Stampa estera a portata di clic: Bourgogne Aujourd’hui, n. 1446 min read

 Auxey-Duresses, Monthélie, Saint-Romain e Meursault in assaggio: 2015,2016 e 2017 da mettere in cantina; il Domaine Nathalie et Gilles Fèvre, una nuova referenza a Chablis; la Saint-Vincent Tournante a Vézelay; Palmarès 2018, i Borgogna al Top; il supplemento Crémants de France. Questi i titoli che appaiono sulla copertina, cromaticamente dominata dal giallo, di questo numero di fine-inizio anno.

Cominciamo dal primo titolo, anticipato dall’editoriale di Christophe Tupinier: “ N’oubliez pas 2017 et les ‘petites AOC’”. In realtà  Meursault è una delle capitali dello Chardonnay borgognone, mentre quelle di Auxey-Duresses, Monthélie e Saint-Romain sono davvero piccole appellation assai meno-e ingiustamente- conosciute della Côte-de-Beaune, in grado di offrire bottiglie di qualità a prezzi molto interessanti.

A Meursault, ovviamente, i bianchi  Premiers crus sono di grande spessore, ma anche tra  i villages e i meno conosciuti vini rossi vi sono state molte ottime riuscite. La vendemmia 2016 (colpita dal gelo) forse leggermente meglio della 2017 (colpita dalle piogge), ma tutto dipende da quali siano state le vigne che sono state danneggiate di più.

Il miglior punteggio della degustazione è andato a un Meursault village del 2016 del Domaine Bohrmann, Les Vireuils, con 18/20, e a un Meursault blanc Premier cru Perrières dello Château de Meursault, con lo stesso punteggio.”Incontournable” il Domaine Michel Bouzereau et Fils, che ha proposto una impressionante serie  di cuvées di Meursault dei lieux-dits Les Tessons e Grands Charrons e dei Premiers crus di Perrières, Genevrières e Charmes-Dessus , mentre si confermano come valori sicuri i vini del Domaine Buisson-Battault (il migliore un Goutte d’Or blanc del 2017) e quelli del Domaine Génot-Boulanger (molto bene il Clos du Cromin 2017).

La sezione riservata ai vini di Meursault è completata dal Focus Terroir su Les Charmes, il più grande Premier cru di questa appellation, con i suoi 31 ettari, situato nella parte sud, sotto Les Perrières e Genevrières. Per quanto riguarda la triade Auxey-Duresses-Monthélie-Saint-Romain,le riuscite migliori sono quelle dell’Auxey-Duresses blanc (ma bene anche in rosso). Meglio i bianchi anche a Saint-Romain (quando un dossier per la creazione di Premier cru?), meno convincenti i risultati dei Monthélie.

Eppure è un Monthélie rouge (Aux Fournereaux 2017 del Domaine Réyane et Pascal Bouley), che, con i suoi 18.5/20, ha ottenuto il punteggio più alto della degustazione. Ottime riuscite , sia per i suoi Auxey, sia per i suoi Saint-Romain, sono quelle del Domaine Alain Gras (18 punti per entrambi i suoi Saint-Romain, bianco e rosso). Tra i produttori più affidabili, Christophe Buisson (molto bene sia Saint-Romain  che Auxey), il Domaine Changarnier (soprattutto per i suoi Monthélie, ma brilla un suo Auxey blanc Premier cru Les Duresses) e il Domaine Diconne (meglio i suoi Auxey rossi, e soprattutto il suo Premier cru Les Grands Champs).

La grande degustazione di questo numero è preceduta da un articolo dedicato alla Saint-Vincent Tournante, grande festa vitivinicola di origini medievali, rilanciata dai Chevaliers du Tastevin nel 1938, che quest’anno si svolgerà a Vézelay, fresca del riconoscimento della sua AOC, il 26 e 27 gennaio prossimi.

Ma eccoci ai Fèvre: Nathalie e Gilles.  Da non confondersi con il forse più noto Domaine William Fèvre, ma certo ben radicati anche loro nel terroir di Chablis. Questa famiglia di vignerons vi è installata almeno dal 1745, e il nonno di Gilles, Bernard, era stato tra i fondatori de La Chablisienne.  Con 33 ettari Villages a Chablis, una dozzina di ettari in Premier cru, La Fourchaume (la maggior parte), Vaulorent e  un pezzettino di  Mont-Milieu, e poco meno due ettari e mezzo   di Les Preuses Grand cru, il loro pezzo pregiato, i Fèvre sono diventati ormai un riferimento d’obbligo nello chablisien, proponendo una serie di cuvées di ottimo spessore e una grande regolarità.

Nel presentare questo Domaine, Christophe Tupinier ha degustato il loro cru Les Preuses in 13 vendemmie, dal 2004 al 2017. Il top è rappresentato dal vino del 2014 (18.5/20), ma risultati molto convincenti sono anche quelli di 2010, 2009 e 2017. Evidente comunque il progresso a partire dal 2008.

Siamo arrivati ai Palmarès dell’annata. Produttori dell’anno sono i Domaines Hubert Lamy (Saint-Aubin) e Harmand-Geoffroy (Gevrey-Chambertin). A loro è dedicata la degustazione dei loro vini più emblematici . Tra i “nominés”, nomi conosciuti come quelli di  Billaud-Simon (Chablis) e  Lucien Boillot (Gevrey-Chambertin), e meno noti, almeno in Italia, come il Domaine Gondard-Perrin (Viré-Clessé).

Per quanto riguarda le speranze dell’anno, ossia i giovani produttori, si aggiudicano la prima posizione Réyane e Pascal Bouley, a Volnay. Eccoci al Palmarès dei migliori assaggi del 2018: il punteggio più alto (20/20) se lo aggiudica un Santenay rouge , le Champs Claude 2015 del Domaine Bachey-Legros., ma a quota 19.5/20 sono anche uno Chambolle-Musigny Villages  (il 2015 di Amiot-Servelle) e il Maranges rouge Sur le Chêne di Chevrot et Fils (tra i produttori “nominés” quest’anno).

Non è però finita. In questo numero, infatti, anche se non annunciata in copertina, c’è l’intervista a Yanping Gong, cinese di Sichuan , ma installata in Borgogna da una quindicina d’anni, sommelière e organizzatrice di stages in Borgogna per i suoi connazionali, dal 2016 reggente della SARL Académie Franco-Chinoise Vin et Culture. Molti i temi trattati, tra i quali le maggiori difficoltà per gli imprenditori cinesi di ripetere in Borgogna la scalata avviata a Bordeaux.

Il servizio fotografico di questo numero è dedicato alla Borgogna imbiancata dalla neve, poi, nell’”angolo della cultura”, Eric Rouyer parla di Jean-Philippe Rameau , musicista  di Dijon inventore del canone musicale. L’ Aspérule , il ristorante dijonnais dello chef giapponese Keigo Kimura , è quello prescelto per lo spazio dedicato alla gastronomia. Le sue ricette: Foie gras mi-cuit (con un Meursault giovanissimo) e coquilles Saint-Jacques  poêlées (con un Bourgogne 2013 o un Fixin 2014, francamente un po’ un azzardo). Infine i libri : uno spazio speciale è riservato al nuovo Atlante dedicato alla Côte Chalonnaise, curato dalla coppia  Marie Hèlène Landrieu-Lussigny e Sylvain Pitiot.

Il supplemento Crémants, che si alterna periodicamente a quello dedicato al Beaujolais, propone innanzitutto una panoramica  dei vini del 2018, ottimo, soprattutto per l’export,  per i Crémants del nord, un po’ più variegato per quelli del Sud.  Bene  l’Alsazia,  maggior produttore di questa tipologia di vini in Francia, e altrettanto Borgogna, Loira, Jura e Savoia. A sud crescono invece i crémants a Bordeaux, e , anche a Limoux, si impongono alle tradizionali Blanquette. Qualche nome. In Alsazia il Domaine da scoprire è il Domaine Viticole de la ville de Colmar, mentre la Cave de Beblenheim rappresenta un punto di riferimento sicuro.

In Borgogna , “incontournables” sono i crémant di Louis Bouillot Maison Jean-Claude Boisset, mentre , nel Beaujolais, emergono i vini di Oedoria. Valori sicuri sono anche  i crémant de La Maison du Vigneron di Crancot , nello Jura, della Maison Ackerman di Saumur ,nella Loira,  e di Georges et Roger Antech a Limoux. La degustazione tematica di questo numero è dedicata al tema “Cremant millesimati”. Sono davvero migliori di quelli senza annata?

All’assaggio l’Alsazia conquista il primo posto con un crémant del 2014 del Domaine Stoeffler (18/20) e uno dei tre secondi posti ex-aequo,  insieme con un crémant borgognone di Burgy e uno della Loira, nel Saumurois (tutti millesimati, e tutti  con 17/20). Nelle  24 pagine di questo supplemento c’è però anche uno spazio per la gastronomia, dedicato questa volta  al problema dell’adattabilità dei crémant ai dessert.

Ci provano  Patrick Mezière, chef del “Bistrot” di Chalon-sur-Saône e Lyonel Leconte, miglior sommelier di Francia. I piatti? Sablés citron ai lamponi , Agrumi, vaniglia e gelée de crémant, e Mousse tiepida al cioccolato.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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