achat malin”. Si prosegue, con lo stesso schema, con le proposte dei discount, dei cavistes e i siti Internet. L’esame si articola poi su base regionale, con le migliori offerte “locali” nelle diverse zone della Francia. Lasciamo al lettore scoprire il dettaglio dei consigli della RVF e passiamo agli altri articoli, partendo dalle degustazioni, come sempre raggruppate nella sezione finale della rivista.

Grands crus di Bordeaux 2016 e 2017: annata leggendaria la prima, molto più sofferta la seconda, il confronto non è però impietoso come ci si sarebbe potuto aspettare. Si conferma ai livelli più alti l’annata 2016, soprattutto nel Médoc, con ben quattro 20/20 a Pauillac e altri due a Saint-Julien; meno sfolgorante la Rive Droite, con Saint-Émilion questa volta meglio di Pomerol (punteggio pieno a Cheval Blanc e Figeac). Nelle Graves decisamente meglio i rossi dei bianchi, tra i vini di vertice, mentre tra i moelleux del Sauternais, dietro Yquem (20/20), brillano due grandi cru di Barsac (Climens e Coutet), appena un soffio al di sotto del massimo punteggio.

Nell’annata 2017 il traguardo dei 20/20 non è stato raggiunto in nessuna appellation, ma non mancano risultati molto brillanti, soprattutto a Pauillac e Saint-Julien, dove spiccano i 19/20 di Mouton-Rotschild e Pontet -Canet  (sempre lui nonostante il suo classement di Vème cru), mentre a Margaux Palmer e Rauzan-Ségla tengono alta la bandiera dell’appellation ; la Rive Droite risulta ancora leggermente dietro, con Saint-Émilion più brillante di Pomerol.

Foto Fernando Beteta.

Nelle Graves stavolta i bianchi secchi, tra i quali diversi Pessac di grandissimo livello, brillano più dei rossi e dei liquorosi.

Interesserà molto i patiti dei vini alsaziani il dossier di degustazione che segue, volto a delineare una gerarchia tra i grands crus dell’Alsazia, mentre è in vista  il riconoscimento di altri lieux-dits come premiers crus secondo il modello borgognone. Questo in sintesi il verdetto della RVF, che distingue cinque gruppi fondamentali. Ci sono innanzitutto i  i crus leaders,  i veri motori del successo dei vini alsaziani. Sono dieci:  Schlossberg (modello di riuscita di grand cru), Hengst,  Rosacker, Rangen , Brand, Schoenenbourg, Wiebelsberg, Eichberg, Kitterlé e Geisberg. Ciascun cru è  descritto in una scheda, con storia e caratteristiche, i vini e i produttori.

Poi c’è la”nuova nobiltà”, i  14 crus più dinamici, con una qualità altissima,  confermata da diversi millesimi e da produttori di grande talento, quindi  i “progressisti” (10) , portati soprattutto da singoli produttori di talento ma che  difettano talvolta di continuità . Il quarto gruppo (8) è quello dei crus emergenti, che attendono ancora i loro migliori interpreti. Infine ci sono i cru dormienti (9 per la RVF), raramente rivendicati dai produttori, che non si sono ancora rivelati appieno, nonostante siano dotati di una geologia ed esposizioni eccellenti, come Altenberg de Wolxheim, Hatschbourg e Gloeckelberg.

Un capitolo a parte è rappresentato dai rossi a base di pinot noir, che non possono fregiarsi della classificazione di grand cru: per ora i produttori ricorrono a piccoli sotterfugi, come rivendicare un lieu-dit all’interno del cru. Ma sono in vista modifiche anche  in questo campo: il Vorbourg de Rouffach ,  l’Hengst de Wintzenheim  e il Kirchberg de Barr dovrebbero presto ottenere un riconoscimento.

Veniamo agli altri due servizi annunciati in copertina. Il primo di essi riguarda un fenomeno nuovo: un numero crescente di chefs, infatti, si associa con dei vignerons di fama, oppure acquista qualche vigna per poter produrre un vino col proprio nome. I legami tra  ristorazione e mondo del vino diventano più stretti. Tra gli esempi più riusciti, L’Affectif del Domaine des Lauzières, un Les Beaux-de-Provence proposto sulla sua tavola da Jean-André Charial, chef  de L’Oustau de Beaumanière e vigneron. Yohan Castaing, che ha firmato l’inchiesta, ne ha assaggiati diversi, e in molti casi i risultati sono assai lusinghieri.

Nell’altro servizio, per la serie “Une appellation, deux styles”, Roberto Petronio  mette a confronto i vini di due talentuose vigneronnes della nuova generazione di altrettanti Domaines di Châteauneuf-du-Pape:  Audrey Vidal, dal 2014 a capo del Domaine du Banneret, e Eugénie Avias, 22 anni, nel suo Domaine du Bienheureux. Sette (2010, 2011, 2013, e dal 2015 al  2018) i millesimi assaggiati.

Come al solito c’è però anche dell’altro, oltre ovviamente al consueto, numeroso, gruppo di rubriche e interventi dei columnists della RVF.  Eccoli. Il primo è una lunga intervista di Denis Saverot a Olivier e Cathy Dauga, coppia di variopinti (per l’abbigliamento) consulenti bordolesi, fondatori della società Le Faiseur de Vin : la loro attività consiste nel seguire la conduzione delle vigne, le vinificazioni e la commercializzazione  di una ventina di clienti.

Si parla di crisi, di mercati esteri, vini bio (curano la selezione di vini biologici di Monoprix), cambiamenti climatici.Pierre Casamayor delinea per “Vie de Château”, un ritratto del Domaine della famiglia Gardès, artigiani del vino nel Roussillon, e presenta l’assaggio di una dozzina di annate, a partire dalla 2004, della cuvée Les Falaises, un Côtes du Roussillon Villages Tautavel .

L’annata faro è la 2011 (19/20 per Casamayor), in grande forma ma ancora suscettibile di affrontare qualche altro anno in cantina, ma la 2010 è sugli stessi livelli, mentre altre annate molto riuscite (ma da attendere) sono 2005 e 2007. Sophie de Salettes  traccia il terroir di Fixin, l’appellation più settentrionale, dopo quella di Marsannay-la-Côte, della Côte de Nuits. Qui, naturalmente, a dominare è il pinot noir, ma vi si produce anche qualche bianco (appena il 5% degli ettari  dell’AOC) degno di nota, in una regione conosciuta soltanto per i suoi rossi.

Infine Jérôme Baudouin parla con Maurice Berthelmé, fratello di Jacky,  col quale produce una serie di emozionanti vini alsaziani al Domaine Albert Mann: una vita avventurosa alle spalle, che lo ha portato fino in Nuova Caledonia, poi il richiamo del paese natale lo ha riportato in Alsazia. C’è il solito spazietto per la gastronomia (Olivier Poussier parla della tarama greca e i vini per accompagnarla) e le escapades (stavolta è Michel Gérard a presentare la sua balade in Guascogna), e -siamo davvero alla fine-il “dibattito intorno a una bottiglia”, tra Jérôme Baudouin e Alexis Goujard, che  discutono su un vino di Rasteau, lo Char à Vin 2018 di Marine e Paul Charavin.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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