L’Enocup vista dai concorrenti3 min read

All’inizio la voglia di iscrivermi a questa prima Enocup era pari a quella che avrei avuto di infilare la testa sotto una pressa, o di avere un’avventura erotica con la Mafaldona.

Figuriamoci poi mano a mano che andavo avanti nella lettura del regolamento della prova, mezz’ora per leggerla e due giorni per assimilarne la pericolosa somiglianza con gli esami AIS.

Non ne avessi mai fatti, mi son detto: tre livelli con esame finale, poi quello da direttore di corso, per non parlare della prova da degustatore ufficiale: 59 minuti di scrittura emanuense ininterrotta, con una penna scorrevole come un trattore col freno a mano tirato.

Come si dice da noi: tiravo il culo indietro. Poi però sono stato arpionato da uno degli appelli che il gran capo “orecchiealvento” ha lanciato nel web: “Se non fai una squadra te, chi la deve fare? Guarda che se non ne fai almeno una io ti…..> mi son sentito dire.

A ‘sto punto, toccato nella mia parte più tenera, come potevo rifiutarmi? Non potevo. Con l’aiuto “spontaneo” di un gruppetto di amici, per la precisione quattro titolari e due riserve (riserve solo per la impossibilità di essere presenti alla prova pratica) abbiamo costituito il Dream Team “I Zafùss di Romagna”.

Da lì in poi è stato tutto un crescendo: di suspense, eccitazione e ansia sino a sfiorare, in certi momenti, la tachicardia. Già al venerdì sera, guardando un film alla tele, o leggendo le Nuvole (non Nelle ma quella di Aristofane) gli stramaledetti quiz si insinuavano tra il presencefalo ed il telencefalo inibendo in parte le regolazioni omeostatiche con il prevedibile risultato di trasformare il "dorsale" in "caudale", il "craniale" in "dorsale" e il "caudale" in "ventrale. Tutto chiaro vero?

Beh, che dire! Passata l’ansia da prestazione e man mano che i nostri punteggi risultavano buoni, se non eccellenti, (cosa non da poco dato le premesse del nome) all’agitazione è subentrata la gioia e la contentezza. Stati d’animo esaltanti che si sono prolungati ben oltre la breve delusione di esserci piazzati al quarto posto per soli 5 punti. Nella grande festa di Winesurf, gratificati dal generoso e caldo abbraccio degli amici e dal sole che, al contrario della fortuna, ci ha arriso senza parsimonia, si è assistito al rarissimo fenomeno conosciuto con il nome di “winesurfists at work”.

Ha reso più lieve il nostro piazzamento la bravura, e non certo la fortuna, delle altre squadre. Ma non è mica finita qui perché, a proposito di fortuna, se è vero che il 2013 è l’anno del Serpente (non a caso certe domandine erano proprie velenose) la nostra rivincita sarà nell’anno del Cavallo, la cui indomita potenza e indiscutibile eleganza si addicono alla nostra squadra.

Infine un grazie, grande come la saggezza cinese, a chi ha provveduto al facchinaggio vinoso, all’Enoclub Siena nella persona di Davide Bonucci e al Capitano Disko Troop.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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