Nebbiolo Prima, quasi perfetta ma….3 min read

Sembra oramai diventato uno sport nazionale o almeno un qualcosa di molto diffuso tra produttori langaroli e giornalisti enoici. Tutti vogliono dire la loro e modificare Nebbiolo Prima, la manifestazione che oramai da quasi venti anni  presenta alla stampa internazionale le nuove annate di Barolo, Barbaresco e Roero.

 

Come non farsi contagiare dalla voglia di cambiamento, ma prima di dire la mia vediamo quello che quest’anno è cambiato  e ciò che è rimasto uguale a se stesso.

 

Quest’anno la cosa che ha più fatto discutere è stata la creazione di due “modi di partecipazione”: quello soft e quello intensivo. Sotto a questa divisione si celava praticamente solo un differente numero di vini in assaggio la mattina. Però un’altra piccola variazione è stata quella di permettere alle aziende di portare fino a 3 vini, con il risultato che la versione “intensiva” ha proposto mediamente 80 vini ogni mattina con un picco di 97. Più che intensiva rischiava di portare in terapia intensiva e, a parte gli scherzi, poteva creare molti problemi a chi non è abituato a degustare così tanti vini. Tra questi mi ci metto anch’io e  per cercare di fare un lavoro serio iniziavo ad assaggiare alle 8.15 per finire regolarmente oltre le 13.

 

Se non fosse stato per un servizio semplicemente perfetto,  che non ti faceva perdere nemmeno un minuto in attesa, non sarei riuscito a cavarne le gambe. Quindi un grazie ai fenomenali sommeliers che ogni anno riescono a superarsi e ci permettono di fare al meglio il nostro lavoro. A proposito, ma qual è il nostro lavoro? Se è quello di assaggiare tutti i vini presentati,  molti colleghi italiani e esteri non l’hanno fatto, perché mattina dopo mattina il numero dei giornalisti presenti nelle sale diminuiva. Se invece il lavoro è quello di girare per aziende ad ogni ora del giorno la situazione cambia e praticamente tutti hanno “timbrato il cartellino”.

 

Purtroppo l’hanno timbrato anche in aziende che non partecipavano a Nebbiolo Prima, quelle che io definisco “succhiaruote”; cantine anche molto famose che non partecipano per non mettersi in discussione accanto agli altri produttori, però non si vergognano di invitare o di accettare giornalisti in azienda per fargli assaggiare i vini.

 

Questo è forse il problema più grosso di Nebbiolo Prima. Quello di non riuscire a compattare quei produttori che, a torto o a ragione, si ritengono “superiori”; che magari in passato partecipavano ma adesso stanno alla finestra armati però di canna da pesca e pronti, appunto, a pescare giornalisti dal grande gruppo di invitati.

 

A proposito di invitati: continua oramai l’erosione degli italiani a vantaggio dei colleghi esteri: questa è naturale conseguenza di un mercato che vede l’estero aumentare sempre più e l’Italia battere la fiacca. Tra qualche tempo (magari l’anno prossimo) toccherà anche a me lasciare il posto ad una cinesina che assaggia 10 vini al giorno o ad un australiano come quello che lo scorso anno degustava bevendo latte tra un vino e l’altro. Oppure il mio posto verrà preso da qualche assaggiatore italiano…chissà!

 

In queste ultime righe si condensa il vero problema di Nebbiolo Prima (non mi riferisco alla mia assenza o presenza…), manifestazione praticamente perfetta che però, quasi come la grappa, sta perdendo “testa e coda”, da una parte cioè quei produttori (diciamo una trentina) che la snobbano sfruttandola e dall’altra i grandi nomi della stampa internazionale che, non vedendo quei grandi nomi, preferiscono magari farsi organizzare un tour “ad hoc”.

 

Questo non vuol dire che i produttori presenti non sono di livello, per carità! La stragrande maggioranza merita un pellegrinaggio ad personam, ma purtroppo se vuoi migliorare una manifestazione con pochissime pecche non puoi non guardare verso la perfezione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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