La vendemmia indiana, quasi sovrumana..4 min read

Quaranta gradi all’ombra, caldo, secco e maniche corte sono le prerogative della vendemmia indiana da Febbraio ad Aprile.

Mentre l’Italia viticola ha concluso già da un po’ le operazioni di potatura e si dedica ai compiti stagionali classici tipo iniziare gli scongiuri contro la grandine, in India si è quasi a metà vendemmia.

Paradossalmente in India si potrebbero fare quasi 2 vendemmie l’anno, ma il monsone non consente di poter lavorare durante i mesi di piogge torrenziali (da giugno ad agosto). Inoltre seguire la naturalità del ciclo produttivo indiano rischierebbe di impoverire la vigna, che in questo modo sarebbe costretta a fare il doppio del lavoro. Proprio per questo motivo nel mese di maggio viene effettuata la prima potatura mentre una seconda si opera al termine della stagione del monsone consentendo una sola vendemmia tra fine febbraio e aprile inoltrato, a seconda delle varietà e della zona di produzione.

Ve ne presento due.

 

Nasik (569 metri slm).

E’ situata nello stato federale del Maharastra a circa 180/200 km da Mumbai. In questo comprensorio nasce nel 2004 la Vintage Wines che oggi vanta un’estensione di 25 ha coltivati prevalentemente a Sangiovese, Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon per quanto riguarda le varietà rosse e Chardonnay, Chenin Blanc, Sauvignon, Grillo per quanto riguarda le bianche. L’aspetto positivo della vendemmia indiana è non avere lo spauracchio delle piogge o delle grandinate che interessano la zona durante il periodo dei monsoni. L’aspetto negativo è una temperatura troppo alta che rischia di appassire nell’arco di pochi giorni l’uva e creare condizioni finali di disagio: elevato grado zuccherino, perdita di acidità, etc.

Rispetto allo scorso anno si è avuto un aumento di produzione che si aggira sui circa 1500 hl., per cui si avrà un parziale riequilibrio dopo due anni di “scarica”. In questa zona l’annata è stata però caratterizzata da un evento straordinario: una gelata che ha toccato gli zero gradi nel periodo tra il 18 e 20 febbraio (a ridosso della vendemmia) causando una perdita considerevole di uve in alcuni territori di Nasik. La Vintage Wines per la prima volta ha visto le foglie delle proprie viti ricoperte di brina ed una conseguente perdita del 20% soprattutto sulle uve di Chardonnay e Grillo. Solitamente le temperature più fredde raggiungono i 5 gradi circa ed erano decenni che non si presentava un evento così eccezionale. 

 

Bangalore (900 metri. slm)

Si trova nello stato federale del Karnataka a circa 1100 km da Mumbai. Qui nasce una nuova realtà, la SDU Winery che conta 20 ha. vitati principalmente a Cabernet Sauvignon e Syrah.  A differenza della Vintage Wines quindi, solo varietà internazionali e nessuna italiana.
Le premesse per un buon prodotto ci sono, ma i diversi problemi dovuti ai ritardi e alla pessima professionalità di chi è stato coinvolto nella costruzione della cantina hanno rischiato di vanificare l’eccezionale qualità delle uve. Tralasceremo di soffermarci sui tentativi di sabotaggio in cantina che hanno mandato giù per i vigneti ettolitri di mosto in fermentazione e che non hanno fatto altro che rallentare i lavori e soprattutto minare l’entusiasmo dell’enologo (l’italiano Andrea Valentinuzzi).

I problemi legati alla scarsa sensibilità e preparazione della manodopera, che con fatica si riesce a formare, alla mancanza d’acqua e di elettricità (quest’ultima solo in  determinate ore del giorno) che bloccano tutte le operazioni di cantina, rendono molto simile Bangalore al distretto di Nasik. La differenza è invece data dai terreni decisamente migliori, con buona componente ferrosa che rendono il suolo molto simile alla zona di Coonawarra in Australia. A Bangalore la vendemmia è ancora in corso e si parte dall’anno zero: le previsioni sono molto incoraggianti e il progetto è quello di trasformare la SDU in una boutique winery, dove la qualità non conoscerà compromessi.

Non ci resta che aspettare i risultati in bottiglia.

 


E per chi non vuole aspettare ho pensato bene di aprire e degustare una bottiglia di sangiovese indiano, annata 2010, che da più di un anno Simona mi ha portato e da allora giace colpevolmente nella mia cantina. Partiamo dall’esterno: etichetta accettabile, bottiglia normale, tappo in silicone. Niente da obbiettare. Apriamo e assaggiamo: il colore è forse l’unico aspetto della degustazione che ricorda il sangiovese: siamo di fronte ad un rubino abbastanza brillante e non molto carico. Il naso ha una stranissima nota ipertostata anzi, ipertorbata. Ricorda veramente moooolto da vicino whisky famosi, tipo Lagavulin. Questa nota copre tutto il resto. In bocca, oltre a ritornare questo sentore, troviamo tannini lievi ancor più ammorbiditi da alcuni grammi di zucchero residuo. L’acidità non è certo uno dei fattori salienti di questo vino che ci dice in retroetichetta di essere acquistabile solo nello stato di Maharashtra . Per adesso…lasciamolo stare lì.

Carlo Macchi


Simona Migliore

Siciliana DOC, nasce a Vittoria, patria del famoso Cerasuolo. La formazione umanistica viene arricchita dei profumi delle vendemmie siciliane grazie alla collaborazione con un’azienda vitivinicola siciliana. Non beveva ancora e non aveva assolutamente idea di cosa il meraviglioso mondo del vino e della gastronomia celassero!!!

La curiosità per il mondo del vino cresce al punto da spingerla a lasciare la Sicilia. Frequenta il mondo AIS, ma decide di sposare i principi e i metodi dell’Onav. Si diletta a “parlar scrivendo” bene o male dei posti in cui si ferma a mangiare e degustare. Esperta degustatrice, Donna del Vino, esperta di analisi sensoriale, collabora con enti, consorzi e aziende vitivinicole…da qualche anno è entrata nel mondo degli Artigiani Birrai del FVG.

Nel 2009 viene adottata da Winesurf, giornale per il quale, ispirazione permettendo, scrive e degusta senza smettere mai di imparare.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE