Il vino delle colline di Firenze, ovvero il Chianti Colli Fiorentini5 min read

Su tre lati Firenze è attorniata da colline di bellezza particolare, con vigneti, oliveti e tanto bosco: case rurali e ville hanno un fascino degno del centro storico.

È su questo territorio, a nord, est e sud, che si produce il rosso chiamato oggi Chianti Colli Fiorentini, per secoli sorgente del consumo diretto del capoluogo. Basta guardare il panorama per notare che il vigneto rappresenta tutt’altro che una monocoltura, e infatti la produzione è piuttosto contenuta.

Un po’ prima delle Anteprime Toscane (una ante-anteprima quindi…) siamo andati ad assaggiare i vini della zona presso Marzocco di Poppiano nel comune di Montespertoli, una delle fattorie facenti parte del Consorzio. Bella fuori e dentro, ci ha offerto un’ottima accoglienza e un servizio puntuale.

Tuttavia la mattinata è stata a mala pena sufficiente per l’assaggio di ben settantadue campioni, in cui i Chianti Colli Fiorentini veri e propri erano di fatto in minoranza. Il Consorzio ha evidentemente lasciato liberi i produttori di presentare i loro biglietti da visita: ed ecco, insieme ai Colli Fiorentini veri e propri,  quattro bianchi e un rosato, diversi “semplici” Chianti, tre Vinsanto e l’immancabile spumante.

La parte del leone – direi con una battuta, visto che il leone della banderuola di Palazzo Vecchio è il simbolo del Consorzio – l’anno fatta gli IGT, ben ventotto. Fra questi, spalmati fra il 2015 e il 2020, erano presenti mono e pluri vitigni da zone lontane fra loro quindi prevedibilemente abbiamo trovato cose diverse, con molti vini convincenti e altri meno.

Fra i primi indubbiamente i Canaiolo, una realtà interessante: i 2020 di Malenchini e de La Querce (“Belrosso”), nonchè il 2018 di Castelvecchio (“Numero otto”) e il ’19 di Fattorie Giannozzi (“Vigne testarde”). Tutti di buona aromaticità e di buona beva. Ho trovato positivi anche i Merlot, particolarmente il Colle dei Mandorli 2019 dell’azienda San Vito ma anche due 2018, Torre a Cona e Castello di Poppiano (La Historia d’Italia) nonchè “M” 2016 (La Querce).

I portabandiera Chianti Colli Fiorentini hanno offerto quella caratteristica sapidità che rende piacevoli molti rossi della Toscana interna a base di Sangiovese, con una struttura comunque superiore ai Chianti. L’aspetto aromatico è risultato invece piuttosto vario, da un floreale elegante a un fruttato che sembra un po’ forzato fino a qualche eccesso di legno.

Mi è sembrato particolarmente saporito il 2020 di San Michele a Torri e mi ha sorpreso l’equilibrio del 2017 della Cantina Sociale Valvirginio. Ancora più disparità nel gruppo Riserva, in questo caso probabilmente per scelte di cantina. Interessante Torre a Cona che ne ha messe in degustazione due del 2018, convincenti per il gusto slanciato.

In questo gruppo ho trovato comunque gli esempi più discutibili, e bene hanno fatto i produttori a riunirsi la stessa sera, come ci è stato detto, per un assaggio e un confronto fra loro.

Questo per i vini, ma già che c’eravamo abbamo fatto qualche domanda a Marco Ferretti, Presidente del Consorzio.

“La strada percorsa è stata lunga, basti pensare che già nel 1932 la Commissione Dalmasso portò a delimitare il territorio e a descriverne le caratteristiche. Quando nel 1967 fu istituita la doc Chianti, per la vostra sottozona fu scelta la dizione “Colli fiorentini”. Adesso una piccola provocazione: non sarebbe stata commercialmente più efficace “Colline di Firenze”, come quella prevista del resto  nel disciplinare dell’olio extravergine Toscano IGP?”

“In verità non mi ero mai posto il problema, per me è sempre stato solo Colli Fiorentini e la cosa più importante è riuscire a far collegare questo territorio con il suo vino alla città di Firenze. Stiamo puntando molto sul far diventare il Chianti Colli Fiorentini il Vino di Firenze. Già nello strisciolino con il logo sulle nostre etichette viene riportata la scritta Firenze perché la conoscenza del nome della città rinascimentale è di grande diffusione mondiale.”

Marco Ferretti

“Oltre al Consorzio rappresenti La Querce, fattoria già segnalata da Luigi Veronelli cinquant’ anni fa. Nel nuovo millennio hai visto cambiare l’offerta vinicola del vostro territorio? Se si, come?

“Certamente l’offerta vinicola è cambiata da quando nel 1985 feci la prima vendemmia ad Impruneta nell’azienda La Querce. Allora si produceva un unico vino in bottiglia, apprezzato come dicevi già allora da Gigi Veronelli, ma differente da quello che si produce oggi con una conoscenza delle fermentazioni e degli affinamenti molto maggiore, grazie anche agli studi che sono stati fatti nel territorio toscano”.

“Pochi giorni fa hai sottoscritto, a nome del Consorzio, un protocollo d’intesa con sedici comuni, coinvolti per valorizzare al meglio il territorio partendo proprio dal vino. Come pensate di mettere in pratica questi intenti nel futuro più vicino?”

Il protocollo d’intesa sottoscritto dal Consorzio Chianti Colli Fiorentini con tutti i 16 comuni del nostro territorio è stato un successo politico che ci permetterà attraverso il vino di valorizzare le nostre aziende con un impulso nuovo al turismo sia nazionale che internazionale che oltre a visitare Firenze può agevolmente raggiungere le nostre vigne e cantine. Questo porta ad uno sviluppo dell’enoturismo e delle vendite dirette in azienda ma anche alla visita delle cittadine nei nostri colli sviluppando anche un progetto di percorsi cicloturistici che il Consorzio aveva preparato con il Touring Club. L’impegno delle amministrazioni a trovare delle strade migliori per una cartellazione turistica della zona a differenza di quella odierna, ad ospitare il Consorzio nelle manifestazioni tradizionali locali che si svolgono negli stessi paesi e per ultimo ad aiutarci a presentare il Vino di Firenze in un Expo nella città stessa. Tutto questo potrà meglio far conoscere il nostro marchio ed apprezzare di più i nostri vini.”

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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