Rossi siciliani: Etna in grande spolvero, ma il nero d’avola dice comunque la sua2 min read

A prima vista questi assaggi in rosso possono sembrare una ripetizione di quelli relativi ai vini bianchi siciliani: Etna in primo piano e il resto  in posizioni di ripiego.

In realtà le cose stanno diversamente. Verissima  la conferma dell’Etna come zona non solo vocatissima, ma che sta piano piano prendendo coscienza di sé e soprattutto non cerca fughe in avanti verso vini meno territoriali ma più facili. Più facili non solo da fare ma da proporre, con maggiori rotondità, minori spigoli e magari con legni di classe ben dosati.

Qualcuno in realtà lo sta facendo, anche con buoni risultati, ma la stragrande maggioranza dei produttori presenza dei rossi per niente piacioni, dove il nerello mascalese, magari in compagnia del nerello cappuccio, porta a complesse ruvidezze che sfociano in concretezza, spesso abbinata  ad un’eleganza strutturale e  sempre e comunque affiancata al naso da una freschezza imperante.

L’Etna sta crescendo e sta facendo  gruppo, come accade a Milo, dove è stata creata una Cooperativa di Comunità per  mettere assieme tutte le forze attive del territorio che attorno al vino e al turismo cercano di crescere. Winesurf è socio di questa cooperativa e cercherà di raccontare quello che succederà in futuro ai piccoli produttori locali.

Torniamo all’Etna  “in toto” e notiamo come oramai la mano enologica sia precisa e corretta anche in cantine piccolissime.: non per niente i punteggi più alti li hanno ottenuti  soprattutto piccoli produttori.

Se tra i bianchi i vini dell’Etna erano “di un altro pianeta” tra i rossi la situazione è diversa, grazie soprattutto a due grandi vitigni autoctoni: nero d’avola e frappato. Specialmente il primo, anche se viene utilizzato oramai per tanti vini “modernamente semplici” mostra un’anima che lo porta ad essere chiaramente riconoscibile e godibile .

Quando poi si sposa al frappato nel Cerasuolo di Vittoria si arriva a blend dove la piacevolezza è di casa. Piacevoli ma non piacioni sono i Cerasuolo di Vittoria, come non sono certo ruffiani tanti nero d’avola  che hanno un nerbo ed una profondità al palato veramente notevole.

La stessa cosa non possiamo dirla  per  i vitigni alloctoni (merlot, syrah, cabernet sauvignon) che abbiamo trovato in diversi vini degustati. Non sono certo fatti male ma non hanno la spinta del nero d’avola e anzi, se messi in uvaggio con questo, spesso lo smorzano e lo rendono molto meno propositivo.

Dai nostri assaggi esce quindi un dato preciso: i vitigni rossi autoctoni, siano essi sull’Etna o nel resto dell’isola, sono la vera arma per un mercato di qualità. Sappiamo che la produzione Siciliana è molto altro e spesso è fatta di cisterne e di vini “esportati” verso altre cantine italiane, ma la certezza che la Sicilia sia viva e la sua viticoltura sia vigorosamente attiva e proba lo si constata bevendo, tra l’altro, un Etna Rosso o un Nero d’Avola di alto livello.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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