Perché il sughero ci salverà10 min read

Ho frequentato recentemente un master in sugherologia, anzi in corkology come direbbero gli esperti in  comunicazione. Vero è che il neologismo di suono internazionale in questo caso si addice: il luogo era il Portogallo, inglese la lingua ufficiale, l’ospite Cork Supply cioè un’azienda che vende globalmente. E noi eravamo gli alunni da sei paesi diversi, convenuti nell’Alentejo giusto a sud di Lisbona, in quell’ecosistema chiamato Montado dov’è l’origine della materia prima. Da qui in direzione sud si estende la maggior parte della sughereta mondiale.

Foto Jorge Simão

La tarda primavera marca l’inizio della raccolta del sughero, perchè il caldo secco facilita il distacco della corteccia dal tronco del quercus suber, una quercia sempreverde molto particolare. Questa corteccia sviluppa uno spessore importante di materiale straordinario, leggero ed elastico, isolante termo-acustico, ignifugo e anche ben riciclabile. Viene sfruttato per i nostri tappi ma pure nell’edilizia come per altri oggetti di tutti i tipi, dai galleggianti alle ciabatte.

Appena arrivato nel Montado mi è parso di essere in un bosco di lecci, tanto simili sono lo sviluppo dell’albero, il colore e la forma delle foglie. Parlare di sesto d’impianto ha poco senso, dato che lo spazio non sembra mancare e comunque gli alberi sono stati piantati in media un bel pò di tempo fa, apparentemente senza un disegno preciso. Del resto un esemplare può vivere per un paio di  secoli, anche se per il primo taglio, detto demaschiatura, bisogna aspettare venticinque anni, e la maturità adatta ai tappi (“amadia“) viene raggiunta ancora dopo.

Le pendenze sono in generale modeste, il che contiene i costi di gestione. Quasi niente sottobosco, la sensazione di aridità è schiacciante. Anche il calore può esserlo, e le squadre di raccoglitori si spostano con borse frigo al seguito. Passano da un albero all’altro seguendo l’età delle cortecce. Dopo il taglio qualcuno s’incarica di marcare con un numero l’esemplare decorticato: 9 sta per 2019, in pratica vuol dire “Tagliare di nuovo qui nel 2028”, che nove anni è quanto occorre per ottenere la ricrescita di uno spessore soddisfacente.

Dopo l’intervento umano anche il colore del tronco cambia, un vivo “color sughero” indica taglio recente, un marrone scuro taglio più vecchio. L’aspetto naturale rimane solo sui rami superiori e più piccoli, non utilizzati. Cork Supply non è proprietaria delle piantagioni, ma ne aiuta la gestione: il Montado è un ecosisitema complesso che richiede molta attenzione e perizia, ma può rivelarsi molto duttile proprio in fase di riscaldamento globale perchè in grado di resistere bene a calore e siccità. Attualmente il Portogallo ha le maggiori estensioni (circa il 50% della produzione mondiale), seguito dalla Spagna e in misura molto minore da Tunisia, Marocco, Algeria, Francia e al 3% circa Italia (che poi in sostanza significa Sardegna, anche se nella Toscana che conosco c’è ad esempio un paese chiamato non a caso Suvereto).

Foto Jorge Simão

Dal Montado abbiamo seguito i camion carichi verso la prima destinazione, l’impianto di Montijo dove avviene la stagionatura all’aperto: anche il sughero è legno, e c’è bisogno di tempo per plasmare il materiale. Devono passare al minimo sei mesi, poi si comincia con un bel bagno bollente: siamo passati nel locale attraversando una nuvola di vapore profumato, dove il profumo era quello del legno caldo e umido. Un profumo fantastico, devo dire. Intanto il sughero si è espanso ed è stato sterilizzato.

Il passaggio successivo è determinante perchè si tratta di selezionare i pezzi di corteccia in base a dimensioni e qualità, pensando alla successiva perforazione con fustellatrice per ricavarne i tappi migliori, definiti “naturali”. Quello che rimane prenderà altre destinazioni, enologiche o anche no. Qui valgono gli occhi e le mani di tanti operai specializzati, che ci hanno fatto anche giocare al tagliatore, gioco devo dire tutt’altro che semplice.

