La Storia del vino materia obbligatoria nelle scuole: perché non esulto2 min read

Nei giorni scorsi è stato presentato in parlamento un disegno di legge per “ l’introduzione dell’insegnamento obbligatorio della disciplina “Storia e Civiltà del vino” nelle scuole primarie e secondarie, di primo e di secondo grado.”

 

Non riesco ancora a capire perché non sono riuscito ad esultare o almeno ad essere contento dopo aver letto la notizia. Eppure si tratterebbe dell’ ingresso del mondo del vino, dalla porta principale, nella vita di tutti gli italiani. Accanto alla matematica, all’italiano, alla geografia, si insegnerebbe la storia del vino…scusate se è poco.

 

Eppure ancora  non riesco ancora a gioire.

 

Non lo faccio perché sono prevenuto contro chi ha presentato il progetto: il Senatore Stefàno è infatti una persona seria e che conosce la materia e il prevedibile contorno di enologi e grandi gruppi vinicoli, pur non facendomi fare salti mortali, non mi fa comunque alzare il colesterolo a livelli di guardia (anche perché sono oltre da un pezzo…).

 

A forza di rimuginare ho capito dove sta, per me, il problema. Si fosse veramente, come sosteneva il vecchio Leibnitz, nel migliore dei mondi possibili, questa sarebbe una notizia molto positiva; invece purtroppo la proposta va ad inserirsi in una scuola e in una società non solo in grande degrado ma che vede sempre più l’insegnamento scolastico come un qualcosa spesso subito e senza molte applicazioni pratiche.

 

Per questo l’insegnamento della storia del vino, specie se fatta da insegnati verbosi e barbosi,  rischia di fare la fine dell’insegnamento dell’Educazione Civica, tanto osannata a parole quanto messa in un angolo nella scuola e (basta guardarsi intorno) soprattutto nella vita di tutti i giorni.

 

Capisco che non possiamo insegnare degustazione alle elementari, ma facendo studiare ai ragazzi di oggi nella scuola di oggi la storia del vino, per me si rischia di allontanarli dal tema più che avvicinarli.

 

“Che palle, anche la storia del vino ci tocca a studiare!” Già mi immagino torme di giovani che ripetono all’infinito questo mantra, affiancando così alle cose da evitare la conoscenza del mondo del  vino.

 

Mettere come obbligatorio lo studio di qualcosa come il vino, potrebbe portare a ritenere spiacevole ciò che invece è piacevole per definizione ed ottenere così un risultato opposto, quello appunto di disamorare, di allontanare i giovani dalla conoscenza del vino, ponendolo  alla pari di tante poco amate materie scolastiche,   a vantaggio di “materie” più divertenti, come la Coca Cola e i superalcolici.

 

Spero naturalmente di sbagliarmi.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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