Stampa estera a portata di clic: Decanter febbbraio 201910 min read

Una cabotte tra le vigne innevate  accompagna il titolo principale della copertina: “ Borgogna 2017, i migliori sono davvero buoni. La vostra guida completa agli acquisti top”.

Più in basso si leggono i titoli minori: “Trenta alternative ai Claret”, “Chardonnay australiani”, e ancora: “ Cal Cabs” (cabernet dalla California),”Châteauneuf bianchi”, “Viaggi: Vienna e Campania”.

Come un antipasto al servizio sui Borgogna dell’annata 2017, é la bella foto a colori a doppia pagina del Clos des Lambrays, quasi millenario climat di Morey-Saint-Denis, ovviamente anche lui innevato. Tocca  a Tim Atkin presentare questa annata “mixed bag” borgognona, che ha dato rossi da bere più giovani e bianchi, con punte di eccellenza, qualcosa come un misto tra 2007, 2011 e 2014.

Quattro bottiglie (equivalenti alle nostre stelle) alla vendemmia dei rossi , come nel 2016 , per Decanter (negli ultimi dieci anni, ne fuorno assegnate cinque solo al 2010 e al 2014) e tre e mezza ai bianchi (erano state quattro nel 2016, eccellenza a cinque bottiglie nel 2010, come per i rossi, e nel 2015). Dopo le dure gelate del 2016, così come già nel 1982, 1992 e 1999, le vigne che ne erano state  colpite hanno compensato le perdite con una maggiore generosità dei raccolti: a Marsannay, a Chambolle-Musigny, Meursault e Chassagne-Montrachet, in parte a Nuits-Saint-Georges. Nella Côte-de-Nuits, la grandine ha colpito i settori più a  nord di Morey-Saint-Denis , ma a caratterizzare l’annata sono stati di più il caldo e la siccità dalla fine di giugno ad agosto e la quantità dei grappoli lasciati nelle vigne.

I comportamenti dei vignerons sono stati molto variabili: alcuni hanno cercato di portare a maturazione più volume e altri hanno cercato di preservare l’acidità vendemmiando più precocemente. Nel 2017 la Côte de Beaune ha avuto miglior fortuna che negli anni dal 2011 al 2014 e nella terribile annata 2016,  con solo  una gelata il 24 aprile a Saint-Aubin e qualche muffa nella parte sud della regione. Ovvia la tentazione di vendemmiare un po’ più copiosamente delle ultime sfortunate annata. I risultati migliori si sono avuti nelle zone dei grandi bianchi (Corton-Charlemagne, Meursault, Puligny e Chassagne-Montrachet, Saint-Aubin) e Santenay.

Più variabile appare la qualità dei rossi, con le performances migliori a Volnay, nei premier cru di Beaune e sulla collina di Corton. Più ridotti di quelli del 2016, invece, sono stati i volumi nella Côte Chalonnaise,  colpita soprattutto a Rully (gelo, muffe, difficoltà nella floraison) e a Montagny, che ha sofferto molto la siccità. I migliori risultati li hanno avuti i vignerons che hanno vendemmiato più presto e limitato le quantità, e in particolare a Mercurey e Givry.

Nel Maconnais, si sa, sono i bianchi a fare la parte del leone: la vendemmia é stata precoce (a Fuissé si é cominciato il 20 agosto) e la qualità molto buona , con vini molto equilibrati. Buoni risultati anche tra i Gamay e i  pochi, ma deliziosi aligoté.

I Top scores tra i vini assaggiati: nella Côte-de-Nuits, 99/100 allo Chambertin di Dugat-Py, ma molti sono  i grand cru che hanno raggiunto i 97 o i 98 punti; nella Côte-de-Beaune , tra i bianchi, é al vertice, con 98/100 il Montrachet del Domaine de la Vougeraie (ma sono molti i gran cru  a quota 97/100), mentre, per i rossi, il punteggio più alto va al Volnay Clos des Ducs del Marquis d’Angerville (97/100); nella Côte Chalonnaise é al vertice un bianco di Mercurey, la Pièce XV di Lorenzon (94/100), superato di un punto (95/100) da un fenomenale Le Clos, cru di Pouilly-Fuissé dello Château de Fuissé, Top score nel Maconnais.

Un piccolo primato anche per un aligoté del Maconnais, L’Aligato Cuvée Zen dei Bret Brothers, che spunta un 92/100, miglior risultato tra i vini dell’appellation régionale Bourgogne.

Seguendo i titoli di copertina, passiamo dalla Borgogna all’Australia meridionale, per esaminare  gli Chardonnay di quella regione, oggetto di uno dei due Panel tasting di questo numero. La vendemmia 2017 é stata meno “impressive” di quelle del 2016 e 2015, ma ha confermato la classe degli Chardonnay dell’Australia del Sud e in particolare di quelli di ,favoriti dall’insolita combinazione di un clima marino-mediterraneo e del crescente numero di piccoli produttori fortemente impegnati nella ricerca della qualità.