Foto Jorge Simão

Nella seconda giornata abbiamo viaggiato in direzione Porto verso gli stabilimenti di Cork Supply, proprio come fa il materiale. Qui si ottengono finalmente i pezzi da bottiglia di prima scelta, ma rimane ancora da fargli un po’ di maquillage per rendere i tappi naturali più sexy lisciandone la superficie e riempiendo eventuali piccole fessure (con polvere di sughero). A questo punto uno potrebbe pensare che questi benedetti tappi vadano agli imbottigliatori, ma no c’è un’altra fase, forse la più importante per il risultato finale, che ci ha sorpreso per le tante risorse dedicate: il controllo qualità.

Già perchè finora non avevamo ancora incontrato TCA & co. eppure sono loro il nemico in agguato! Dunque Cork Supply schiera un esercito: ci sono gli annusatori/trici, le spie chimiche e come nelle guerre moderne perfino i robot, nella veste di gascromatografi. Ha colpito noi che ci consideriamo bravi assaggiatori vedere un battaglione di esperti, selezionati e allenati, che adopera il naso per scartare quello che non convince, sniffando un tappo per volta e facendolo saltuariamente rivedibile-riannusabile. Solo nel settore controllo qualità e ricerca a Cork Supply sono impiegate attualmente più di cinquecento persone, circa il 16% del totale.

Foto Jorge Simão

Intanto in qualità di allievi siamo stati messi di fronte a una batteria di nove bicchieri contenenti una miscela acqua-alcol in proporzioni enologiche, addizionata di opportune dosi di difetti olfattivi dichiaratamente correlati al sughero, uno per bicchiere. Anche per noi uso del solo olfatto con tanto di coperchietto sul bicchiere, mi sembrava di essere di nuovo al corso assaggiatori di panel test per l’olio d’oliva. Valutazione non facile, ma molto istruttiva.

Nell’occasione abbiamo fatto esperienza che il TCA non è tutto, che i microganismi possibilmente in azione  sono vari e conferiscono odori diversi. Insomma il sughero non è mai completamente neutro nei confronti del vino, e rilascia comunque un qualche sentore, financo positivo. Il sommelier dei tappi può individuare i vari effetti del contatto, ed è saltata fuori persino la “ruota degli aromi del tappo”, che va ad aggiungersi a quelle più note del caffè, della birra, del formaggio o naturalmente del vino stesso, tutte figlie o nipoti dell’originale californiana di Ann Noble.

Alessandro Bosticco. Foto Jorge Simão

Il TCA, ci hanno detto, è stato individuato in molti altri prodotti che vanno dal tabacco al caffè (il cosiddetto “difetto Rio”) nonchè, come in fondo era immaginabile, nei legni stessi delle botti. Il che ci consola come assaggiatori quando nelle degustazioni per la guida facciamo aprire la seconda bottiglia di riserva nel sincero dubbio che primo vino sapesse “di tappo” oppure forse “di botte sporca”.

La tecnologia Innocorkâ di Cork Supply provvede comunque a ripulire il tappo da difetti vari, sottoponendolo a un flusso di vapore d’acqua e alcol.

La “firma” aziendale arriva per ultima, e qui l’azienda è quella vinicola: dopo la stampa possiamo leggere sul tappo “Fattoria X” o “Chateau Y” o vedere un logo, secondo richiesta.

Adesso i tappi vengono chiusi in confezioni sigillate, con un po’ di solforosa giusto per sicurezza… E dopo tutto questo dispiego di mezzi l’azienda è in grado di garantire un prodotto senza problemi, quindi dal 2011 offre ai clienti tappi garantiti privi di difetti, con una formula che prevede il rimborso.

Foto Jorge Simão

Per finire abbiamo fatto anche un giro nel reparto che produce i “tappi tecnici”, che sono ricavati assemblando materiale rimasto dalla prima lavorazione per i monopezzo naturali: nulla va sprecato e abbiamo visto uscire dalle macine pure dei granulati di vario diametro, il prodotto che va poi tenuto insieme da collanti per prendere la forma finale negli agglomerati. Tutto questo segmento è di grande rilevanza per quantità, anche se un po’ meno per valore.

Molto variabili sono le dimensioni, la qualità e le forme, che vi invito ad osservare con curiosità al prossimo uso del cavatappi. Ci sono gli esemplari incapsulati, attaccati a quei pezzi rotondi di legno, plastica o sughero che fuoriescono dal collo della bottiglia; o i birondellati, con dischi da pezzo intero aderenti a una massa di agglomerato. Il quale agglomerato può essere di finezza assai variabile. Tappi tecnici sono anche quelli più grossi che diventeranno “a fungo” una volta inseriti nel collo di bottiglie da bollicine. Senza i loro antenati lo Champagne non sarebbe mai nato, e il miglioramento nella produzione di vetro pesante nel tardo ‘600 non avrebbe avuto le conseguenze che sappiamo, con o senza l’entusiasmo e la bravura di un Dom Pérignon.

