Se 46.000 ettari vi sembran pochi….2 min read

Quando ho letto il comunicato dell’Unione Italiana Vini  in cui il presidente Domenico Zonin plaudeva alla decisione del ministro Martina di prolungare fino al 2020 la possibilità di utilizzare (leggesi vendere) una bella fetta di diritti d’impianto , pari a 3.5 milioni di ettari potenziali (circa il 7% del vigneto italiano) d’impulso non sono riuscito a gioire con lui.

 

Eppure, mi dicevo, dopo tutto si sta parlando di tanti agricoltori che potranno vendere con un discreto profitto quello che altrimenti sarebbe diventata carta straccia.  Inoltre, continuavo a dirmi, altri agricoltori grazie a questi diritti potranno piantare vigna e produrre vino, quindi…..

 

A questo punto mi si è accesa una lampadina in testa!  Non credo di sbagliare dicendo che tutte le principali denominazioni italiane, quelle veramente importanti, conosciute, che producono vini unici e famosi nel mondo, abbiano praticamente gli albi bloccati o quasi. Vuol dire che si pianta dove prima si è espiantato oppure solo pochissimi ettari all’anno possono aggiungersi agli altri.

 

Quindi le denominazioni importanti dal punto di vista dell’alta qualità non hanno assolutamente bisogno di tutti questi ettari….e allora a chi servono? E allora perchè gioire?

 

Oddio, posso capire che un produttore di vino che si ritrova questi diritti da vendere per ancora 5 anni, sia indubbiamente felice, ma il “Vigneto Italia”, dal punto di vista qualitativo (che tutti sostengono a parole sia la cosa più importante) ci guadagna realmente in tutto questo?

 

Va, bene, se li piantiamo rimaniamo al primo posto come produzione mondiale, ma allora tutti i ragionamenti su troppa produzione, sulla distillazione obbligatoria, sulle DOC che hanno disciplinari troppo permissivi con rese altissime, sugli esuberi di vino che portano verso il basso il prezzo dove li mettiamo? Sui pianti di tanti produttori che si vedono pagare le uve pochi centesimi al quintale? Si stava scherzando?

 

Perché si dovrebbe gioire (se non siamo colui che vende il diritto ) di una cosa che porterà quasi sicuramente tanta uva non certo di alta qualità in più sul mercato, portando i prezzi ancora più verso il basso?

 

Qualcuno potrebbe eccepire dicendo che il grande e vero export del vino italiano è fatto soprattutto di bottiglie dal prezzo bassissimo e questi vigneti potrebbero servire per mantenere vivo e pimpante questo mercato…ma..scusate, chi esporta questi vini? Non certo il piccolo agricoltore, ma i grossi imbottigliatori come, appunto, Zonin.

 

Ora forse ho capito!!! Domenico Zonin gioiva forse perché questa misura porta acqua (pardon vino!) soprattutto al suo mulino e a quello di altri giganti del settore….ora forse ho capito…

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE