Rossi della Sardegna: Mamoiada docet, ma attenti al bovale!4 min read

Prima di iniziare a parlare dei rossi sardi dobbiamo dire grazie al nostro Gianpaolo Giacomelli che quest’anno si è accollato l’impresa di telefonare, spedire mail, tampinare tutte le cantine sarde per raccogliere i campioni. Quello di contattare le aziende, vi garantiamo, è un lavoro stressante e spesso adatto per mettere alla prova la pazienza dei santi. Quest’anno Gianpaolo ha avuto la pazienza di 100 santi e così sono arrivati oltre 100 campioni di rossi sardi.

Così abbiamo potuto capire meglio quello che sta succedendo (soprattutto di bello) in quella meravigliosa terra. Per vostra informazione abbiamo diviso la degustazione in due parti: in una abbiamo trattato solo i Cannonau in purezza, nell’altra tutte le altre uve a bacca rossa, in purezza o in uvaggio.

Partiamo dal secondo blocco e dal vitigno che crediamo lo rappresenti di più, il Bovale. Mai come quest’anno abbiamo trovato i vini a base bovale (leggi mandrolisai) o bovale in purezza, netti e precisi, senza alcolicità in eccesso o uso di legni molto stagionati. Per assurdo abbiamo trovato l’opposto cioè utilizzo sbagliato di legni nuovi, segno che certe mode sono come certi amori in una famosa canzone di Venditti, cioè “fanno dei giri immensi e poi ritornano”. A parte questo fatto, che ha toccato pochi campioni, la mano tecnica e sicuramente migliorata, pur mantenendo spesso le eleganti caratteristiche del vitigno. Vitigno che ha prodotto vini molto ben fatti, equilibrati e di ottime possibilità di invecchiamento: insomma, il bovale ci ha convinto in pieno.

Carignano

Anche il Carignano ci ha convinto e ci convincerebbe di più se ne venisse piantato di più: invece il vitigno sta piano piano scomparendo e con esso un patrimonio di storia e tradizioni.

Sul fronte dei vitigni internazionali che dire? “Per fortuna” ne abbiamo degustati pochi e speriamo questo sia il segno d una inversione di tendenza che vede ritornare verso i vitigni autoctoni sardi.

Ma i nostri assaggi non sono stati tutti rose e fiori: da una parte vi sono sempre dei produttori che non hanno capito che il mondo è cambiato e continuano a proporre vini antichi, sfibrati dall’alcol, pesanti  e spesso anche difettati, dall’altra la voglia di modernità può giocare brutti scherzi.

Veniamo adesso al vitigno rosso principe della Sardegna, il cannonau, e anche qui dobbiamo dividere la degustazione in due parti: i Cannonau di Mamoiada e quelli del resto dell’isola.

Indubbiamente i secondi sono di ottimo livello e sono anche molto più eleganti e complessi rispetto a pochi anni fa, quando trovavamo ancora alcolicità in eccesso o, all’opposto, legni giocati alla “viva il parroco”. E’ chiaramente tutta la Sardegna enoica che sta crescendo, tra l’altro proponendo sempre meno “scimmiottature” internazionali, pur mettendo in campo vini pulitissimi, giustamente tannici e mai eccessivi, in qualche caso addirittura con tannini setosi .

Tutti questi miglioramenti però non possono non lasciare il ruolo di capofila dei grandi Cannonau a Mamoiada. Ogni anno in questa terra baciata dal dio Bacco, spuntano sorprese di assoluto valore che vanno ad affiancare i nomi che già tutti conosciamo. Quest’anno in particolare alcuni produttori mai assaggiati prima ci hanno lasciato a bocca aperta per quell’insieme tra componenti aromatiche intense e fresca, vibrante potenza al palato.

sardegna Vigne a Mamoiada

Parlando dell’Etna toccavamo il concetto di unicità: qui quel concetto si sublima, sposando anche la qualità percepibile. In un paragone pittorico potremmo dire che se il Cannonau sardo in generale può essere paragonato agli espressionisti francesi, a Mamoiada troviamo gli Henri Rousseau e i Ligabue dell’arte enoica, con vini che sono pennellate di bellezza, di profondità, concretezza, potenza e finezza assieme e, last but not least, di bontà.

Nei nostri assaggi, tra i ben 10 Vini Top, troverete sicuramente qualcosa che vi farà sobbalzare sulla sedia. Ma anche tra i Cannonau, i Bovale, i Carignano che non hanno raggiunto i massimi punteggi  ci sono grandi esempi di quello che può dare, oggi, la Sardegna.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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