Non è facile inquadrare una cantina come il Podere la Casa Rossa della famiglia Chiti. Uno potrebbe definirla una nuova cantina, ma non lo è perché produce, imbottiglia e vende Vernaccia di San Gimignano da quasi cinquant’anni, quando a San Gimignano lo facevano in pochi. Allora potremmo usare il termine “una scoperta” ma come si fa, oggi, a “scoprire” un’azienda che si trova ad un chilometro da San Gimignano e ogni anno sforna 120.000 bottiglie?
Potremmo provare con un termine desueto come “all’antica” ma due cantine climatizzate piene di barrique stanno a dimostrare il contrario. Potremmo allora, all’opposto, definirla “moderna” ma bastano cinque minuti in compagnia di Alessandro Chiti, il titolare, per capire che il termine moderno è quanto di più lontano dal suo modo di fare. Per capire quanto Alessandro non sia “moderno”, che ormai vuol dire social, provate a mettere il suo nome su internet: non troverete neanche una sua fotografia e solo pochissime delle bottiglie: forse una sola della Casa Rossa che dà il nome al podere, nessuna della cantina, nessuna relativa a degustazioni o eventi.

A dare il colpo di grazia alla modernità c’è poi il fatto che la cantina di fermentazione, quella con vasche in acciaio termocondizionate è “en plein air”, cioè all’aperto. Alessandro dice che è impossibile avere permessi per costruire dal Comune di San Gimignano ma io credo che a lui, che punta alla sostanza delle cose, basti e avanzi così com’è. Del resto, assaggiando i vini come dargli torto?
Alla fine, mancando definizioni bisogna ammettere che quello della famiglia Chiti è proprio un mondo a parte nonchè un modo a parte di fare vino (buono!). L’ho scoperto perché quest’anno, per la prima volta, ci hanno inviato i vini per gli assaggi della guida: una Vernaccia di San Gimignano 2021 e una Riserva 2018.
La Vernaccia 2021 è risultata la migliore del nostro assaggio e la Riserva c’è andata vicina. Ma la cosa che ci ha più sorpreso è che si tratta di annate che ormai quasi nessun produttore locale ha in cantina, mentre per loro sono vini freschi, anche se imbottigliati da un annetto perché “hanno bisogno di bottiglia per affinarsi”.
Il bello è che hanno ragione loro! Sono due vini assolutamente giovani ma con armonie antiche, con aromi fini, per niente “forzati” in cantina, a cui è stato lasciato il tempo di maturare e di dimostrare la forza che ha questo vitigno. Sono infatti Vernaccia che colpiscono prima al palato e poi al naso, che hanno una sostanziosa pienezza maritata a giusta freschezza. Bisogna lasciarle aperte un po’ e magari non proprio al freddo per farle esprimere il meglio.

In un mondo dove si punta molto sulle sensazioni aromatiche cercando di esaltarle ad ogni costo, le loro Vernaccia si evidenziano al naso senza eccedere, proponendo quello che il vitigno ha sempre messo in campo: florealità ampia e ben definita, affiancata a leggere note speziate.
Mentre le Vernaccia si aprono nel bicchiere (ma non è che ci voglia così tanto tempo, basta un minuto!) uno può fare un giro nelle vigne con Alessandro: vigne che hanno anche più di 50 anni (le ultime sono del 1986), portate avanti con forme d’allevamento che vanno dal capovolto toscano al Sylvoz modificato, tanto per ribadire che qui si fanno le cose col “metodo Chiti”.
A proposito di “metodo Chiti”, accanto alle due Vernaccia troverete anche un Chianti (ripeto Chianti!) del 2017 e una Riserva Chianti Colli Senesi del 2016 appena entrati in commercio. A questo punto voi penserete che loro il vino non riescono a venderlo e nella migliore delle ipotesi gli invecchia in bottiglia, ma basta però assaggiare una delle ultimissime bottiglie rimaste in cantina di Chianti (ripeto Chianti!) 2016 di una tannicità viva e succosa, ancora giovane e vibrante, per capire che “il metodo Chiti” ti lascia a bocca aperta e con tutta una serie di idee/luoghi comuni sul come fare vino da rivedere.
Per esempio gli chiedi se, mettendo in commercio annate così indietro nel tempo non abbia qualche bottiglia molto più vecchia da provare e Alessandro ti risponde papale papale di no, che il vino lo vende tutto e forse si è tenuto due bottiglie in casa, ma non è detto. Allora gli domandi se ha qualcosa di più giovane imbottigliato da poco e lui ti risponde di si, ma non te lo fa assaggiare perché il vino va assaggiato quando lui decide che è pronto. Lui (assieme al figlio) è naturalmente operaio/cantiniere/enologo e ammette di non appoggiarsi a nessun enologo più o meno di grido, ma di basarsi su antichi insegnamenti e su tanta esperienza.

Insomma, se qualcuno alla fine di questo articolo dicesse che ho presentato in maniera piuttosto confusa la cantina avrebbe ragione, perché anche io assaggiando i vini e rimanendo sorpreso della grande qualità che non ti aspetteresti “a occhio”, quando sono uscito avevo le idee talmente confuse che ho creduto giusto riportarle su carta con la stessa incertezza, che si porta però dietro certezze operative chiare, sicure.
Ultimo esempio per rendervi ancora più caotico il quadro. Mi fanno assaggiare il loro bianco IGT che si chiama Melandre: malvasia 80% e il resto chardonnay (in legno) del 2018, ma messo in commercio adesso. Prima di metterlo nel bicchiere penso che, vista la mia antipatia per questa tipologia, finalmente troverò un vino su cui poter ridire. Lo metto sotto il naso e trovo un’aromaticità floreale giovanissima e intensa, quella di una malvasia nata da pochi mesi non da sei anni! Aromi finissimi e complessi, corpo equilibrato, legno non pervenuto, bocca lunga e succosa. Il “metodo Chiti” ha colpito ancora.
Insomma, se volete ricredervi su tante idee enoiche che sembrano scolpite nella roccia fate un salto nell’azienda forse più nascosta e “anticamente moderna” della Toscana: tornerete a casa con tante certezze in meno, con tanti sani dubbi in più e con, soprattutto, vini di alto profilo.
Podere La Casa Rossa
Loc. Monteoliveto 14, 53037 San Gimignano (SI)
Tel. 0577.941140
www.poderelacasarossa.it
poderelacasarossa@libero.it
biliotti.lacasarossa@gmail.com