Le Donne del Vino e le bottiglie leggere: per un pianeta più vivo!7 min read

L’8 giugno le Donne del Vino della delegazione Toscana hanno presentato i risultati della ricerca sull’utilizzo (e il non utilizzo) delle bottiglie in vetro leggero. A guidare la ricerca, promossa in prima battuta nel 2021 dalla oggi vicedelegata regionale Paola Rastelli, la Professoressa Marta Galli, produttrice nonchè Direttrice Operativa dell’Osservatorio sulla sostenibilità nei settori del vino e turismo del vino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Il convegno “Vetro leggero, sfide e nuovi trend” si è svolto presso la sede amministrativa della Vetreria Etruria, a Montelupo Fiorentino (lo stabilimento produttivo è da 27 anni a Savona), che ha creato l’occasione per porre quesiti diretti a chi il vetro lo produce.

Questa seconda ricerca ha avuto un focus qualitativo anziché quantitativo come nel 2021, in cui 22 produttrici associate alle Donne del Vino (11 della Toscana e 11 del Veneto tra cui un’azienda imbottigliatrice) attraverso delle interviste, hanno spiegato i motivi delle discriminanti di scelta di fronte a bottiglie leggere e non leggere (per leggere intese bottiglie per vini fermi da 750 ml con un peso da vuote di massimo 550 g).

Dati e feedback

Delle 22 aziende intervistate

  • 13 sono certificate Biologico
  • 2 certificate VIVA
  • 1 in conversione Biologico
  • 3 certificate SQNPI
  • 2 certificate come sostenibili
Paola Rastelli

Alcune hanno una o più certificazioni. Di quelle Biologiche 8 sono toscane e tra queste solo 2 hanno un fatturato sopra i 2 milioni di euro. Numeri che confermano il trend regionale, come sottolineato dalla Vicepresidente e Assessora all’Agroalimentare della Regione Stefania Saccardi: “Non c’è dubbio che il tema dell’ambiente delle attività agricole è un elemento importantissimo, sul quale l’Europa e non solo l’Europa pone fortemente l’attenzione. Lo dico in una Regione che ha investito molto sulla coltivazione biologica, raggiungendo il 35% della superficie agricola a coltivazione biologica: lo stesso dato  emerge anche dalla ricerca delle Donne del Vino, dove l’utilizzo del vetro leggero spesso va di pari passo con l’utilizzo del biologico o comunque di coltivazioni sostenibili. Credo  sia una scommessa importante, bisogna fare molti passi avanti sia sul fronte culturale sia sul tema del riuso del vetro stesso, non solo il riciclo e su cui occorre ragionare”.

Certificazioni che dalla voce delle intervistate vengono riconosciute elemento fondante del settore vino, ma che rappresentano costi aggiuntivi nonostante siano pro ambiente, e che si affiancano ad altre pratiche virtuose che le aziende adottano in autonomia senza però poter essere documentate.

L’esito della ricerca: la scelta del vetro

La scelta del vetro leggero (tra i 400 e i 550 g) viene operata spesso per le linee base, ma quando si sale di gamma si sale anche di grammi (550-700) soprattutto per Brunello e Amarone. Da evidenziare che scegliere il vetro leggero, a detta delle intervistate, vuol dire restringere la possibilità di scelta dei modelli, ulteriormente ridotta dall’economia post pandemia, che però ha reso più facile da reperire le bottiglie leggere. Andrea Bartolozzi di Vetreria Etruria S.p.a. ci ha tenuto a spiegare che “A parità di materia prima, produrre bottiglie leggere è per noi più vantaggioso: nel medesimo arco di tempo la produzione è maggiore a livello quantitativo”.

Tornando alle interviste, chi ha una certificazione bio o sostenibile più facilmente verte sul vetro leggero. Tale scelta però soffre di una mala comunicazione, che le realtà più piccole non valorizzano o per mancanza di risorse o per timore che il packaging più leggero sia percepito come risparmio sul prodotto finale. Uno svantaggio competitivo registrato soprattutto in Italia, mentre per paesi scandinavi e anglosassoni , anche e soprattutto dell’altro emisfero,  rappresenta un plus.

Da tempo i Bag in Box sono apprezzati dai mercati del Nord Europa e Paola Rastelli ha ribadito la necessità di differenziare i packaging dei propri vini in base al loro effettivo consumo: “Perché non utilizzare per i vini da bere a breve Tetrapak, alluminio o lattine?”. Rastelli ha introdotto le sfide che il vetro leggero pone alle aziende produttrici, partendo da un marketing che non lo valorizza, anzi, a causa della mancanza di conoscenza da parte del consumatore dei dati sulla Carbon Footprint  (che non riguarda solo la produzione delle bottiglie,  bensì anche e soprattutto il trasporto). Basti pensare che gli USA non producono praticamente vetro sul suolo patrio e acquistandolo in Cina il  peso del trasporto incide per 2 volte: verso il produttore e verso il consumatore.

Tra i dati che il consumatore può però leggere con facilità e che possono aprire gli occhi sulle sue scelte sullo scaffale, la Carbon Footprint della filiera vino è chiarissima.

Le Emissioni di CO2 derivano:

  • 74% da bottiglie e imbottigliamento (1 kg di vetro=2,7 kg di CO2)
  • 13% dalla viticoltura
  • 13% dalla vinificazione

Cosa fare per cambiare

Sono emerse anche proposte delle intervistate tra cui:

  1. non delegare solo alle aziende la consumer education sul tema.
  2. le guide dovrebbero evidenziare il peso delle bottiglie (cosa che Winesurf fa da anni segnalando le bottiglie pesanti  e ogni tanto assegnando il Premio Attila nella guida).
  3. le certificazioni Bio e Sostenibile dovrebbero includere informazioni sul peso della bottiglia (altro tema controverso che spesso trattiamo nei nostri articoli).
  4. i grandi vini non devono avere per forza bottiglie pesanti.
  5. standardizzare le bottiglie.
  6. utilizzare solo vetro leggero.
  7. riuso e vuoto a rendere, che però è una strada percorribile solo per consumi locali.

Proposte che devono arrivare in Europa, visto che gli obbiettivi condivisi del Green Deal EU sono -50% di CO2 entro il 2030 e neutralità di CO2 entro il 2050.

Ovviamente non mancano le obiezioni da parte dei vigneron tra cui:

  • la calibratura delle macchine imbottigliatrici.
  • la calibratura dei tappi.
  • l’igienizzazione del vetro usato (costo che ricadrebbe sul produttore).
  • la distinzione sullo scaffale.

Su quest’ultima una delle produttrici presenti ha obbiettato subito che per la personalizzazione esistono le etichette.

In vetreria

Se queste sono le domande e le proposte emerse da chi il vino lo mette in bottiglia, la famiglia Bartolozzi ci ha offerto alcuni dati sulla produzione del vetro stesso. Ad esempio, il vetro scuro è molto più sostenibile di quello chiaro, tanto che può essere prodotto da vetro riciclato fino all’85%*.Dato virtuoso che si somma alla inferiore necessità di energia per la produzione dello stesso, che si traduce in:

  1. -20% di CO2 nell’atmosfera
  2. -58% di materia prime

Le vetrerie italiane non riescono a coprire il fabbisogno di bottiglie per il vino del mercato italiano, perciò alcune aziende si approvvigionano in Turchia, dove però non è dato sapere il tipo di alimentazione degli impianti. “Il mercato delle bottiglie di profumo – ha spiegato Andrea Bartolozzi – è più sostenibile di molti altri, perché nonostante le bottiglie siano pesanti, vengono prodotte in forni elettrici che incidono meno sull’atmosfera”. Un invito a verificare la sostenibilità dei propri fornitori pure selezionando vetri leggeri. Uno stesso modello di bottiglia per tutti? Anche su questo Bartolozzi, da produttore di vetro, ha intiepidito gli entusiasmi, non ritenendola una strada percorribile.

L’Europa rappresenta il 7% della produzione di CO2 mondiale, ma sicuramente possiamo agire ancora per raggiungere gli obbiettivi 2030 e 2050. Ogni proposta andrà valutata, ma sul fatto che una bottiglia meno pesante inquina meno non abbiamo più dubbi.

Magari la prossima volta intervistiamo un corriere, visto che tra le voci di spesa del trasporto c’è spesso il peso, e ciò che è sostenibile economicamente diventa argomento d’interesse.

A proposito di riciclo

E a proposito di riciclo che produce ‘profitto’ la delegata toscana dell’associazione Donatella Cinelli Colombini, past president nazionale, ha presentato il progetto Etica, una partnership tra Amorim e Donne del Vino in cui la raccolta e il riciclo dei tappi verrà riconosciuto da Amorim, traducendosi in una cifra che le Donne del Vino della Toscana doneranno a un Centro Antiviolenza toscano, ma a cui possono aderire anche altre aziende. Siamo partiti dal vetro, passando dalla sostenibilità, arrivando alla solidarietà. E c’è ancora chi dice che il vino fa male…

(*dati Vetreria Etruria)

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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