La notte della grappa3 min read

Trovo ingiusto che il mondo della grappa non abbia ancora trovato la sua aurea da special guest. Ho partecipato alla Notte della Grappa alla distilleria Marzadro a Nogaredo, e se riuscissi a trasmettervi la metà del calore di quell’atmosfera, avreste la premura di non perdere la prossima.

 Allora, la grappa non è un prodotto facile da proporre, questo è un dato di fatto: il mantra recita ‘un bicchiere di vino al giorno’, mai ‘un bicchiere di grappa al giorno’.

Eppure posso in parte smentirvi, qualcosa di salutistico ce l’ha anche il distillato: Quando era praticamente un prodotto di uso comune, pare venisse prescritto dai medici insieme all’aspirina come vasodilatatore per coaudivare la guarigione dall’influenza. Inoltre chi di voi, con un raffredore da cavalli, non abbia provato latte, grappa e miele alzi la mano.

La grappa ha iniziato il suo percorso qualitativo negli anni ’90, e il Trentino, grazie al dominio austro-ungarico che diede via libera alla distillazione homemade quindi al fiorire delle distillerie, ne è l’apripista con il 70% della produzione nazionale.

 Per emozionarvi non credo basterebbe descrivervi l’aromaticità del distillato, perciò voglio fare un tentativo: avete visto il Favoloso Mondo di Amélie? La protagonista in una delle scene iniziali affonda la mano dentro un sacco colmo di grano. L’inquadratura trasmette perfettamente la sensazione carezzevole dei semi che scorrono tra le dita. Quando Alessandro Marzadro ha affondato le sue mani nelle vinacce pronte per essere distillate, la sensazione è stata la medesima. Il loro profumo ha fatto il resto. E questa è stata solo una piccola parte di una notte con protagonisti cocktail a base di grappa, food-pairing, passeggiate tra alambicco e botti di molteplici legni e dimensioni.

 

L’effetto di un’esperienza del genere? Che quando posi le labbra su 43% da vinacce appena uscite dall’alambicco fumante, i sensi sono già inebriati dalla storia di quel liquido trasparente, apparentemente innocuo. Il bicchierino del nonno nel dopo pasto (tutto falso che la grappa faccia digerire o riscaldi) diventa anacronistico.

A questo aggiungete l’estro di Leonardo Veronesi, barman e patron del Rivabar a Riva del Garda, che ha miscelato davanti ai nostri occhi cocktail uno più aromatico dell’altro: uno Sbagliato gardesano a base di Amaro, Veromuth Marzadro e Trento Doc Madonna delle Vittorie; uno Zi Gimber Tridentum, versione del Moscow Mule a base di Ginger Beer, Grappa Stravecchia Le Diciotto Lune, sciroppo di ananas e miele, Vermouth Alto Lago, spremuta di agrume del Garda e rosmarino; un profumato Bloody Mary a base di passata di pomodoro, amaro all’olio d’oliva Marzadro e (udite udite è arrivata pure qui) una grappa affinata in… anfora.

 

Il trend della terracotta pare sia migrato dal vino agli spirits pur non essendo una novità, dato che la vinificazione del Pisco peruviano (distillato d’uva) avviene tradizionalmente in contenitori di terracotta. Una novità però per il mondo della grappa dove le anfore targate Marzadro, che possono contenere 300 litri, conferiscono caratteristiche particolari al distillato, che concluso l’affinamento, risulta esaltato nei suoi sentori di fiori bianchi ed è più morbido al naso e in bocca nonostante l’alcolicità.

 I dati dicono che mediamente una bottiglia di grappa viene consumata in un anno (una volta aperta consumatela entro 18 mesi, diversamente la trama degli aromi si allenta), ma che sia giovane, o affinata in barrique o in anfora, se vi piace giocare con i sensi, dedicategli un momento di meditazione se in purezza, o di briosa sperimentazione attraverso la mixology. I vostri sensi ringrazieranno.

 

 

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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