Signori del vino o della noia?3 min read

Quando ho letto  la notizia che Rai Due avrebbe dedicato una serie di trasmissioni al mondo del vino sono stato contento. Non ero per niente d’accordo con i tanti detrattori che criticavano, per esempio, la scelta dei produttori (i soliti noti). Visto che si trattava soprattutto di presentare un bello spaccato del mondo del vino, meglio (pensavo) far parlare chi davanti ad una macchina da presa c’è già stato ed evita di dire puttanate o di impuntarsi come un asino.

 

Anche sull’orario in cui sarebbe andata in onda non trovavo molto da dire: capivo che un quarto a mezzanotte è indubbiamente tardi ma….pur di tornare in televisione si poteva anche passare sotto questa forca caudina, per  arrivare in future a fasce più umane.

 

Ho poi sperimentato sulla mia anziana persona cosa vuol dire arrivare fino alle 23.45 o addirittura ricordarsi che a quell’ora ci sarebbe stato “Signori del vino”, tanto che mi sono perso sia la prima che la seconda puntata.

 

Ho recuperato nel pomeriggio della domenica in streaming, guardando prima la puntata sulla Sicilia e poi, prima di emettere un giudizio, anche quella sul Piemonte.

 

Se non fossi una personcina educata sarei propenso ad emettere un giudizio che in sintesi e linguaggio forbito potrebbe essere “Ma che due palle!!”, però la mia formazione classica mi impone di utilizzare una terminologia più adatta e soprattutto un numero maggiore di termini.

 

Partiamo dai conduttori: ma è scritto in qualche testo di legge che i “conduttori” di un programma sul vino debbano fare per forza la parte degli assoluti imbranati e delle comparse, lasciando il produttore di vino o il direttore di un consorzio a fare il proprio spot personale? Inoltre quando parlano (tra se o con gli interlocutori) dicono cose che definirle scontate è fargli un complimento. Ma i dialoghi glieli hanno scritti oppure li hanno copiati direttamente da “Le vin pour le nuls”?

 

Passiamo ai produttori: va bene fare uno spot personale ma questo non può durare lunghissimi minuti, mentre la telecamera vaga, oltre che sul primo piano del produttore,  su vigne, vigneti, grappoli, foglie, viti…insomma su tante cose diverse come potete capire.  Quando invece la scena si svolge in cantina allora sono le botti e le barrique ad stare in scena…. Per i soliti lunghi minuti.

 

L’unico che prova a salvarmi dalla noia che sempre più mi opprime è quel grillo di Marco Simonit che, saltellando appunto come un grillo in un vigneto, ci fa vedere viti, radici, foglie e grappoli da un punto di vista abbastanza tecnico (siamo in una trasmissione divulgativa.. mi sembra di sentire i produttori mentre lo spiegano a Marco) e soprattutto appassionato. MI salvano un po’ anche Arianna Occhipinti, che almeno mentre parla sposta cassette d’uva e rende la scena più mossa e Oreste Brezza che cita la recente storia di langa e dice cose interessanti. Ma durano poco e torniamo così a chiacchiere tra i conduttori sentite come minimo 10 milioni di volte (del tipo “Guarda, quel vigneto sembra un quadro”) e spot aziendali noiosi da far terrore.

 

Bruno Gambacorta, storico conduttore di Eat Parade e uno che di vino in televisione se ne intende, gli poteva suggerire che scene del genere possono reggere per 40 secondi al massimo, non per 30 minuti!

 

Ammetto di essere arrivato alla fine dei due filmati solo grazie ad una forte dose di pazienza, ma almeno ho capito una cosa: li mettono in onda vicino a mezzanotte perché sono perfetti per conciliare il sonno!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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