L’agnello d’Egitto6 min read

Grazie alla BRAIMA, la fabbrica per la costruzione di macchine agricole e per l’edilizia fondata dal babbo, ho fatto diversi viaggi di lavoro all’estero in paesi che difficilmente avrei visitato di mia iniziativa: per esempio l’Algeria e l’Egitto, per parlare dei più vicini. L’Australia e la Nuova Zelanda per parlare di quelli più lontani.

Viaggiare per lavoro dà un bel vantaggio perché si viene a contatto con la realtà del paese e non solo con  l’aspetto turistico che di solito si conosce nei viaggi di piacere. Tanto un minimo spazio per vedere gli aspetti e le cose più caratteristiche si trova sempre lo stesso. Uno dei più sorprendenti fu il primo viaggio fatto in Egitto.

Avevamo buoni rapporti con l’ufficio romano dell’ICE, avendo già partecipato a qualche missione economica da loro organizzata, e quando capitava qualcosa per noi interessante ci veniva segnalato anche telefonicamente. Fu così che ci parlarono di un ingegnere egiziano, laureatosi a Milano, e ora rientrato nel paese dove la famiglia aveva molteplici interessi economici. Era alla ricerca di produttori italiani di macchinari vari proprio perché conosceva abbastanza bene sia la lingua che il paese. Era riuscito, bontà sua, a diventare tifoso dell’Inter, per la gioia del mio amico winesurfista.

La bistecca 7XL

Venne a Grosseto per conoscere la nostra produzione e per verificare la possibilità di importare nostri macchinari. Si vide così che conosceva abbastanza bene l’italiano e lo stile nel mangiare: alla Casareccia dove lo portammo per il pranzo si fece fuori con noncuranza una intera bistecca alla brace formato 7XL.

Ci parlò della sua numerosa famiglia dove ogni fratello si occupava di un settore specifico: lui in particolare era addetto per macchine per l’edilizia, ma anche quelle per l’agricoltura, sotto la protezione e guida di un patriarca oramai piuttosto anziano. Ma sempre patriarca era. Ogni nuova collaborazione doveva ottenere la sua approvazione. Fu così che organizzammo una gita al Cairo per conoscerlo e ricevere il suo nullaosta.

Ronaldo post  carriera calcistica

Fu un viaggio veramente interessante e stimolante. Era la prima volta che andavo in un paese arabo, ma ci andavo con un “amico” locale che mi assisteva nella lingua. Già all’arrivo rimasi sorpreso e divertito quando all’aeroporto un funzionario mi sbatacchiò non so quanti timbri sul passaporto! Per di più non capivo un’acca di cosa ci fosse scritto, salvo la data, ma i timbri erano molto belli e con disegni di vari colori. Per il resto tutto andò bene.

Nell’enorme confusione agli arrivi riuscii a vedere Assad grazie anche alla sua taglia, direi un Ronaldo post  carriera calcistica.

Usciti dall’aeroporto e sulla strada per il Cairo ci fermammo in un bar giusto per parlare del nostro programma e sugli accordi da prendere. Ci sedemmo all’aperto e come mi accomodai una visione mi colpì: all’orizzonte scorsi il profilo inconfondibile delle piramidi! Un conto è vederle sui libri, in televisione o al cinema, un conto è vederle dal vero.

Quando poi le vidi da vicino la meraviglia fu anche più grande, però la prima volta, inattesa, bevendo una Coca, fu veramente un tuffo al cuore.

Il traffico del Cairo

Passammo nel traffico del Cairo che veramente risultò essere come in un film: traffico caotico, rarissime macchine che non suonavano il clacson, il resto erano tutte in un concerto, mentre ai lati della strada i distributori di benzina si alternavano ai venditori di erba fresca per gli animali che trainavano i vari carrettini: il tutto in un mix incredibile con auto, tram, biciclette, animali e pedoni.

Tutte cose nuove e per certi versi perfino incredibili. La cosa che più mi colpi attraversando la città furono i ponteggi attorno alle costruzioni: tutti rigorosamente fatti con il bambù! Anche per palazzi altissimi. Mi assicurò Assad che risultavano essere molto più sicuri dei nostri fatti con i tubi Innocenti che da loro non erano  usati.

Alla sera si sarebbe andati a casa dal suo babbo, il patriarca della famiglia e della ditta. Si usci dalla città che era buio e via via che ci allontanavamo si arrivava in zone sempre meno illuminate. Poi le strade divennero sterrate e con diverse buche, con ancora acqua piovana. Il tutto in mezzo a palazzi molto alti. Zona residenziale mi spiegò Assad. Io ero un poco titubante, ma non dissi niente, per educazione: si fa per dire.

Il patriarca

Finalmente si arrivò a questa altissimo palazzo dove, tanto per capire in quale situazione eravamo, ci ricevette alla porta un anziano portiere con un lungo e candido camicione che ci accompagnò cortesemente fino all’ascensore. Entrammo per primi e quando entrò lui si richiusero le porte e lui da buon accompagnatore prese in mano un fil di ferro che scendeva contorto dal soffitto e tirandolo fece partire l’ascensore!  Guardai Assad e lui mi fece cenno con il capo che era tutto ok. Cominciai a capire che dovevo mettermi in una diversa lunghezza d’onda.

Entrammo e delle ombre femminili si dileguarono in altre stanze, mentre l’anziana mamma ci salutò con il capo e ci accompagnò in camera dal babbo.

Si perché lui lì ci aspettava, seduto sul suo letto. La stanza era illuminata scarsamente. Ci sedemmo in una specie di sgabelli bassi, così il letto ci arrivava a metà del petto e il patriarca ci poteva osservare dall’alto in basso.

Fece tutto Assad e il babbo annuiva lentamente, io, se del caso, abbozzavo qualche sorriso e annuivo a mia volta.

Agnello per tutti!

Forse Assad me l’aveva detto, ma io non mi aspettavo di cenare proprio lì. Lì voleva dire in camera del patriarca. Ad un certo punto si presenta la mamma portando un enorme vassoio con una esagerata fornitura di carne di agnello. Ora io, fortunatamente, ho dimestichezza con questa carne nelle sue varie declinazioni, avendo macellato in proprio e quindi poi mangiato agnello, pecora e pure montone. Certo che qui il profumo, diciamo così, era molto più verace. Ma quello che mi colpì fu il sapore: intenso e non volgare, cotto in maniera superba!

Va da sé, e in questo ero preparato, cominciammo a mangiare prendendo ognuno dal vassoio comune, con le mani come d’uso. Scelsi di bere acqua rifiutando garbatamente di provare l’abbinamento con l’aranciata come mi avevano proposto. Non ero impegnato a capire, tanto faceva tutto Assad, ma mi venne da pensare: e quando lo racconterò a qualcuno riuscirò a rendere l’idea in che situazione mi sono ritrovato? Fantastica!

Per la cronaca le cose andarono a buon fine: vendemmo un intero container di motocoltivatori. Il Segoni, nostro capo officina, andò per la consegna della merce. Questa avvenne in un enorme capannone in mezzo al deserto già pieno per 2/3 di ventilatori cinesi con un dito di polvere sopra…

Tutto sommato l’esperienze fu positiva e non drammatica come mi doveva capitare poi in Algeria. Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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