Quando il “prosecco” viene prodotto tra i canguri1 min read

Bevi bene e bevi sano/ col prosecco australiano/Se la ciucca vuoi che duri/vino fatto tra i canguri.

 

Questi versacci da me composti al momento vogliono celebrare la “proseccheide” cioè la storia a base di presunto prosecco prodotto e venduto in Australia (solo lì?) e con cui la nostra inviata nell’altro emisfero, Cristina Di Domizio, si è incontrata più volte.

 

A ristorante prima, poi in enoteca e naturalmente al supermercato.

 

Pare che in Australia sia tutto un fiorire di prosecco che di prosecco ha poco più del nome: in molti casi è fatto con la Glera (anche se non riportato in etichetta, ma è comunque uno dei motivi addotti dagli australiani per poterlo chiamare Prosecco) e magari, come potete vedere dalle foto, basa il suo brand su termini e immagini che riportano immediatamente all’Italia.

 

Tra l’altro non costa nemmeno poco, perché al supermercato si va dai 15 ai 20 dollari australiani che vuol dire dai 10 a 13 euro.

 

Forse, più che puntare ad arrivare ad un miliardo di bottiglie, sarebbe meglio se si difendesse il Prosecco  da contraffazioni come queste.  Oramai il Prosecco è un vino-marchio e dovremmo fare di tutto per non vederselo scippato a destra e a manca.

 

Spero che i consorzi di tutela, gli enti preposti e il governo italiano stesso si stiano muovendo per evitare che il finto prosecco australiano diventi un reale problema per il vero Prosecco (DOC e DOCG)  italiano.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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