La degustazione dei vini è un lavoro intellettuale, ma solo per gli enologi2 min read

Non ho mai creduto che degustare vini fosse come zappare un campo (con infinito rispetto per chi lo sa fare), però sapere che l’Ispettorato del Lavoro, rispondendo a un quesito di Assoenologi e Valoritalia, abbia stabilito ufficialmente che di lavoro intellettuale si tratta, mi rende un po’ soddisfatto del mio lavoro.

Non ho però tempo per ritenermi un po’più intelletuale di prima che arriva la doccia fredda. Precisa infatti Assoenologi che questa è “Una decisione importante perché recepisce completamente le articolate motivazioni esposte nel quesito proposto, nel quale si evidenziano i contenuti tecnici che questi professionisti esercitano nella loro attività, in particolare quando sono chiamati a valutare se un vino abbia o meno i requisiti per fregiarsi di una indicazione di origine, DOC o DOCG”

O perbacco, ho pensato, quindi un misero degustatore/guidaiolo/assaggiatore seriale/giornalista/esperto(me lo dico da solo per farmi coraggio) come me, quando assaggia che tipo di lavoro svolge?

Vado avanti nella lettura del comunicato stampa di Assoenologi per capire meglio. “Prima di diventare un Barolo, un Brunello di Montalcino o un Prosecco DOC infatti, l’iter di certificazione prevede una serie di verifiche, l’ultima delle quali è rappresentata dalla degustazione da parte di una commissione formata da professionisti riconosciuti e accreditati. Un ruolo delicato e centrale per tutta la filiera vitivinicola, dal quale dipende, in sostanza, l’accesso al mercato di decine di migliaia di aziende italiane. Allo stesso tempo, questi professionisti svolgono una funzione di garanzia per i consumatori, perché valutano che ogni singola partita di vino destinata al mercato possegga o meno gli standard di qualità stabiliti dallo specifico disciplinare di produzione.”

Ora ho capito! Solo gli enologi e chi fa parte delle commissioni di degustazione svolge, degustando, un lavoro intellettuale, gli altri “ciccia”!

Non voglio essere cattivo, ma si sta parlando di quelle stesse commissioni criticate da mezzo mondo? Dove non si deve valutare la qualità del vino ma la rispondenza a parametri che spesso fanno acqua da tutte le parti? A cui partecipano persone solo perché si iscrivono ad un albo, magari dopo un semplice corso da sommelier (senza offesa per i sommelier ma uno che esce dal terzo corso non è certamente un degustatore)?

Per questo torno felice a zappare la terra, magari con un bicchiere.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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