In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Ammettetelo, pochi di voi considerano il Sangiovese romagnolo un vino capace di emozionare e, magari, di invecchiare. Niente di più sbagliato! La Romagna è una regione del tutto particolare, sia per la sua formazione geologica, praticamente unica, sia perché è uno dei pochi luoghi dove l’altitudine non conta più di tanto. In che senso? Nel senso che si possono fare eccellenti Sangiovese a 50 m. sul livello del mare come a 700, perché i fattori che li caratterizzano sono così complessi ed eterogenei che qualunque etichetta si tenti di affibbiargli si incorre in una generalizzazione che non trova corrispondenza con la realtà.
Anche il giudizio sulle annate qui non può dare segni di uniformità, perché la varietà di microclimi, di suoli, di pendenze, di esposizioni, è tale da disorientare persino le centraline sparse su tutto il territorio.
Detto questo, quello che manca – ma oggi direi sempre meno – è una comunicazione forte e condivisa, collettiva, in grado di sconfiggere luoghi comuni e opinioni frettolose.
Andateci in Romagna, non solo al mare, ma girate colline e vigneti, scoprirete un mondo affascinante dove la natura è molto più in armonia che altrove; qui i boschi, la fauna, la flora, sono numerosissimi e, spesso, circondano le vigne, creando paesaggi incantevoli.

Da vent’anni esatti a Faenza c’è un evento che, più di ogni altro, testimonia la bellezza di questi luoghi e dei loro vini, è Vini ad Arte, una kermesse indirizzata, in giornate separate, al pubblico e alla stampa, quest’anno si è svolta dal 22 al 24 settembre. Che si tratti di Sangiovese, Albana, Trebbiano romagnolo, Centesimino, il comparto vinicolo è cresciuto in maniera inequivocabile, senza che i prezzi dei vini siano saliti in modo incontrollato come è avvenuto in altre regioni come Toscana e Piemonte.
Per fortuna, direi, perché coloro che per più di vent’anni hanno alzato i prezzi sotto la spinta del successo, oggi fanno molta più fatica a vendere per via di una inevitabile contrazione dei mercati, perché da sempre l’onda sale e scende, i più intelligenti non approfittano ma trovano la giusta mediazione per non incorrere in problemi eccessivi quando la curva scende.
Ebbene, il 23 settembre ho avuto modo di partecipare a una masterclass con tema “Vecchie Annate”, nella quale sono stati presentati 7 campioni, due di questi mi hanno talmente entusiasmato che ho deciso di dedicarli alla rubrica InvecchiatIGP: sono il Romagna Sangiovese Superiore Fermavento 1998 di Giovanna Madonia e il Vdt Pietramora 1985 di Fattoria Zerbina.
Sono due vini profondamente diversi – il primo proviene da Bertinoro e non è neanche una riserva (che si chiama Ombroso), l’altro da Marzeno, una delle sottozone più piccole del Romagna Sangiovese – ma sono anche due vini che hanno in comune una personalità straordinaria e hanno dimostrato di tenere il tempo in maniera strepitosa.

L’azienda di Giovanna Madonia e Giorgio Poppi nasce nel 1992, lavora artigianalmente avvalendosi della consulenza enologica di Leonardo Conti e Attilio Pagli, e agronomica di Stefano Dini e Dario Ceccatelli. I suoli sono caratterizzati dal cosiddetto “spungone”, pietra di origine marina dalla connotazione profondamente calcarea. Da alcuni anni l’azienda è passata in regime biologico.
Il Fermavento 1998 ha tinta granato caldo, profumo di straordinario fascino, la componente terziaria è appena accennata, il frutto è ancora vivissimo, arancia, prugna, marasca, karkadè, pelle conciata, poi cenni di caffè e liquirizia dolce, una balsamicità profonda che esalta il bouquet. Tutto si presenta in perfetta armonia, rivelandosi al gusto semplicemente fantastico, salato, austero e allo stesso tempo generoso, ancora fresco e dinamico, senza alcun cedimento, un messaggio chiaro che il sangiovese qui può fare grandi cose.
Cristina Geminiani è nata a Monza ma potremmo dire che è naturalizzata romagnola, visto che ci vive da moltissimi anni. Nel 1985 prende le redini dell’azienda acquistata nel ’66 dal nonno e prende subito la via dell’innovazione, ne è testimone lo Scacco Matto, un passito da uve Albana botritizzate che ha conquistato il globo e forse qualche altro pianeta fuori della nostra galassia. Cristina, laureata in agronomia, è stata la prima a utilizzare l’alberello come metodo di allevamento, con le vigne ad alta densità, e ad effettuare una ricerca clonale per impiantare le migliori barbatelle di sangiovese romagnolo e toscano. Il suo Pietramora è il primo vino prodotto a base sangiovese, degustare il 1985 è stato di per sé già una grande emozione.
Il Pietramora 1985 mostra un colore granato ancora vivo, luminoso (forse c’è un piccolo contributo dell’ancellotta, uva tintora che Cristina usa in piccola percentuale ma non in tutte le annate); il bouquet si lancia sui fiori macerati, ciliegia in confettura, agrumi, cioccolato, liquirizia, torba e molto altro, ma è al palato che mi lascia senza fiato, dove mette in mostra una freschezza incredibile, che dona al frutto e alle spezie un’energia spettacolare, mai potresti immaginare sia un vino con 40 anni sulle spalle!
Un autentico gioiello, con una beva che ti strega, tanto che non ho potuto fare a meno di finire quel poco che avevo nel calice, sarebbe stata un’eresia lasciarlo lì. Immenso. Viva la Romagna!