L’altro Piemonte: un Road Movie. Parte seconda. Verso Sud5 min read

Nel  Piemonte meridionale , affacciato e intrecciato con la Liguria  siamo andati subito, appena arrivati, nel pomeriggio di lunedì. Una sorta di ouverture per far capire subito a cosa andavamo incontro .
Visita all’ azienda Forteto della Luja, leader mondiale nella produzione del  Loazzolo, microdenominazione di alcuni ettari .
L’ azienda è un bricco vertiginoso, affacciato su Prealpi e Appennino. I vigneti strapiombano con pendenze del 20% , le galline rotolano a valle rovinosamente.

Già conoscevamo questa azienda ma non ero stato sul posto. Ci hanno fatto assaggiare, pasteggiando, un ventaglio di vini molto significativi. Tutti eleganti  anche quando l’ alcool è alto.

Martedì mattina, degustazione di vini dei colli tortonesi nell’ azienda di Claudio Mariotto, che di vini suoi ne ha tirati fuori tanti, per la nostra maggior consolazione.
Degustazione in assetto borgognone: ciascun produttore dietro la sua barrique, che fa da piano d’appoggio per le bottiglie .

Ammetto che ho affrontato il Timorasso con un certo pregiudizio . E’ vero che noi di Winesurf siamo gli antemarcia fra gli assertori dei vitigni autoctoni, ma est modus in rebus : la comparsa improvvisa sulla scena enoica e l’ immediata ascesa nella hit parade ci ispirano diffidenza .
 Ho dovuto ricredermi : il Timorasso è un’ uva di grande capacità espressiva , dà origine a vini ampi e corposi, sapidi e intensi .
Mi  fa pensare al Verdicchio , in quanto bianco che , bevuto in una dark room ,verrebbe scambiato per un rosso .
Non saprei dire sull’ attitudine all’ invecchiamento . c’era un solo esempio del 2005 ( neanche tanto indietro  nel tempo ) , e non mi ha dato particolari emozioni .
Tutte le aziende presenti ( nove ) producono Timorasso ,con risultati alti . Segnalo Pomodolce e le diverse varianti proposte da Claudio Mariotto .

Oltre al solido Timorasso , abbiamo assaggiato alcuni barbera assai asciutti rigorosi, essenziali .
Coppo presentava due versioni, giovanile e matura , entrambe ineccepibili. Boveri, che lavora su vigneti di 95 anni,  propone una versione in barrique, che , una volta tanto, mi ha convinto quanto la versione tradizionale .
Mariotto ha presentato ben 4 versioni di barbera : so che non gli dispiace affatto se dico che il vini base è quello che mi è piaciuto di più, e che , fra i modelli più ambiziosi, preferisco il Testa Rossa .
Paolo Ghislandi ottiene una singolare ampiezza di profumi, mettendo a frutto gli studi di tecnica enologica .

Una terza volta abbiamo puntato a Sud , a ovest di Ovada , facendo base ad Acqui .
Siamo stati portati a visionare splendidi panorami e a visitare altri vigneti vertiginosi , inerpicati su speroni che paiono lame . Vigne di moscato e di brachetto, che poi abbiamo apprezzato in degustazione.
Quando mi dicono “Ovada” ripenso a tanti dolcetti, antichi e recenti .Da questi preistorici fondali marini , calcarei e sabbiosi , il dolcetto distilla al meglio i sali .
I 6 dolcetti in degustazione erano assai diversi fra loro , nello stile .
Ca’ del Bric presentava un eccellente esempio di “Dolcetto robustus”, Bricco Trionso, di grande ampiezza , insieme ad altri  vini notevoli per struttura ed  equilibrio.   .
Gli altri Dolcetti erano piuttosto del tipo “Dolcetto elegans”, che di norma preferisco. Ma le diverse interpretazioni hanno reso sfuggente l’ identità della zona.

Mi hanno colpito i vini da Barbera, dallo splendido colore, che sfuma nel bruno.
Ricordo Costa dei Platani, che produce un barbera in purezza molto importante.
L’azienda Convento dei Cappuccini ha portato un campione da botte, ma era pronto e  molto promettente .
Fra i vitigni locali, recuperati e valorizzati, si fa notare l’ Albarossa , che era presente con due vini in purezza. Colore porpora intenso, gran corpo, tannini robusti, alcool sopra i 14 . Certo non gli si chiede l’ eleganza . Si direbbe adatto a entrare in uvaggio, per dare struttura a vitigni più esili. Se non fosse che i vitigni egemoni nella zona sono già robusti per conto loro .
C’erano due soli moscati spumanti, ma probabilmente rappresentavano la produzione economicamente più importante della zona : Marenco e Contero . Entrambe le aziende amano anche il brachetto, e lo fanno buono .
Molto interessanti i vini dolci e i passiti, a base di moscato e di brachetto .

In queste zone “nuove” , o semi- nuove , ho incontrato diversi produttori giovani . Hanno alle spalle solidi studi di enologia fino alla laurea; uniscono i ruoli di proprietario-produttore-enologo , che quindi non frega se stesso .Hanno idee originali , delle quali sono fortemente convinti . 
Come Paolo Ghislandi , che presenta i suoi vini col titolo “vini d’arte”, o Silvio Bragagnolo , che intreccia la sua vita e il suo passito con nodi indissolubili.
Mi fanno ricordare lo spavaldo me stesso di molti anni fa . Mi sfiora un brivido, quando penso alle “ronciate” (in toscano stretto sta per delusioni molto forti. N.d.r) che si dovranno prendere .

                                                                                                            Continua …

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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