Stampa estera a portata di clic: Decanter, vol. 44, Ottobre 20187 min read

Questo di ottobre é un numero interamente dedicato ai vini del Sud America, e di fatti i titoli di copertina sono tutti per la parte meridionale del continente americano. Sotto il titolo grande (“America del Sud: uve distintive, nuovi nomi al top e spumanti”), sono quelli, più in piccolo, che lo specificano: Value Malbec (ossia grandi Malbec a meno di 20 pounds), guida alle annate dei vini cileni, assaggiati e valutati (Cabernet Franc, rossi della Calchaquí Valley, i migliori vini brasiliani e i Sauvignon cileni).

Poi: viaggio a Santiago, Uruguay e varietà creole.L’articolo di apertura, di Alistair Cooper, é intitolato “Prove di identità”. Vi si parla di varietà come il Malbec argentino, il Tannat uruguayano e il Carmenere cileno che hanno trovato in SudAmerica un loro nuovo stile. I vini selti da Cooper: per il Malbec due vini  della Uco Valley di Altos Las Hormigas  e Susana Balbo; due Tannat uruguayani , di Viña Progreso e del Domaine Castelar, e due Carmenere cileni di Cachapoal Valley e di Curicó Valley.

Ovviamente in questo numero c’é molta Argentina. Si comincia con la selezione dei migliori Malbec great-value  di Patricio Tapia: al top, per 15.50 sterline il Serbal Tupungato 2017 di Bodega Atamisque, con 93/100. Con lo stesso punteggio, ma con poco meno di mezzo pound in più, un Malbec che viene dalla Patagonia, di Fabre Montmayou. A seguire é ancora Tapia a presentare i micro-terroirs del Malbec: spiccano Altamira, da cui vengono ben 5 dei 7 vini selezionati da Tapia, a cominciare dall’Infinita Gravascal di Zuccardi (98/100), poi Gualtallary.  Anche il ritratto-intervista del mese é a una figura centrale nella storia dell’industria del vino argentino, Daniel Pi.

A chiusura della  rivista, come sempre, é il vino-leggenda, che questa volta é argentino: il Nicolás Catena Zapata del 1997, presentato da Stephen Brook. Poi c’é anche molto Cile.

Comincia Peter Richards a introdurre i lettori tra le diverse annate di questo paese.Un tempo conosciute per la loro uniformità, le ultime annate sono sempre più diverse e influenzate dai cambiamenti climatici: 2014 (il grande gelo), 2015 (torrido), 2016 (il diluvio), 2017 (di nuovo in fiamme). Per ciascuna annata ci sono poi i picks di Richards.

Tim Atkin presenta 10 giovani winemakers argentini e cileni della nuova generazione. I loro stili sono un mix di idee nuove, esperienze global e influenza di maestri locali. Per ciascuno di essi é stata scelta una bottiglia che li rappresenta. Uno dei Panel Tasting del mese é dedicato ai Sauvignon cileni. In attesa di un possibile buon 2018, le ultime due annate sono marcate dalle piogge torrenziali del 2016 e dal caldo brutale (deleterio per questa varietà) del 2017. E  di fatti nessun vino ha ricevuto il giudizio di exceptional né di oustanding. Si comincia quindi dai vini highly recommended, compresi tra i 90 e i 94/100: sono solo 10, poi gli altri vanno dagli 86 agli 89/100. Numeroso il gruppo  dei vini solo commended (83-85) , fair (76-82) e poor (70-75).

Punteggio più alto (93/100) al Grand Reserva  Casablanca di Morandé 2016. Ancora Cile: i rossi della Calchaquí Valley, selezionati da Patricio Tapia per la rubrica “Scelti dall’esperto”, la “mia” Santiago di Alistair Cooper, la verticale di .

Cominciamo dai rossi della Calchaquí. Arida come Mendoza, questa valle  é un’ampia superficie rocciosa, frammezzata da montagne con picchi affilati  e lande “di tutte le sfumature di grigio”. Trecento giorni di sole a più di 2.000 metri di altitudine,  con i condor che svolazzano in alto. Eppure qui sono ottimi Malbec in purezza, o blend di Malbec con Cabernet Sauvignon e Franc,  talvolta Merlot. Dai tannini nervosi e dalle acidità croccanti, i vini di Calchaquí sono vini da carne grigliate. Al top Tapia pone il Chañar Punco di El Esteco 2015 (un blend di Malbec e varietà bordolesi), con 93 punti su 100.L’itinerario a Santiago del Cile é, come si é detto, di Cooper: una città brulicante di vita e di energia, con panorami mozzafiato e una splendida cucina (per non parlar dei vini). Eccoci intanto alla verticale di Don Melchor, il primo vino icona del Cile, lanciato da Concha y Toro alla fine degli anni ’80. Le annate degustate sono 23, dal 1987 al 2015.Per Michael Apstein, l’annata 1997 é da 97/100, ma sono ben sei le annate valutate appena un punto al di sotto (1988 la più vecchia e 2015 la più recente). Le eccezioni negative (si fa per dire)? L’annata 1995 (solo 83/100), la 1993 (con 85/100), e la 1989 (86/100).  L’altro grande Panel Tasting del mese é dedicato ai migliori Cabernet Franc del SudAmerica: praticamente solo Argentina e Cile, e, a giudicare dalle valutazioni del comitato di degustatori, ma fondamentalmente Argentina.