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Al rientro dal seminario sul campo chiedo un riferimento di Cork Supply in Italia, e mi comunicano  che Michele Franzan, una mia conoscenza di vecchia data, è attualmente il direttore vendite. Colgo quindi l’occasione per qualche domanda.

  • Per Cork Supply il mercato italiano è ovviamente significativo, e ho visto che avete molti nomi importanti nel portafoglio, ben noti a chi legge Winesurf. Hai occasione di incontrare i produttori di persona? E questi contatti sono costruttivi o forse un po’ difficili, o magari tutt’e due le cose?

Incontrare di persona i produttori è la parte più piacevole del nostro lavoro. Il dialogo continuo con i tecnici ed i titolari delle aziende, infatti, ci rende consapevoli di quanto la chiusura sia l’elemento critico di un processo che inizia con l’impianto della vigna e – molti anni dopo – termina con l’imbottigliamento. La loro costante pressione ci spinge ad investire in ricerca e sviluppo, nonché a perfezionare sempre di più il controllo qualità: i pilastri per un player del mercato come Cork Supply, in grado di fornire i grandi dell’enologia mondiale. Il servizio di ispezione organolettica tappo per tappo DS100 è nato proprio da questo confronto costruttivo con i clienti.

  • A Porto ho saputo che in Australia la domanda di tappi di sughero è recentemente aumentata, e sappiamo quanto in Oceania siano favorevoli a chiusure alternative. Lo vedi come un caso particolare,  magari dettato dalla crescente richiesta cinese di vini australiani in veste “classica”? O piuttosto una tendenza più generale, magari riscontrabile anche sul nostro mercato nazionale? 

E’ certo che il mercato cinese stia orientando i produttori verso l’utilizzo di chiusure in sughero, in quanto l’immaginario legato al vino per il consumatore cinese è in linea con la tradizione. E’ altrettanto vero, tuttavia, che esiste una tendenza generale ad utilizzare tappi in sughero per incrementare la marginalità della bottiglia. Varie ricerche di mercato mostrano infatti come il consumatore attribuisca maggior valore alla bottiglia chiusa con il tappo di sughero naturale rispetto a quella che utilizza chiusure alternative.

  • Come sai sono un assaggiatore di extravergine e la birra non mi dispiace. In qualche caso ho notato l’uso di tappi di sughero da parte dei relativi produttori. Mettendoci anche certi liquori e distillati, può essere interessante la richiesta italiana per questi prodotti “non-vino”?

Stiamo guardando con interesse a prodotti quali distillati e liquori, sulla scorta del successo che abbiamo con i nostri tappi a T – marchio “Talis” – a livello mondiale. Anche in questo caso, la possibilità di personalizzare la chiusura con una testina in materiale pregiato, unita ad un corpo di sughero di qualità, aggiunge molto valore al packaging, e dunque alla bottiglia, che può spuntare un prezzo maggiore sullo scaffale. Per quanto riguarda la birra, grazie alla premiumization del comparto, l’interesse per le chiusure in sughero è aumentato in maniera drastica. Sia nel formato 75cl. che nel 150cl. il tappo in sughero contribuisce a nobilitare la bottiglia rendendo il momento della stappatura una sorta di “evento” così come accade con i vini spumanti di pregio. 

Foto Jorge SimãoPortogallo
  • La nostra Sardegna ha una produzione significativa di tappi, ottenuta anche con una certa importazione di materia prima. Non è per fare del…sovranismo, ma credi che ci siano delle potenzialità di espansione per un’attività che, pensando un momento anche all’artiginato del sughero, caratterizza una secolare cultura locale?  

Se c’è una strada per espandere un settore come quello del tappo in sughero, oggigiorno, è negli investimenti in un controllo qualità integrato lungo tutta la catena produttiva, che parta con l’analisi della quercia in foresta e termini con la fase di finitura del tappo prima della spedizione al cliente. Il consumatore attuale, infatti, è molto esigente e ciò spinge le aziende vinicole a richiedere la perfezione quando si parla di chiusure. Avendo a che fare con una materia prima naturale, il controllo qualità è l’unico strumento che consente di offrire un prodotto all’altezza delle attuali aspettative del mercato.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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