Piaccio ancora alle donne, ovvero i rimpianti di Meleta3 min read

Ormai è consolidato: piaccio ancora alle donne! Prova ne sia che i migliori e più assidui commenti ai miei articoli vengono proprio da loro.

Mi riferisco a Nelle Nuvole, a Viviana a La Capinera. Sono loro che dimostrano di apprezzare quello che scrivo, ma non solo. A me pare che loro capiscano anche quello che non ho espressamente detto, e questo è ciò che più mi fa piacere.

Per questo ho deciso di fare uno scherzo  al Macchi che dopo quattro lunghe puntate su Meleta deve aver tirato un sospiro di sollievo. “Non se ne poteva più”, forse ha pensato. Di sicuro non mi avrebbe richiesto di scrivere ancora sullo stesso  argomento.

Allora rimedio io: scrivo queste considerazioni finali a tutta la vicenda, che vogliono essere anche l’espressione dei miei  sentimenti per una cosa che mi ha impegnato profondamente per una quindicina di anni e che giudico una delle più belle esperienze della mia vita.

Ammetto di non aver scritto tutto fin nei minimi particolari, ma evidentemente abbastanza per capire tutto il bello e tutto il brutto di questa storia. In effetti la verità avrebbe tinte anche più forti, sia nel bene che nel male (soprattutto nel male), ma non ho voluto dare tinte più fosche alla  fase a cui qualcuno oggi non può più rispondere e controbattere.

Il rammarico vero ed enorme non è solo per me, che alla fine mi sono ritrovato a 54 anni in mezzo ad una strada, ma anche e soprattutto per le professionalità perse di quella ventina di persone e più che erano arrivate ad avere un preparazione ai più alti livelli immaginabili.

Elvio, il capo operaio che sovraintendeva a tutto e a tutti, sia nell’allevamento sia nella macellazione, sia nella spedizione. Leonardo suo vice e specializzato nei lavori più tecnici e delicati come la cura con la fitoterapia prima e con l’omeopatia dopo.

Tutti i ragazzi che lavoravano nelle varie fasi, anche loro addetti sia all’allevamento che alla macellazione: da Venio (il Banana) a Ledo, da Claudio ad Emanuele, ad Alessandro. 

Ma anche e soprattutto le meravigliose donne che lavoravano a Meleta: Gioia, Eugenia, Marcella, Beatrice, Luciana, e  Irma. Alcune di loro, solo le più brave, all’inizio della linea di macellazione con in mano un micro bisturi, intervenivano per recidere la giugulare  ad ogni piccione: un lavoro estremamente  delicato,  preciso e difficile, – sicuramente il più difficile di tutti – che nessun uomo è mai riuscito ad eseguire come loro.

Tutte le altre rifinivano poi a mano ogni piccione togliendo fino alla più piccola penna o cacchione che poteva essere rimasto sul piccione, dopo che aveva percorso l’intero tragitto di macellazione, fino alla spiumatura e all’eviscerazione. 
I piccioni dovevano partire perfetti, e perfetti partivano. Un controllo qualità all’uscita del tunnel di raffreddamento era pronto ad intervenire ad ogni accenno di imperfezione.  

Quante  professionalità partite da zero e arrivate a livelli inimmaginabili!

Ed il riscontro era poi nella clientela che sapeva riconoscere ed apprezzare non solo la qualità delle carni, ma anche la cura e la finitura perfetta dei piccioni.

Una volta chiuso questo mezzo miracolo, venuto via da Meleta, i più assidui e affezionati clienti da tutta Italia hanno continuato a cercare i nostri piccioni telefonandomi a casa per sapere dove avrebbero potuto trovare qualcosa di simile. 

Tutti facevano inevitabilmente la domanda: “Ma qual’era il segreto dei piccioni di Meleta?” Ora lo sanno.

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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0 responses to “Piaccio ancora alle donne, ovvero i rimpianti di Meleta3 min read

  1. Quale donna non apprezza una persona come te?

    Con i tuoi dettagliati racconti, le tue sapienti osservazioni, la tua eleganza nello scrivere, la tua sincerita’ e la tua spontaneita’ accompagnate da una fine intelligenza, credo che qualsiasi persona ne possa rimanere affascinata!!
    Il capitolo “Meleta” si e’ quindi concluso ma avrai avuto modo con la tua esperienza sicuramente di aprirne altri.
    Attendiamo con paziente desiderio di leggerti nuovamente!

  2. Voglio qui esternare tutta la mia livida gelosia nei riguardi del Tonini. Non solo mi tempesta di scritti sui piccioni senza farmene assaggiare uno che sia uno ma riesce anche a webbeccare (cioè a raccattare consensi femminili via internet) mentre io, che sono anni che mi danno per questo giornale ricevo, a mala pena, le congratulazioni di uomini, spesso brutti ed in là  con gli anni. Non è giusto!!!

