Per degustare al meglio quanto è importante il momento e la modalità di degustazione?4 min read

L’interessante articolo del collega Ernesto Gentili  sulle “degustazioni di gruppo” svoltesi pochi giorni fa a Bolgheri ha molti punti in cui mi trova allineato. Sfrutto quindi le sue parole per cercare di andare oltre e di pormi quesiti che nei prossimi anni, secondo me, saranno sempre più sentiti.

Prima di tutto inquadriamo la cosa: il Consorzio vini Bolgheri ha “proposto con forza” (per non dire ha obbligato) tutte le guide online, siti, blogger, insomma tutti quelli che pubblicano degustazioni  sul web a degustare in due giornate  i vari vini (bianchi, rosati e rossi) della denominazione, nonché un bel numero di IGT Rossi.

Vi domanderete cosa c’è di strano in questo “gruppage”, fermo restando un servizio inapputabile, sale adeguate, fresche, insomma perfette per la degustazione professionale. Quindi niente da dire sull’organizzazione e lo svolgimento pratico degli assaggi, anzi il consorzio va lodato e tutte le persone che hanno lavorato alla realizzazione dell’assaggio vanno ringraziate una ad una.

La domanda che però ci è sorta spontanea durante la degustazione, almeno a noi di Winesurf, agli amici della guida ONAV e, last but not least, a Ernesto Gentili  (e non so a quanti altri) è stata “Ma tutto questo dispiego e dispendio di energie servirà veramente allo scopo per farsi un quadro chiaro sulle nuove annate bolgheresi?

Ernesto Gentli ha trovato da ridire (giustamente) sull’impossibilità di riassaggiare una seconda volta i vini, noi di Winesurf invece ci siamo sentiti costretti a degustare vini rossi importanti, strutturati, con dosi di legno non indifferenti, almeno quattro mesi prima del periodo in cui eravamo abituati a farlo.

Voi direte che queste alla fine sono questioni di lana caprina, ma permettetemi di dissentire e di spiegarvi, facendomi e facendovi delle domande.

Un giornalista quando degusta per una guida è, in pratica, in cerca di notizie. Queste notizie sono  le nuove annate dei vini e quindi il momento dell’ assaggio è quello della scoperta, della valutazione/veridicità della notizia-vino, che poi andrà pubblicata con la certezza di aver fatto un buon lavoro.

Per fare un buon lavoro molti degustatori hanno bisogno di assaggiare in condizioni e con tecniche assolutamente personali, che possono sembrare anche singolari o “da fighetti” ma che alla fine danno garanzia al degustatore di aver fatto un buon lavoro e al lettore di avere fiducia in quanto il giornalista scrive sui molti vini che recensisce.

D’altronde un consorzio di tutela, che spesso è l’ente che “raccoglie le notizie/vini” per i giornalisti-degustatori, impegna non poche risorse, anche finanziarie, nel farlo e quindi dovrebbe essere il primo  a volere che le degustazioni si svolgano nel miglior modo possibile per i degustatori, in modo che questi possano essere convinti e sicuri di quanto hanno degustato.

Ecco, con questi “gruppage”, alcuni degustatori, tra cui noi di Winesurf, sono stati costretti a riparametrarci, a valutare vini importanti in condizioni per noi non perfette, con lo strisciante dubbio di non aver fatto il lavoro al meglio e con la certezza di non poterlo rifare.

Quindi non si è trattato tanto di una costrizione (capiamo che i consorzi sono oberati di richieste e che i costi e lo stillicidio organizzativo nel tempo mette e dura prova le pur ottime risorse umane) ma di una degustazione in cui molti degustatori, visti i tempi di degustazione, il momento temporale dell’assaggio e alcune scelte organizzative, sotto sotto si portano dietro qualche dubbi o sul loro lavoro.

Consideriamo anche che non stiamo parlando di vini semplici in un’annata semplice: i Bolgheri Superiore del 2020 sono adesso vini da affrontare con le molle perché le loro strutture, potenze, legni stanno iniziando a distendersi. Inoltre la 2020 è stata un’annata calda e quindi i vini, ancor meno freschi del normale, risultavano ancor più difficili da valutare.

Quali possono essere in futuro le soluzioni? I consorzi  devono venire incontro ai degustatori o sono quest’ultimi che hanno il compito di adeguarsi a condizioni e situazioni che vedono le guide vini sempre meno importanti e dove magari conta  più una foto con coscia e vino rispetto ad un lavoro lungo e difficile che dura mesi?

Non è facile trovare una soluzione, non è facile capire fin dove sia giusto avanzare, arrivare e/o adeguarsi, da entrambe le parti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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