Quando Bovale fa rima con Pala5 min read

E l’occasione ghiotta per approfondire la conoscenza su uno dei vitigni emergenti sardi arrivò: un invito dalla cantina Pala, a Serdiana, per fare il punto sui loro vini, ma principalmente sul Bovale, su cui la cantina sta puntando molto per i suoi rossi importanti. Soprattutto anche perché la famiglia Pala è stata la prima a imbottigliare in purezza il Bovale in Sardegna.

Vale la pena ricordare che la Sardegna, diversamente da quanto sta accadendo nel resto d’Italia, sta mostrando grande vivacità enoica nel miglioramento organolettico dei vini da bacca rossa. Se tra i bianchi il Vermentino pare non abbia nessun competitor valido al momento, tra i rossi il Cannonau è sempre più assediato da un numero crescente di vitigni che le cantine stanno costantemente migliorando, anno dopo anno. Monica, Carignano, Nieddera, Bovale, Cagnulari e Pascale, sono quelli più conosciuti, ma altri stanno arrivando, tutti interessanti e tutti autoctoni. È prevedibile che nei prossimi anni questi vitigni daranno (e già lo fanno) grandi soddisfazioni al winelover curioso

Mario Pala nelle vigne di Serdiana

Pala

La cantina ha radici che affondano nei primi anni cinquanta del secolo scorso e nel tempo ha avuto il classico modello di sviluppo di centinaia di cantine di qualità italiane.

Salvatore Pala fonda la cantina e all’inizio la vendita è esclusivamente di sfuso. La generazione successiva, con Mario Pala, negli anni 1980 – 1990 migliora tecnologicamente le strutture e diversifica i vitigni, cominciando a imbottigliare.  La terza generazione, con Maria Antonietta, Massimiliano ed Elisabetta, migliorerà ulteriormente il percorso evolutivo e accompagnerà la cantina sui mercati internazionali.

Ci troviamo a Serdiana, uno dei distretti vinicoli sardi di maggior vivacità: Mario Pala ci aspetta in cantina per accompagnarci a vedere le vigne: circa cento ettari (per 600.000 bottiglie circa), quasi tutti sul territorio comunale, tutti di proprietà o gestiti direttamente dalla cantina. Vigne che nel tempo la famiglia ha riorganizzato cercando di dividerle per vitigno e dando ad ogni vitigno la sua localizzazione migliore.

Il Bovale però non è solo in questa zona, i Pala lo coltivano anche in cinque ettari di vigne nel Terralbese, a nord, al confine tra la provincia di Oristano e di Cagliari.  Qua le vigne (tre appezzamenti) si trovano a 4 km dal mare, in fondo alle pendici del monte Arci, all’altezza media di 11 metri, su sabbie profondissime e quasi tutte su piede franco.

Il Bovale

Storicamente veniva usato come uva da taglio: le sue alcolicità e acidità erano adatte ad arricchire altri vini magari da vitigni più nobili ma non altrettanto generosi. Negli ultimi 10 anni si sono affacciate sulla scena sarda vini da Bovale in purezza a testimonianza che le cantine credono nel potenziale qualitativo del vitigno.

Assaggiarli da Pala è stato illuminante perché mi ha confermato quello che la teoria insegna sul luogo migliore dove crescerlo: infatti la cantina ha le migliori vigne di Bovale su un terreno sabbioso, piantate ad alberello classico sardo, dove i grappoli si trovano a 10 cm dalla sabbia. Non è una pianta generosa, con i suoi 500 – 700 grammi a ceppo, ma è molto longeva:  la media di queste vigne è circa 80 anni, naturalmente a piede franco.

Ama il caldo e soffre l’oidio. Classicamente i contadini della zona aspettavano troppo a staccare le uve, il calore diretto ma soprattutto quello della sabbia arrivava ad appassire le uve prima che esse fossero raccolte,  il risultato era un vino scontroso con un grande alcool (16°), difficile da bere anche per il tannino importante che possiede,  amplificato dall’acidità.

I Pala negli ultimi anni hanno cominciato a vendemmiare prima della surmaturazione, per preservare un’eleganza inaspettata e garantirne un’evoluzione nel tempo bilanciata e godibile.

In cantina, se si è vendemmiato nel momento giusto, il Bovale si lascia vinificare docilmente non mostrando criticità particolari.

Molto interessante è stato il confronto tra Bovale piantato nelle sue condizioni ideali ( Terralbese) e quello piantato a Serdiana: le differenze sono notevoli, sembrano due vini diversi e il primo si mostra come un vino risolto, elegante, bilanciato e di grandissima struttura. Il secondo debole e scontroso.

Vecchia vite ad alberello

La Degustazione

La cantina produce molti vini di livello, in molte delle declinazioni isolane: Vermentino, Nuragus, Carignano, Monica, Cannonau, Nasco etc ; ne abbiamo assaggiati molti durante la visita, ma il mio focus è rimasto sul Bovale.

  • Isola dei Nuraghi IGT Thesys 2019. 100% Bovale, (un tempo con 20% di Syrah, spiantato da qualche anno) . Mi è piaciuto per il suo carattere un po’ vegetale al naso, comunque fine; palato molto tecnico con un tannino controllato e setoso anche se in evidenza. Vino scalpitante che fa intuire l’irrequietezza del vitigno.

 

  • Isola dei Nuraghi IGT Essentija 2015. Bella prugna in evidenza al naso. Malgrado una trama tannica esuberante, ma sana e ferma, il vino si svela elegantissimo e dal buon potenziale di longevità. Le uve arrivano da selezione massale. Di questo vino abbiamo assaggiato anche le annate 2011, 2009 e 2006 che si sono rivelate tutte piacevolmente bevibili, a riconferma del suo potenziale.

 

Della stessa cantina mi preme  citare anche questi altri vini.

 

Isola dei Nuraghi IGT Tanca S’Arai 2019. Da uve Cannonau 40%, Carignano 30% e Bovale 30%, il vino che raccoglie i tre vitigni simbolo della cantina.  Naso con note eleganti di frutta rossa, intenso e pulito;

potente, lungo e piacevole con una trama tannica ferma che accompagna gentilmente la beva gentilmente.

 

Cannonau di Sardegna Riserva 2019. Le note eleganti di rosa e spezia invogliano alla beva, palato bilanciatissimo: un cannonau moderno che punta sulla beva più che sulla potenza.

In generale i rossi hanno testimoniato e confermato il cambio di passo che sta avvenendo in cantina: i vini potenti e pesanti stanno lasciando il posto a vini più di ricerca, per palati più esigenti. Vini che giocano più le loro carte sulla croccantezza che sul volume. Ed è anche quello che in generale sta accadendo ai vini sardi in questi anni.

Lascio l’isola con un po’ di rammarico,  per non aver avuto la possibilità di immergermi nei suoi colori, visto il tempo inclemente che ci ha perseguitato, ma con la felicità di aver visitato una delle cantine portabandiera dei vini sardi nel mondo e la convinzione di unirmi a coloro che fanno del Bovale, probabilmente, il vitigno rosso più importante che l’isola possiede.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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