InvecchiatIGP. “Pole i’ Ciliegiolo pareggiassi a i’ Sangiovese?” Se è il San Lorenzo 2011 certo che si!3 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

 

Maremma Toscana Ciliegiolo DOC “San Lorenzo” 2011 Sassotondo, cru aziendale da una vigna di 70 anni. Appena è uscito è ostico, ma dopo dieci anni è sontuoso. Con buona pace dei più blasonati.

Pensando al Ciliegiolo, dopo tanti assaggi ripetuti negli anni, la prima cosa che mi viene in mente è che il suo peggior nemico sia il Sangiovese. La cui fama nel tempo è diventata tale da rendere inutile qualsiasi tentativo di valorizzare gli altri vitigni autoctoni toscani, relegandoli fatalmente tra i figli di un dio minore.

Eppure il Ciliegiolo, antica varietà già citata da Soderini (1590) sotto il nome di “Ciregiuolo” e coltivata oggi in numerose regioni italiane (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata), non dovrebbe avere alcun tipo di sudditanza psicologica visto che recenti studi effettuati sui profili del DNA di oltre 2000 vitigni di tutto il mondo, hanno provato che proprio il Sangiovese discende direttamente da un incrocio naturale tra il Ciliegiolo ed una varietà denominata “Calabrese di Montenuovo“, la cui identità ampelografica rimane tuttavia ancora sconosciuta.

Di quest’uva si sono innamorati a suo tempo l’agronoma Carla Benini, agronoma e suo marito, il documentarista Edoardo Ventimiglia, tanto da acquistare agli inizi degli anni ’90 un fazzoletto di terra tra i comuni di Sorano e Pitigliano con una casa malmessa, settantadue ettari abbandonati e un ettaro di vigneto.

Col tempo però le cose si sono evolute e Sassotondo, questo il nome dell’azienda agricola da loro fondata, è diventata una realtà vitivinicola solida dove i vigneti, condotti biologicamente dal 1994, occupano oggi una superficie complessiva di circa dodici ettari: nove a bacca rossa (Ciliegiolo, Sangiovese, Teroldego e Merlot) e tre a bacca bianca (Trebbiano, Greco, Sauvignon).

Tornando al Ciliegiolo, in azienda questa varietà si trova nel vigneto San Lorenzo, piantato settant’anni fa su terreni tufacei situati di fronte all’antica città di Pitigliano. Da queste uve, vinificate in purezza, nasce appunto il “San Lorenzo”, vero e proprio cru aziendale e vino più rappresentativo di Sassotondo.

Proprio qualche giorno fa mi è capitato di bere l’annata 2011: e se è vero che di norma il San Lorenzo appena messo in commercio è abbastanza ostico, è altrettanto vero che dopo una decina d’anni il vino si mostra disteso, con una complessità e una profondità inaspettate.

Al naso è abbastanza austero ed integro nei profumi, che si sviluppano in sfumature che ricordano la marasca, la carruba, la macchia mediterranea, il ferro e, sul finire, svelano un acuto di rabarbaro e ginepro. Il sorso è scuro, salino e minerale, quasi ematico, con un tannino perfettamente fuso e una eccellente armonia di insieme. Finale lungo, iodato, con chiari rimandi al territorio di appartenenza. Un grande vino della Maremma che nulla ha da invidiare ad altre denominazioni blasonate.

Nota tecnica: la raccolta e la selezione delle uve sono manuali, la fermentazione avviene senza aggiunta di lieviti, e la macerazione dura da 15 a 20 giorni. Il vino matura per 18/30 mesi in botti di rovere di slavonia da 10 hl. Il San Lorenzo è posto in commercio dopo 12 mesi di affinamento in bottiglia nelle cantine sotterranee dell’azienda.

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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