Rossi pugliesi: il giudizio è quasi “sospeso”, in attesa dei “ritardatari”5 min read

Una doverosa premessa: i nostri assaggi hanno toccato un buon numero di vini pugliesi ma sicuramente non così ampio come avremmo desiderato. Questo perché, per vari motivi, diversi produttori importanti e che di solito ottengono riconoscimenti nazionali e internazionali hanno preferito non rispondere alla nostra richiesta. Per questo, specie per quanto riguarda il negroamaro il quadro che ci siamo fatti non è certamente “onnicomprensivo”. Detto questo vogliamo precisare che tra i vini degustati ce ne sono molti di aziende di alto profilo ma non è detto (anzi è sicuro l’opposto!) che i metodi di degustazione e valutazione siano uguali da guida a guida. La nostra speranza è che l’anno prossimo si possa avere un numero di campioni molto più importante, in modo da rappresentare al meglio la variegata realtà dei rossi pugliesi.

Veniamo adesso ai risultati delle nostre degustazioni, suddivisi per vitigni.

Negroamaro IGT e DOC

Soprattutto Salento e Puglia IGT con qualche Salice Salentino a chiudere il cerchio, un “cerchio” che ci ha dato poche soddisfazioni. L’interpretazione del negroamaro in Puglia è oramai lasciata nelle mani delle singole cantine, che propongono vini dalle caratteristiche estremamente diverse tra loro. Il problema è che tra i vini giovani manca il frutto mentre tra quelli che puntano all’invecchiamento il legno è spesso surdimensionato. Per fortuna alcuni produttori tengono la barra dritta e propongono vini equilibrati anche nell’alcol, ma il panorama generale dei nostri assaggi è stato piuttosto deludente, anche perché su circa 50 campioni trovarne alcuni con problemi relativi al brett oggi non è più ammissibile.

Primitivo IGT

Anche se siamo tra gli IGT il quadro cambia e non poco: vini molto più equilibrati, più immediati, con un frutto ben presente e un discreto so del legno per l’invecchiamento. Qui abbiamo trovato il miglior vino dei nostri assaggi e una serie di prodotti di medio/buon livello ma sicuramente senza le problematiche tecniche dei Negroamaro.

Primitivo di Manduria DOC

Convincenti e di buon livello medio, vini di ottima concentrazione e in diversi casi con un uso del legno di ottimo profilo. La dimostrazione che una DOC magari non riesce completamente nel suo compito ma comunque crea un sostrato su cui, volenti o nolenti, i produttori si appoggiano. Tutto è migliorabile ma almeno siamo in presenza di vini che parlano la stessa lingua e, in molti casi la parlano pure bene.

Primitivo di Gioia del Colle

L’evoluzione dei Primitivo di Gioia del Colle è indubbiamente positiva ma può lasciare perplesso chi si ricorda questi vini 10 o 15 anni fa. Erano prodotti giocati su grandi profumi e su un eleganza che rendeva il primitivo quasi “soffice” pur nella sua spavalda alcolicità e pienezza. Oggi invece, pur essendo ottimi vini, ci troviamo di fronte a delle concentrazioni  che in qualche caso sembrano fini a se stesse, rendendo i vini monolitici e senza quel garbo che ne era la caratteristica principale. Inoltre l’uso del legno porta a acuire questa “evoluzione”. In definitiva quindi ottimi vini ma sempre meno diversi da diversi  Manduria e questo dovrebbe far suonare dei campanelli d’allarme.

Nero di Troia

Soddisfatti ma fino a un certo punto perché se da una parte troviamo vini giovani ben fatti, dove i “cupi” aromi del vitigno escono fuori molto bene, dall’altra alcune elaborazioni fatte per durare riescono solo a irrigidire la parte tannica e a rendere quasi inesistente quella aromatica. Certo, si potranno fare negli anni, ma la sensazione è che in qualche caso si esageri un po’.

In ultimo alcune considerazioni.

Da un certo punto di vista è facile trovare un comune denominatore che rende i vini pugliesi riconoscibili da lontano: sono le bottiglie pesanti, anzi inutilmente pesanti!

L’uso di queste bottiglie, che vanno dai 700 grammi a oltre il chilo è una vera iattura dal punto di vista ecologico perché sappiamo perfettamente che ogni grammo di vetro prodotto immette un grammo di anidride carbonica nell’aria, inoltre ci vogliamo mettere i maggiori consumi energetici (e quindi inquinanti) per trasportarle, stoccarle, riciclarle?

Ma la cosa peggiore è che qualche produttore comincia a scambiare il ruolo del contenitore con il contenuto, dando molta più importanza al packaging che al vino all’interno della bottiglia. Non si spiegano in altro modo i risultati veramente di basso profilo di tanti vini, muniti però della “regolamentare” bottiglia ipertrofica.

Se si considera inoltre che molte aziende dichiarate biologiche usano anch’esse bottiglie pesanti, rendendo praticamente inutile il loro lavoro in vigna e in cantina la situazione in Puglia delle bottiglie farebbe veramente ridere se non ci fosse da piangere.

Tornando ai vini dalle nostre degustazioni esce un quadro di luci ed ombre, con alcune situazioni ormai croniche. Non ce la sentiamo di aderire al coro, spesso entusiastico, del” tutto va bene” e per campanilismo lodare a prescindere. Non faremmo bene il nostro lavoro. Questo non vuol dire essere pessimisti o disfattisti, ma essere realisti questo sì. Lo dobbiamo a chi ci legge e ci segue. Se la tendenza generale è quella che si evidenzia dalle nostre degustazione occorre anche dire che ci sono produttori di qualità che tengono alto il prestigio della regione. Ma ancora troppo pochi per fare la differenza. In ultimo va anche segnalato che le ultime tre annate, che una volta avremmo definite anomale ma con cui dovremmo probabilmente fare i conti anche in futuro, non hanno certo aiutato.

Tutto questo, come detto all’inizio, in attesa di una degustazione maggiormente esaustiva, che riesca a fare luce completa sulle varie declinazioni dei rossi pugliesi

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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