Del resto non é certo un caso se i tre vini “exceptional”, tutti con 98 punti su 100, vengono da Margaret River (Reserve 2017 di Deep Woods, Artifacts 2015 di Driftwood Estate e Wilyabrup Reserve 2017 di Gralyn Estate), così come i quattro “outstanding” (95-97/100) e 17 dei 22 vini  valutati dai 90 ai 94/100 della degustazione.

L’altro Panel é invece dedicato ai Cabernet californiani dell’annata 2010 degustati a otto anni dalla vendemmia. Un’annata controversa, per quanto riguarda la maturità, apparendo diversi vini ancora acerbi ed erbacei, ma che mostra una freschezza “claret-like” e una certa eleganza. Nessun vino “exceptional” (98-100/100) é emerso dalla degustazione,ma  solo due oustanding: il Montebello  Santa Cruz Mountains di Ridge (95/100) e il Napa Valley di Vellum (stesso punteggio).

E’ comunque folto (26 vini) il gruppo di ottime bottiglie che hanno raggiunto o superato i 90 punti. Un altro dei servizi annunciati in copertina, firmato da Andy Howard, propone una selezione di 30  rossi ”da comprare” come alternative ai classici claret amati dai consumatori britannici.

Naturalmente il Nuovo Mondo e il SudAfrica fanno la parte del leone (al vertice sono due vini neo-zelandesi da varietà bordolesi della Hawke’s Bay, due del Sud Africa  e uno dell’Australia occidentale), ma nel gruppo dei migliori, con 95/100, é anche un Carmignano di Villa di Capezzana del 2015. Poco più sotto sono altri due vini toscani: il Chianti classico Fontodi 2015 e il Guidalberto di Tenuta San Guido 2016, entrambi con 93/100.

Oliver Styles ritorna sulla Hawke’s Bay in un altro servizio dedicato a questa regione della Nuova Zelanda. Non c’é soltanto Gimblett Gravels, la subzona più conosciuta e meglio individuata, ma vi sono altre subzone che spingono verso una più articolata definizione subregionale , a cominciare da  Bridge Pas Triangle e Te Mata Special Character Zone.

Dopo averle descritte, Styles propne una selezione dei vini che lo hanno maggiormente colpito. Il Sauvignon blanc (28%) é la varietà più coltivata, seguita da Merlot e Cabernet, che coprono il 25% della superficie vitata e dallo Chardonnay (21%), ma al vertice dei preferiti da Styles é un Viognier di Te Mata, della winery De la Terre 2014: 93/100 per un bianco che ha in parte sacrificato la ricerca della varietalità per  esaltare la mineralità.

Dei bianchi di  parla Matt Walls nella rubrica dell’”Expert Choice”. Questa  AOC é conosciuta soprattutto per i suoi rossi, che del resto coprono il 93% dell’appellation, ma é tra quelle in cui é possibile produrre grandi vini in entrambi i colori: talvolta troppo ricchi,troppo alcolici o appesantiti dal legno, ma non di rado entusiasmanti. Anche molto longevi, a giudicare dai bianchi del Domaine de Beaurenard, di Clos des Papes e del Domaine de Beaucastel che hanno superato da un pezzo i 30 anni, e con interessanti novità rappresentate da una giovane generazione di winemakers, come nei  Domaines La  Barroche, Chante-Cigale, du Banneret e Julien Masquin. E al vertice, con 96/100,  Walls pone il Pure 2016 proprio del Domaine la Barroche , ma tra 94 e 95/100 sono anche altri sette vini, ripartiti tra i grandi Domaines della tradizione (Beaucastel, Beaurenard e Vieux-Télégraphe) ed emergenti (Chante-Cigale, du Bonneret, Julien Masquin).

Gli ultimi due titoli di copertina sono dedicati ai due viaggi proposti questo mese. Il primo itinerario riguarda la costa campana : l’area considerata dall’autrice del servizio, Carla Capalbo, va dalla penisola sorrentina alla costiera amalfitana e  al Cilento settentrionale. Al centro sono la viticultura eroica della costa amalfitana e il new world cilentano.

Il Perfect Day proposto dall’autrice é completato da una serie di indirizzi per dormire, mangiare e acquisti.

L’altro itinerario, più breve,é quello di Jason Turner, nella “sua” Vienna , alla ricerca dei suoi indirizzi Top.

In questo numero, come sempre, ci sono però anche altri servizi non annunciati da titoli in copertina. Il primo di essi é il ritratto-intervista della nota plant genetist Carol Meredith, il cui nome é indissolubilmente legato alla  cosiddetta Zin Story, la storia del Primitivo e dei suoi cugini. Ora fa il suo vino, col marito winemaker Steve Lagier,  nella loro proprietà nella Napa Valley. Tra i suoi vini, ovviamente, c’é anche un Tribidrag (Primitivo/Zinfandel).

