Il marchese Incisa in cattedra…e in banca5 min read

Gran fermento a Pollenzo nel pomeriggio dello scorso lunedì 11 novembre. In questa frazione del comune di Bra arriva in visita il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, noto come proprietario della Tenuta San Guido in quel di Bolgheri. Motivo: tenere una conferenza all’Università di Scienze Gastronomiche che in Pollenzo ha sede.

 Il Marchese sale in cattedra nell’aula magna gremita di duecento studenti. Coadiuvato dal suo direttore commerciale Carlo Paoli e stimolato dal professor Nicola Perullo ripercorre con sobrietà e quasi con timidezza le tappe che collegano i primi caparbi e nascosti esperimenti di suo padre Mario, un’ottantina di anni fa, alle glorie odierne del Sassicaia di fama mondiale. L’aspetto quasi dimesso da country gentleman del conferenziere è in sintonia col tono delle sue parole che evocano aspetti della Tenuta forse meno noti all’enofilo di stretta osservanza, come l’allevamento dei cavalli di razza o la presenza dell’Oasi Faunistica del Padule di Bolgheri promossa proprio dal padre Mario co-fondatore del WWF Italia. Nonchè la produzione di altro-da-vino: extravergine, cereali, pesche e foraggere.

Durante questa sorta di lectio magistralis il Marchese non manca di rendere  omaggio al territorio ospitante: la famiglia ha infatti origini piemontesi e la Rocchetta del cognome è proprio Rocchetta Tanaro. E qui cita l’evoluzione positiva di certa Barbera prodotta in  zona, nel quadro del cambio epocale della realtà vinicola italiana di cui Tenuta San Guido è stata antesignana. Per la precisione rammenta che la prima etichetta di Sassicaia è del 1968 e appare orgoglioso che la classificazione dell’epoca“vino da tavola”si sia trasformata se pur dopo qualche decennio in una denominazione tutta inclusa nella proprietà, la“Bolgheri Sassicaia”- caso eccezionale  in Italia di doc ad hoc.

 In ogni caso non mancano nel racconto gli argomenti diventati di culto per gli appassionati, come il rapporto con i cugini Antinori, la mitica vigna di Castiglioncello, l’introduzione delle barriques sotto l’occhio vigile di Tachis, l’influenza del clima marino e le barbatelle di Cabernet provenienti non dal Medoc ma dal territorio pisano–dettaglio su cui da buon livornese il professor Perullo preferirebbe sorvolare.

Intanto gli studenti si passano il registro delle presenze per la firma e prendono appunti con  diligenza: noto intorno a me un solo portatile acceso, e il ragazzo sta appunto sbirciando il sito di Tenuta San Guido.

Alla fine arriva un bell’applauso, pur da una platea in cui pochi, si presume, avranno assaggiato il vino in questione. Danno l’impressione di uscirne con la voglia, e come conclusione di lezione sarebbe stata certamente apprezzata proprio da uno come Mario Incisa quando studiava a Pisa: ma allora non c’era niente del genere all’orizzonte.

Oggi invece in questa particolare università viene dispensato onore accademico a diversi miti della gastronomia, basti pensare che venti giorni fa la conferenza è toccata a Ferran Adrià (che ha pure curato per una settimana la mensa, mica male…).

Tuttavia Pollenzo non è solo accademia ed ecco il marchese fare pochi passi e scendere in banca. Dove altro si potrebbe trovare il tesoro di sei magnum di Sassicaia dal 1999 al 2010 da presentare in degustazione? Alla Banca del Vino, altra ragguardevole istituzione pollentina. Qui il terzetto della conferenza viene affiancato da Fabio Pracchia della guida Slow Wine, che presenta i vini nei bicchieri a un pubblico inevitabilmente anche se solo parzialmente diverso.

La piacevolezza di un assaggio del genere sta tutta nell’eleganza e nella contemporanea bevibilità del vino, che alle variegatissime sfaccettature aromatiche affianca una persistenza gustativa impressionante quanto soave. Velluto quindi, anche se   sempre percorso da freschezza. Vero è che assaggiando sei annate di  fila si notano molto le differenze, eppure le caratteristiche fondamentali sono quelle, per niente scontate pensando a tanti vini di fama giocati su potenza e concentrazione. I clienti della Banca hanno confermata l’impressione che il Sassicaia offra quella costanza qualitativa nelle diverse annate che ha reso celebre il modello bordolese (quest’ultimo considerato nelle sue espressioni massime, è meglio ricordarlo); nemmeno l’impressione visiva marca troppo la distanza nel tempo. Proviamo tutte annate pari, eccetto il ’99 che si presenta peraltro come uno dei più gagliardi. Mentre indoviniamo il gran potenziale evolutivo del 2004 ci sorprende intanto la sostanza dell’ultimo arrivato 2010, dal bel carattere floreale; si distingue anche un 2006 multistrato, del resto già premiato dalla critica; un po’ sottotono solo il 2002, appena meno complesso e appena più cabernettoso.

Rimaniamo con la sensazione che tutto il quadro sia in intrigante movimento, e ci si lascia ipotizzando un appuntamento per tirar fuori le stesse etichette dal caveau fra uno o tanti anni.   

Un’università e una banca, anche se speciali: sembrerebbero posti improbabili per mettere in vetrina la storia di una singola etichetta, per lo meno fino ad oggi. Ma sono la spia che la realtà enologica e forse lo stesso modo di considerare il vino sono in forte cambiamento, se c’è del vero–a proposito di banche – nell’analisi di Tom Kierath e Crystal Wang, utilizzata da Morgan Stanley neanche un mese fa per tratteggiare il futuro  scenario economico-finanziario del prodotto. In sostanza vi si invita ad investire in etichette di pregio, perchè la penuria globale di vino sarebbbe alle porte e i collezionisti aumenteranno. L’argomento  è diventato immediatamente controverso tanto che sembra poco plausibile allo stesso Incisa della Rocchetta che lo cita. Ma che risulterebbe a tutto vantaggio del Marchese stesso se continuerà a mettere in pista un tale purosangue.
 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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