Montecarlo e i suoi vini: ovvero Bolgheri prima di Bolgheri3 min read

Per la nostra guida online non avevamo mai degustato i vini di Montecarlo e quindi ci è sembrato giusto inaugurare il “nuovo corso” delle degustazioni 2017 con i prodotti di questa DOC della Lucchesia.

Per questo ci siamo rivolti all’uomo che da molto tempo (vorremmo quasi dire da sempre) incarna questo piccolo territorio alle porte di Lucca, Gino “Fuso” Carmignani.

 

Lui, oltre a parlarci con la consueta verve e conoscenza dei vini, ci ha raccolto le bottiglie (quelle imbottigliati adesso, e attualmente in commercio, perché come sapete non degustiamo campioni da botte) di una decina di cantine e ce le ha proposti in degustazione.

La degustazione si è svolta però nell’altro “caposaldo” del vino di Montecarlo, la Tenuta del Buonamico che ha messo a disposizione le sue strutture e ci ha aiutato in ogni momento dell’assaggio.

A Gino Carmignani e a Eugenio Fontana (titolare del Buonamico) vanno i nostri ringraziamenti.

In totale abbiamo degustato non molti vini, una ventina (divisi equamente tra bianchi e rossi) ma da una parte la denominazione non è che abbia molte cantine in più, dall’altra sono comunque un campione rappresentativo della realtà enoica di questa piccola ma storica denominazione.

Infatti non solo la DOC è del 1969 ma la storia parla di vino di Montecarlo sin dal XV° secolo e da allora attorno a questo colle alto circa  200 metri di vino ne è stato prodotto, commercializzato e bevuto molto.

Il titolo dell’articolo è sicuramente impegnativo ma si giustifica ampiamente, in primo luogo dal punto di vista ampelografico perché a Montecarlo vitigni come pinot grigio, pinot bianco, sauvignon, roussanne, merlot, syrah, cabernet sauvignon e cabernet franc si trovano da quasi 150 anni.

Anche se queste uve ci sono da circa il 1870, tra i rossi il sangiovese ha sempre la “precedenza”, mentre tra i bianchi assistiamo da anni ad una lenta ma inesorabile diminuzione del trebbiano (nella DOC non deve essere meno del 30%) a favore di vitigni di spessore e possibilità superiori. In particolare un amante del pinot bianco come il sottoscritto non può non essere incuriosito da una denominazione che ne prevede l’uso in dosi non omeopatiche

Il nostro assaggio ha preso in considerazione quasi tutti bianchi del 2016 (solo due del 2015) e rossi soprattutto delle vendemmie 2015-2016.

Anche se non avevamo mai degustato per Winesurf i Montecarlo chi scrive li ha assaggiati ogni anno sin dal lontano 1988 e quindi ne conosce bene pregi e difetti . Rispetto al passato la qualità media è salita notevolmente e oramai non ci sono più vini con problemi.

In particolare i bianchi del 2016 si sono mostrati con belle note floreali e di frutta bianca, dotati di medio corpo e di acidità equilibrata. I Rossi ci sono sembrati di livello superiore perché il modo con cui il sangiovese viene sposato a vitigni internazionali porta quasi sempre a vini di  corpo interessante ma di grande eleganza ed equilibrio, con profumi che vanno dalla frutta rossa per giungere al cassis e a note finemente vegetali. Di diverso rispetto a Bolgheri c’è un’eleganza  innata ed una voglia di fare vini pronti da bere, lasciando magari il ruolo di vino importante agli IGT aziendali.

Quindi bere un bianco o un rosso di Montecarlo vuol dire gustare un vino dotato di naturale equilibrio che, specialmente tra i rossi, proporrà giusta morbidezza accanto ad una fresca anima di sangiovese, con tannini mai aggressivi, ruvidi o ridondanti.

Il bello di questa denominazione è appunto l’essere rimasta attaccata ad un modo di fare vini adatti per la tavola, anche con prezzi sicuramente competitivi. Quindi tra i DOC non troverete vinoni da concorso ma prodotti molto piacevoli, da bere tranquillamente a tavola.

Per esempio i rossi del 2016 degustati mostrano un connubio di alto livello tra concentrazione, freschezza e rotondità, il tutto condito da note aromatiche fruttate intense e ben delineate, che li identificano come perfetti compagni a tutto pasto.

Tra i bianchi 2016 abbiamo trovato forse una maggiore semplicità ma sempre e comunque un beva adeguata, anche se forse una maggiore freschezza (ma l’annata è stata calduccia…) non avrebbe guastato.

Insomma: rispetto a Bolgheri le differenze sostanziali sono, oltre ai prezzi molto più bassi, vini più distesi, tranquilli ma non certo esili; vini da provare senza dubbio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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