  3. le donne hanno nelle mani una delicatezza e una precisione innata, forse dovuta alla cura nei figli quando sono piccoli, mani che devono trasmettere sicurezza, ma senza durezza, le mani delle donne sono più abituate ad accarezzare, le mani delle donne sono abituate ai lavori di presisione come il cucito o l’uncinetto e le donne fanno con più amore ciò che fanno

  4. volevo aggiungere per il Macchi…ma te ce l’hai una foto che ti ritrae con lo sguardo assassino, come piace alle donne, come quella che ritrae il Tonini? Noo? E allora di che ti lamenti

  5. Mi associo al Macchi: parli di piccioni (e di altro ancora) e non ci fai assaggiare niente. E’ logico che piaci alle donne, loro sono sempre dietro alla bilancia e quindi non hanno le nostre esigenze.
    E poi non è vero, Rosetta, che ha uno sguardo assassino, solo è stato fotografato da un professionista, ci sono top model che in foto sembrano chissà  chi e dal vero, beh lasciamo perdere.
    Comunque Roberto, in questo blog, e nell’altro che frequentiamo, sei forte con tutti i tuoi ricordi

  6. Le donne, è noto, hanno una spiccata sensibilità  che permette loro di cogliere aspetti che spesso sfuggono agli uomini, più concreti e razionali .
    Dal racconto di Roberto mi pare emerga quel rimpianto che di solito accompagna la fine di un’esperienza a cui tanto si è tenuto .
    Più che la preoccupazione di trovarsi senza un impiego a cinquantaquattro anni e di doversi riproporre nel mondo del lavoro con tutte le inevitabili ansie legate all’incertezza del futuro , a me sembra che il sentimento più profondo del nostro autore sia quello delle delusione .
    Delusione per la fine di un progetto partito da nulla , condotto con amore ed entusiasmo, perseguito con la passione di chi crede in quel che fa e accompagnato dalla soddisfazione dei risultati .
    Roberto avrà  avuto bisogno del tempo per riprendersi dallo sconforto , poi, una volta metabolizzato il dispiacere , facendo ricorso alle sue infinite risorse, avrà  trovato le soluzioni per ripartire, con nuovo entusiasmo , convinto che tutto ciò che si è fatto nella vita rimane come bagaglio importante a cui attingere anche per le esperienze future .

  7. …ma io sono di parte…..l’ho sempre pensato che me lo sarei sposato da giovane il mi’ babbo..!!ahahah!!(anche se non è semplice convivere con un carattere forte come il suo) bacio!!

  8. Se provo a farmi fotografare con lo sguardo assassino nella migliore delle ipotesi vengo fuori con lo sguardo da ladruncolo, quindi lasciamo perdere e diamo al Tonini quel che è del Tonini.

  9. Come al solito arrivo in ritardo, ma spero comunque che il mio commento venga letto sia dal Tonini che dal Macchi.

    Prima di tutto, cos’é sta’ storia dei 54 anni presentati come simbolo di vecchiaia, decrepitudine ed incapacità  di ricominciare? In un uomo poi! Allora la sottoscritta si dovrà  suicidare fra circa sei mesi quando approderà  al numero incriminato, con l’aggravante di essere femmina e quindi scaduta come il latte da decenni!
    Non ci penso manco un po’ , prima almeno devo incontrare Maniglione e rassicurarlo sulle sua capacità  seduttive, soprattutto se cambia stile di maglietta.
    Quanto a Roberto Tonini, con il suo talento potrebbe scrivere anche dei Mac burgers che lo seguirei appasionatamente lo stesso.
    La capacità  di usare le parole per evocare qualcosa che non abbiamo conosciuto personalmente si affina con gli anni, ma bisogna averla dalla nascita e Lei, caro Tonini, ci nacque.
    In mezzo ai suoi travagli professionali, che spero si risolvano presto, trovi ancora il tempo per deliziarci, grazie.

  10. Leggo tutto e rifiorisco. L’importante è comunque che il granocchiaio continui a deliziarci, tertium (anche secundum) non datur

  11. A proposito di magliette, cara Nellenuvole, Le svelerò un segreto. Uso magliette da giovinastro intamarrato per edulcorare e diluire il mio enorme fascino.Altrimenti la fila sarebbe molto più lunga di quella dietro al pifferaio di Hamelin. Almeno credo..

  12. Innanzitutto carissima Nelle Nuvole per quello che lei dice di me pole arrivà  anche dopo i fochi: io sarò sempre li ad aspettarla.

    Beh forse quella dei 54 anni me la potevo anche risparmiare. Però. Però lei non ci crederà  ma le offerte di lavoro che ho trovato dopo Meleta le ho perse tutte per eccesso di referenze. Quando ho capito come funzionava il giochino, e cioè si accontentavano anche di meno, avevo perso già  diversi treni. Nel frattempo mi ero messo a dipingere murales sulla casa mia e avevo iniziato a scrivere come mi aveva sempre stimolato mia figlia. I murales ”“ bellissimi ”“ me li hanno ricoperti tutti quando la seconda figlia si è sposata e ha voluto una casa tutta linda e tutta bella. Scrivere ho scritto perfino un libro, ma sono ancora qui a scegliere le foto da mettere, e poi uscirà . Spero. Io mi sono impelagato in millanta mestieri, quasi tutti graditi. Quei 54 li ho passati da oltre un decennio, ho fatto qualche pit stop per motore e carrozzeria e ora faccio i tagliandi un po’ più di frequente. Tuttavia se le giornate fossero di 36 ore mi mancherebbe sempre un po’ di tempo per fare quello che vorrei fare, oltre a tutto quello che già  faccio.
    Grazie a lei.

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