La bella “base” della Vernaccia di San Gimignano 20122 min read

I nostri assaggi annuali di Vernaccia di San Gimignano, fatti come sempre presso il Consorzio di Tutela (che ringraziamo!), ci hanno fatto scoprire una cosa incredibile.

Tutti credono che le torri di san Gimignano siano, appunto, torri. Abitate da famiglie più o meno grandi o magari di proprietà  di qualche ente, ma fondamentalmente torri. In realtà sono gigantesche vasche di stoccaggio vino, dove tutti i produttori di San Gimignano mettono la loro Vernaccia “base”, che diventa così un unico blend, poi imbottigliato con le rispettive etichette aziendali. Attenzione!  Solo le vernaccie “base” confluiscono in questi megaserbatoi, mentre le selezioni o le riserve rimangono ognuna nelle rispettive cantine…..

Naturalmente stiamo scherzando, ma ad un certo punto per spiegare i risultati della degustazione abbiamo buttato lì anche questa immaginifica soluzione.

Ma cosa era accaduto? Fino a che avevamo degustato le vernacce “base” (brutta definizione ma non ne esistono altre) ci eravamo trovati di fronti non solo ad una qualità medio alta uniformemente diffusa ma anche a caratteristiche abbastanza simili tra i vini, che potrebbero essere riassunte nel termine “tipicità”. Tutto questo sino al momento in cui siamo passati ad assaggiare le selezioni (tanto per capirsi quelle che hanno un nome proprio in etichetta) e le riserve. Qui è cominciata la “diaspora della vernaccia”: pinco usa il legno, pallino altre uve, caio un mix delle due, tizio la iperriduzione e via così, con dei risultati che non solo portano nei vini enormi differenze ma che alla fine non producono reale qualità se non in pochissimi casi.

Quindi continua quel fenomeno che avevamo intravisto e presentato negli anni scorsi: le basi vanni meglio delle selezioni. Sono più riconoscibili, equilibrate, piacevole e, last but not least, costano anche meno. Mettiamo anche che le selezioni abbiano bisogno di tempo per esprimersi meglio ma quello che non ci convince è l’enorme diversità  stilistica che quasi mai porta a grandi risultati.

E’ mai possibile che su una trentina di selezioni  fatte in modi diversi ce ne siano pochissime che riescano ad unire piacevolezza e riconoscibilità? Oramai è chiaro che il legno nella vernaccia va dosato con il contagocce oppure occorre aspettare molti anni prima di mettere il vino in commercio. Invece ci troviamo di fronte a coperture improbabili dei fini aromi della vernaccia da parte di legni non proprio di grande finezza, con dei risultati finali non certo eclatanti.

Mentre invece la “cuvée torri di San Gimignano” ovvero le vernacce base mai come quest’anno ci hanno convinto: non aspettatevi cose spettacolose ma dei vini piacevoli, di buona freschezza, fini al naso, senza (o quasi) innesti di altre uve e che costano molto meno di dieci euro.  

Questo, in un momento di mercato certo non facile, credo sia un bel segnale per chi vuol bere bene e spendere poco.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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