Di seguito James Lawther descrive il terroir di Corbières, nella Languedoc, una regione conosciuta tradizionalmente per i suoi rossi rustici ma di buon valore, e oggi notevolmente rivalutata. Lawther cita i dieci Domaines da ricordare, tra i quali la Cave d’Embres et Castelmaure, una cooperativa che ha avuto storicamente un ruolo guida nella regione dagli anni ’80.

Tra i vini assaggiati, l’autore pone al vertice, con 95/100,  il Corbières La Bégou 2016 del Domaine Maxime Magnon:  un sorprendente bianco da vecchie vigne di Grenache gris e blanc su un suolo scistoso. Konrad Muller racconta poi la storia dell’architetto australiano Brian Franklin, che, applicando ciò che aveva appreso nelle sue precedenti esperienze in Borgogna, si é affermato come produttore di eccellenti Pinot noir in Tasmania.

Ci sono ancora due servizi prima della Buying Guide. Il primo é dedicato ai vini dei Balcani. Caroline Gilby delinea sinteticamente i territori vitivinicoli di Slovenia, Croazia,Serbia,Bosnia, Montenegro e Macedonia, alla ricerca dei rossi più interessanti. Il punteggio più alto (97/100) é raggiunto da un blend di Kratošija e Vranec macedone, il Barovo 2015 di Tikveš.

’ultimo articolo é di Matt Walls, che parla del rotundone, così detto perché scoperto per la prima volta nel Cyperus rotundus, responsabile del profumo di pepe del Syrah. Come sempre, il numero é completato  dall’editoriale di Stimpfig (tre esempi di viticultori appassionati),le notizie del mese (la morte di Albert Frère, Cheval Blanc, e di Henry-Frédéric Roch,co-gérant del DRC), le lettere dei lettori, le pagine dei columnist (Jafford sui “bevitori di etichette”, Anson sulla fillossera in Oregon, MacNeil sull’influsso delle Latina women, che hanno femminilizzato il mondo delle vigne californiano ), le rubriche (gli assaggi di Steve Spurrier, i weekdays di Tina Gellie, le pagine delle Notes & Queries, il Market Watch del mese), per finire con la Wine Legend. Tocca ad un Pinot noir della Williamette Valley (Oregon), la riserva del 1975 di The Eyre Vineyards.

Non é ancora finita, perché a questo numero, come tutti gli anni, é aggiunto un supplemento di approfondimento dedicato ai vini italiani. 108 pagine a colori riccamente illustrate aggiornano i lettori di Decanter su un ampio ventaglio di regioni e territori vitivinicoli del nostro paese. Preceduti da un’intervista di Carla Capalbo a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, con al centro la rinascita degli autoctoni, sono servizi di Tom Hyland sulla Barbera (nelle mani giuste diventa un serio concorrente per il Nebbiolo) e le sue migliori espressioni,  e quello di Tiziano Gaia sulla “terza via” del Barolo (ritrovata la pace tra tradizionalisti e modernisti, il focus torna nelle vigne).

Al Piemonte segue la nuova star dei bianchi del Nord-Est, il Pinot bianco (ne parla Michael Garner), poi é la volta del Valpolicella, oscurato dall’Amarone, diviso tra i sostenitori dei vini provenienti solo da uve “fresche”e quelli che introducono un lieve appassimento. Nell’articolo  successivo Richard Baudains parla del Prosecco sempre più dry e ne spiega le ragioni, poi é Simon Woolf a presentare un’altra bollicina molto popolare del nostro paese, il Lambrusco, compagno eccellente della ricca cucina emiliana.

Scendiamo in Toscana:Monty Waldin attraversa i diversi territori del Chianti Classico alla scoperta di colline, suoli e stili del vitigno principe, il Sangiovese. E’ lo stesso autore, nell’articolo successivo, a presentare i nuovi volti del Brunello di Montalcino.

La Toscana però non é solo vino, e allora Helen Farrell parla delle più belle offerte di ospitalità presso le cantine vicino Firenze. C’é spazio anche per il Sagrantino umbro, ormai orientato verso uno stile più moderno, volto a domare la sua corazza tannica (ne parla Susan Hulme), e per i vini del Sud: Michaela Morris parla di Puglia  (tra i suoi preferiti due bianchi , Nero di Troia e Primitivo), Susan Hulme di Sicilia (venti vini da non perdere: Etna e liquorosi in testa) e ancora Michaela Morris dell’altra isola, la Sardegna (non solo Vernaccia, Vermentino e Cannonau). Tutti i servizi citati sono completati dagli assaggi ritenuti più interessanti e rappresentativi dagli autori. Completa questo supplemento la selezione di 30 “red buys” , vini rossi italiani di tutti i territori che propongono ottima qualità a 15 sterline o meno.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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