Era da tempo che, per vari motivi, volevamo inserire Ovada nei nostri assaggi: in primo luogo amiamo il Dolcetto e quindi anche quello di Ovada e ne ricordavamo alcuni molto profumati e molto rotondi, però di diversi (diciamo trenta) anni fa. In questo lasso di tempo sono successe molte cose ma fondamentalmente la principale è stata, circa 15 anni fa, una corsa verso la concentrazione, facendo nascere Dolcetto di Ovada che volevano scimmiottare la longevità di vini molto più importanti e più adatti all’invecchiamento. Diciamo che Ovada non è stata la sola denominazione a base dolcetto a fare questo, ma sicuramente è stata l’ultima a seguire questa “moda” e quindi anche l’ultima ad abbandonarla.
Se dobbiamo dirla tutta avevamo paura che ancora ne fosse preda ma i nostri assaggi ci hanno mostrato, almeno in parte, il contrario.
In realtà non abbiamo degustato molti vini (a proposito, grazie al Consorzio di Tutela Ovada DOCG e all’Enoteca Regionale per averci organizzato l’assaggio) ma il numero è stato sufficiente per farci capire che Gli Ovada DOCG e i Dolcetto di Ovada DOC, sono ritornati sulla strada dei profumi e della piacevolezza. Naturalmente c’è ancora qualcuno che propone vini tannici e rustici, ma per fortuna è un’esigua minoranza.
Mentre degustavamo ci è venuta in mente una domanda da neofiti ma forse neanche tanto: qual è la differenza tra Dolcetto di Ovada DOC e Ovada DOCG? In realtà andando a spulciare i disciplinari di produzione troviamo una resa maggiore di dieci quintali per il Dolcetto di Ovada DOC(che può avere anche un 3% di altre uve), nonché la possibilità di essere vinificato e invecchiato fuori dalla zona di origine e di avere alcol e estratto secco più bassi.
Non crediamo che una DOCG nasca per rimediare a questi problemi e quindi sarebbe forse il caso di spiegare in maniera chiara al consumatore la differenza, oppure di evitare di utilizzare la vecchia DOC. Perché in effetti noi abbiamo degustato dei buoni Dolcetto di Ovada DOC e dei buoni Ovada DOCG e alla fine la differenza non era nemmeno nel prezzo finale, anche se quello del DOC è mediamente più basso. Se questo dubbio ce l’abbiamo noi figuriamo se non può averlo il consumatore e quindi sarebbe il caso di fare chiarezza.
Dal punto di vista degustativo quindi non abbiamo trovato grandi differenze tra le ultime annate dei Dolcetto di Ovada DOC e degli Ovada DOCG: ottimi e intensi profumi, molto classici, buon corpo, rotondità e anche una discreta freschezza.
Parlando invece di Ovada DOCG con qualche anno in più sulle spalle purtroppo non possiamo esprimere le stesse positive valutazioni: minor intensità aromatica, tannini più ruvidi, evoluzione non certo lenta in bottiglia sono le caratteristiche con cui ci siamo quasi sempre scontrati e ci fa pensare che DOC o DOCG alla fine questo Dolcetto è meglio berlo massimo nei 3-4 anni, ad esagerare, dalla vendemmia.
Se lo scopo dei produttori di Ovada è quello di produrre ottimi Dolcetto giovani la strada è quella giusta ma se invece il fine è quello di proporre Dolcetto maturi e da invecchiamento i nostri assaggi (magari l’anno prossimo ci faremo un quadro più ampio) non depongono a favore di questa scelta.