Difatti é argentino l’unico vino oustanding della degustazione, il Reservado  di Fabre Montmayou (un  Cabernet Franc di Mendoza del 2015), con ben 95/100. E ben 21 su 24 vini  della fascia immediatamente seguente (90-94 punti) sono argentini: solo gli altri tre sono cileni. Se Argentina e Cile hanno lo spazio maggiore, sono presenti in questo numero anche Uruguay e Brasile.In Uruguay non c’é solo Tannat, il vitigno per il quale é celebre. Patricio Tapia (ancora lui) inserisce tra i suoi preferiti  anche un Riesling e un Albarino Reserva. Grazie all’influenza del vicino Sud Atlantico la piccola ma emergente regione di Maldonado può produrre vini di ottima qualità, come mostrano già alcune famiglie.

Ai vini brasiliani é invece dedicata l’altra degustazione dell’esperto, in questo caso Dirceu Vianna. Introdotta già nel 1532 a San Paulo dall’esploratore portoghese Brás Cubas, la vite non ebbe fortuna e fu abbandonata.Si provò poi nella regione di Rio Grande do Sul, quella più meridionale, confinante con l’Argentina e l’Uruguay.Qui oggi si produce il 90% del vino brasiliano: soprattutto sparklings, a base di Pinot Noir e Chardonnay (al vertice, con 94/100, l’Extra Brut Metodo Tradicional di Cave Geisse), ma c’é anche qualche buon vino “fermo” , bianchi a base di Chardonnay e Sauvignon blanc, e rossi da varietà bordolesi.

Attenzione c’é anche un bianco da Trebbiano di Romagna, che per Vianna vale 90/100: il Clos Cattacini 2014 di Luiz Argenta. Dal momento che abbiamo parlato di sparklings, veniamo all’articolo di Alejandro Iglesias, che  esplora appunto le bolle sudamericane. Gli extrabrut argentini possono rappresentare un’alternativa ai Prosecco italiani, si chiede l’autore?Dieci sono gli spumanti ritenuti più interessanti: la metà di essi viene dall’Argentina, due ciascuno da Cile e Brasile, uno é uruguayano. Il migliore? La Grande Cuvée millésimée 2014 di Rosell Boher, uno sparkling che viene dall’Uco Valley, 94/100.

Ed eccoci ai criolla grapes, le varietà originate dalle prime ibridazioni con i vitigni introdotti dagli spagnoli in America. E’interessante la loro storia , raccontata da Amanda Barnes. Quando gli spagnoli conquistarono l’America, vi introdussero l’olivo, il grano e la vite. Per quanto riguarda le viti, le prime uve  furono conosciute come creole o Missione: una selezione di varietà scelte per le loro alte rese e la resistenza. La più importante di esse fu un’uva rossa , chiamata Criolla Chica in Argentina , per tacere dei suoi 45 sinonimi.L’industria vinicola in America si basò inizialmente su queste varietà creole, diffondendosi dal Messico agli Stati Uniti, e , a sud, verso il Perù, il Cile, la Bolivia e l’Argentina.

Nacquero così più di 100 varietà creole, poi, quando, alla metà dell’Ottocento, arrivarono le specie francesi, le varietà creole decaddero fin quasi a scomparire.Il Listan Prieto, la più fine delle varietà creole, rappresentava nel 1833 circa il 90% delle uve da vino cilene e argentine. Oggi questa percentuale é scesa al 7 e all’1% rispettivamente. Sparito dalla sua terra d’origine, la Spagna (ne sopravvive un po’ nelle Canarie), il Listan Prieto (il nome originario della Criolla Chica)  resta in Cile, dove é chiamato Pais: molte vigne sono molto vecchie, hanno più di un secolo. Oggi si assiste ad una rinascita delle varietà creole, per la loro capacità di esprimere luoghi, climi, suoli. I vini sono interessanti: ben 94 i punti aggiudicati ad un bianco “creolo” nato da varietà meticce di Moscatel e Corinto, con aggiunte di Sémillon, il cileno Rivera de Notro Blanco di Roberto Henriquez. Per finire, ci sono ancora le consuete, numerose rubriche di Decanter: l’editoriale di Stimpfig sulla crescita del vino sudamericano,  le notizie, le lettere dei lettori, le pagine dei columnist (Jefford, la tensione dello Chablis; Mc Coy, che cos’é il fine wine?

E poi la  lettera dal Cile di Peter Richards: il sud é il vero cuore del vigneto cileno) . Infine, il mondo del Fine Wine di Steven Spurrier, i weekdays wines  di Tina Gellie (che sostituisce Christelle Guibert) ,le Notes & Queries, il Market Watch sui vini di pregio e da collezione, il mercato dei vini di Bordeaux e dei grandi rossi italiani.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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