San Gimignano 2017: annata difficile ma la denominazione è in crescita3 min read

Da qualche tempo si sta assistendo alla rivalutazione della piovosa vendemmia 2014; mi domando se fra tre-quattro anni assisteremo anche a quella della calda, siccitosa (e spesso colpita da gelate primaverili) 2017.

Dico questo perché gli assaggi dei bianchi 2017  fatti fino ad ora, che hanno spaziato dall’Alto Adige all’Orvieto, dal Verdicchio dei castelli di Jesi al Custoza, passando anche dal territorio della Vernaccia di San Gimignano, ci hanno dato come comun denominatore dei vini abbastanza spesso scomposti cui manca un po’ di spinta o che invece ne hanno troppa e troppo acida.

Il tempo sicuramente smusserà alcuni spigoli ma l’idea che una vendemmia molto siccitosa abbia costretto a veri e propri salti mortali i produttori sembra oramai un dato di fatto.

Prendiamo San Gimignano, mediamente i vini si dividono tra un po’ troppo morbidi e troppo freschi: nel primo caso alcuni rasentano la piattezza, nel secondo si sentono acidità molto vive che avranno bisogno di tempo per amalgamarsi al vino.

Se proprio devo dirla tutta la vendemmia 2017 è il classico esempio di annata dove i bianchi dovrebbero uscire tutti dopo un anno! Lo so che è impossibile ma, specie per  la Vernaccia 2017, tra un anno  tante asperità acide sarebbero solo dei ricordi. Per quanto riguarda invece  il campo opposto , quello dove la freschezza latita… non credo si possa fare molto. Comunque a monte di tutto, per la vendemmia 2017 a San Gimignano, c’è la scelta del periodo vendemmiale: se hai vendemmiato alla fine di agosto o ai primi di settembre è probabile tu abbia vini ancora acidi e poco potenti, se hai vendemmiato verso il 15 di settembre forse sei andato troppo oltre e probabilmente non hai potuto fare molto per salvare la vendemmia.

Si è fatto molto invece per migliorare in generale la Vernaccia di San Gimignano e lo si nota benissimo quando si passa ai vini delle annate precedenti, siano essi  “selezioni”( il disciplinare ufficialmente non le prevede) o riserve.

Parliamo prima delle riserve che ci hanno veramente sorpreso per aver finalmente perso (non totalmente…) quella “dipendenza da legno” che le ha contraddistinte per anni. Molte delle riserve assaggiate, sia quelle giovanissime del 2016 che addirittura una “risalente” al 2008 hanno mostrato una struttura ed un corpo che il legno ha solo aiutato ad emergere, senza porre ostacoli anche alla parte olfattiva. Questo modo di intendere la riserva è sicuramente molto più moderno ma soprattutto più piacevole per il consumatore, che oramai non è più un seguace dei vini con tanto legno.

Per quanto riguarda le selezioni sostengo da anni che dovrebbero essere il reale futuro della denominazione: in particolare vini che escono come minimo un anno dopo e in questo lasso di tempo sono riusciti a svolgere molte delle loro reali potenzialità. Sono vini che dimostrano anche che non è fondamentale avere acidità altissime per fare un bianco, ma serve un PH abbastanza basso e soprattutto una certa “ruvida grassezza”.

Come potrete vedere i risultati generali degli assaggi hanno visto due vini superare i 90 punti e quasi 10 entrare tra i nostri vini top. In tempi in cui i 100/100 si sprecano, anche se siamo passati al punteggio in centesimi, non ce la siamo sentita di salire sul carro dei punteggi stellari, che oramai rischiano di arrivare a quelli universitari con 110 e magari la lode. I nostri sono punteggi sicuramente più bassi di tante altre guide, ma forse proprio per questo assumono particolare valore.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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