L’Anteprima dell’amarone e l’asino di Buridano3 min read

Lasciando a Gianpaolo Giacomelli il ruolo scomodo di “presentatore ufficiale” dell’Anteprima Amarone 2012 (vedi), posso ritagliarmi un piccolo spazio da battitore libero, riportando alcune sensazioni o indicazioni future per questa manifestazione.

 

Non riesco però a non dire due parole sulla vendemmia 2012: ho assaggiato tutto l’imbottigliato anch’io e forse il giudizio più semplice è “annata piccola”. Se poi ci mettiamo anche un uso spesso esagerato del legno il quadro non è certo idilliaco. Speriamo che il tempo gli permetta di distendersi e di dare vini di non grande struttura ma piacevoli.

 

Ma torniamo alla manifestazione.

 

Oramai è chiaro a tutti che L’Anteprima Amarone  è sempre più in funzione del giornalista estero e/o generalista. La cosa del resto è comprensibile, visto che da una parte sono i mercati esteri quelli che tirano e dall’altra a gennaio non si possono certo fare classifiche valide di nessun vino, figuriamoci dell’Amarone.

Quindi spazio a presentazione generali del territorio, ad una degustazione di vini non pronti o addirittura campioni da botte e ai banchi dei produttori.

In questo tipo di organizzazione noi “degustatori seriali” ci sentiamo un po’ come l’asino di Buridano, rischiando seriamente di non poter sfruttare in nessun modo l’impegno che il consorzio e i produttori mettono per organizzare la cosa.

 

Vediamo la cosa per punti.

 

1.       Come è possibile pensare di far iniziare la degustazione alla fine della conferenza? Questo vuol dire degustare dalle 13 in poi, a stomaco vuoto oppure molto pieno, avendo mangiato salumi, formaggi e dolci del buffet (che è pure peggio). In entrambi i casi non è certamente il modo migliore per assaggiare seriamente vini impegnativi come l’amarone.

 

2.       Anche se si chiama anteprima non è detto che debba esserlo solo in un senso, cioè che la degustazione professionale contempli solo vini dell’annata in questione, i quali hanno il connaturato problema di essere imbottigliati giovanissimi e quindi imperscrutabili o addirittura essere campioni  da botte, di nessun valore per il prodotto finale.

 

3.      Visto che questi vini non possono essere valutati seriamente con nome e cognome, tanto vale lasciare al produttore stesso, nel suo bello spazio, il compito di presentarli a chi va a trovarlo, giornalista o appassionato che sia. Potrebbe essere molto più utile per inquadrare meglio il vino (e naturalmente l’azienda). Già che ci siamo si potrebbe anche dare alla stampa qualche ora in più per parlare tranquillamente con i produttori, cosa impossibile nel momento in cui vengono aperte le porte ai moltissimi appassionati.

 

4.      La degustazione professionale (bendata o palese) lasciamola agli amarone che ogni azienda ha in commercio in quel preciso momento. Questo permetterebbe di fare veramente un lavoro utile, pubblicabile il giorno dopo e fruibile immediatamente dal consumatore finale, che in enoteca o a ristorante (visto che è VERAMENTE in commercio) è sicuro di trovare quel vino.

 

5.      

Mi dite che la manifestazione si chiama “Anteprima Amarone”? Basta cambiargli nome in “Amarone story” , “Amarone Collection” “La Gran Guardia dell’Amarone”, fate voi e comunque se il convegno è dedicato all’annata e i produttori presenti hanno tutti (in bottiglia o come campione) il nuovo amarone, che problema c’è?

 

Organizzata così sarebbe fruibile senza problemi da tutte le categorie di giornalisti, nessuna esclusa.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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