I vini di Luigo Moio: razionalità e sogno in 10 annate di Terra D’Eclano3 min read

Razionalità e sogno, due parole così distanti tra loro che sembrerebbero negarsi a vicenda, eppure a volte succede che il sogno segua una sua razionalità, specie quando non è una fantasia onirica, ma una visione chiara, un obiettivo da perseguire e possibilmente da realizzare. Luigi Moio, il professore universitario, il ricercatore, l’agronomo, l’enologo,  amante della musica e della pittura, ha fatto quadrare il cerchio.

 

Dopo una serie di collaborazioni e consulenze con varie aziende di tutt’Italia, dà vita al suo sogno creando Quintodecimo, quasi  un piccolo chateau sullo stile francese e come i francesi lo fornisce di una moderna cantina, ma senza effetti speciali e lo  circonda di vigne che vengono curate con estrema attenzione, quasi maniacale.

 

E’ un piacere seguirlo nelle sue descrizioni delle vigne così come delle pratiche di cantina, tutto sembra così semplice, naturale, senza alcuna forzatura, eppure dietro c’è tanto lavoro certosino, simbiotico con la terra e la vite.

 

Anche i concetti enologici espressi sembrano di una semplicità disarmante, logici soprattutto. La cura e la passione di Moio portano a 6 vini equamente divisi tra bianchi e rossi.

 

A noi il piacere della prima verticale del Terra D’Eclano dal 2013 al 2004. 10 annate esemplari e didattiche, raccontate (solo per l’andamento climatico) dall’autore.

 

Una degustazione che si presta a varie letture ma soprattutto  capace di rimettere in discussione alcuni capisaldi sinora ritenuti iincontestabili, come ad esempio quello della tannicità dell’Aglianico, gioia e dolori del vitigno.

 

I vini in degustazione hanno mostrato come è possibile addomesticare l’esuberanza tannica. sia con un lavoro in vigna che porti le uve ad una maturazione fenolica completa, poi con un uso delle barrique mirato e con  fermetazione malolattica svolta nel rovere. Sull’uso delle barrique, cosa su cui s’è discusso molto,  Moio ha le idee molto chiare, che si riflettono nei vini dove il rovere svolge il ruolo di aiuto e non di prima donna:quello che giustamente deve avere.

 

Il susseguirsi delle annate in degustazione ha sempre mostrato una pulizia esemplare, un frutto non condizionato dal rovere e dei tannini vellutati, nient’affatto ostici, anche in gioventù.

 

Vini di classe non v’è dubbio, con un frutto fresco “croccante”, concentrato ed elegante, con rovere appena accennato.

 

L’elenco sarebbe lungo e pur considerando le diversità climatiche che hanno caratterizzato le diverse annate, lo stile è rimasto lineare, sempre mirato all’espressività territoriale.

 

Ogni annata ha mostrato classe e anche le più giovani, pur con un tannino ancora lievemente “polveroso” ma di grande morbidezza, sono rimaste sulla stessa lunghezza d’onda. Per non citare anche il vino della prima annata (2004), ancora integro sia nel colore che nella freschezza, con profumi che iniziano appena a virare verso fiori appassiti e dove il tannino colpisce per la finezza.

 

Una esperienza che consiglio a tutti coloro che amano questo vitigno ed in particolare a coloro che sono pronti a rimettere in discussione alcune “certezze”, a partire dal biccvhiere e non dalle parole.

 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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