I vini di Creta non sono più un mito5 min read

Creta è un’isola lunga e stretta e quindi la lunga e stretta Divina Enoteca in via Panicale a Firenze è stata perfetta per accogliere la prima volta dei vini di questa terra in zona etrusca.

Ho volutamente citato gli etruschi perché fino ad un attimo prima di iniziare l’assaggio la mia aspettativa era quasi ancorata a quel periodo circonfuso di mito e di storia. Non dico che mi aspettassi dei vini “minotaurici”, ma dei bianchi caldi, poco acidi, dalla colorazione ambrata anche nei prodotti secchi e dei rossi grossi, grassi e placidi, difficilmente esportabili e godibili nel moderno mondo del vino.

 

Poi ho assaggiato il primo bianco da uve autoctone Vidianò e sono così velocissimamente atterrato nella moderna Creta, stupendomi spesso e volentieri per una serie di bianchi dagli aromi netti, precisi, piacevoli e intensi e con delle freschezze e sapidità che niente hanno da invidiare a vini di altre nazioni più conosciute e blasonate. Forse alcuni bianchi sono leggermente tecnologici, ma loro bella aromaticità e freschezza ti porta a superare facilmente lo scoglio. Quasi tutti i bianchi, anche quelli che non arrivano da uve aromatiche o semiaromatiche, hanno una elegante fragranza aromatica, che porta a note floreali ma anche  agrumate ed in alcuni casi di frutta bianca matura, senza per questo perdere in freschezza e nerbo. Le uve autoctone principali sono oltre al Vidianò, il Thrapsathìri e la Vilàna, più un clone locale definito di Moscato, lo Spinas, anche se ci si può imbattere (non molto per fortuna) nella presenza di Chardonnay e Sauvignon.

Insomma i bianchi cretesi sono stati una vera e propria scoperta che varrebbe la pena approfondire con un bel viaggetto.

 

Il mondo dei rossi, che presentava anche campioni di 2-3 anni,  mi ha riservato invece meno soddisfazioni ma alcuni vini, in particolare da uve Mandilari e Kotsifali hanno una ruvida ma non debordante tannicità, un alcol non altissimo e comunque ben modulato nel vino ed una mano enologica che ha ben dosato il legno piccolo. Tra i rossi e sicuramente maggiore la presenza di vitigni internazionali sia bordolesi che del Rodano (c’è anche chi ha piantato nebbiolo….).

 

In chiusura un solo vino passito di ottimo livello da uva Romeiko con aromi sia di naso che di bocca dove il fico secco, l’albicocca, il miele la fanno da padrone. Un vino solare e immediato.

 

Se torniamo un attimo a guardare Creta dall’alto non possiamo certo affermare che le aziende produttrici e imbottigliatrici siano molte. Si parla di una trentina, di cui molte di piccole dimensioni. Ci sono anche alcune DOC, nella zona di Eraklion e di Lasithi, (zona centrale e est dell’isola) ma diverse aziende si trovano anche nella parte ovest. Quello che mi sembra interessante da sottolineare è la sensazione che  i produttori siano fortemente spalleggiati dallo stato e anche fra loro il clima sia veramente buono. Insomma, stanno cercando di superare con un bel balzo quel labirinto di pregiudizi che, come un lunghissimo e mitologico filo di Arianna, anche io mi portavo dietro.

 

A questo punto dovrei parlare più in particolare dei vini facendo nomi e cognomi, ma la mia atavica difficoltà a prendere appunti degustando in piedi lascia ad Alessandro Bosticco una più attenta disamina dei vini.

 

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“Wines of Crete”, ente organizzatore della presentazione, ha scelto il limite di un vino per azienda, per un totale di ventuno.

Per quanto drastico, il criterio ci permette di avere un buon panorama dell’isola, e in particolare dei suoi vitigni autoctoni: le iniezioni di Merlot & Co. sono a dosi omeopatiche, almeno nei campioni di questa occasione, il che la dice lunga sul tipo di promozione che i Cretesi stanno facendo.

 

Il Melissinos, ad esempio, è un bel bianco di  Paterianakis, dove il contributo dichiarato di Sauvignon Blanc risulta risibile all’assaggio (di solito, come sappiamo, è il contrario). Vi domina il locale Thrapsathiri che la produttrice, presente alla degustazione, descrive come una delle star dell’isola: ben resistente alla siccità, può regalare una valida spalla acida e un bel fruttato.

 

Ce lo confermano gli assaggi del fresco Ocean di Idaia e del vigoroso Theon Dora della Stilianou, dove il vitigno gioca in squadra. Il Theon Dora in particolare schiera altri due autoctoni, Vilana e Vidianò.

 

Quest’ultimo è quello che ci ha più impressionato: testato in purezza su altre quattro aziende conferma un’ aromaticità complessa di erbe fini, frutta e minerali, ben replicata anche in bocca e supportata da struttura solida. Ci piace segnalare, sempre fra i bianchi e sempre 2014, il Fragkospito dell’azienda Gavalas, elegante e dalla lunga persistenza, basato su Malvazia e Spinas’ Muscat (con relazione tutta da verificare con vitigni che suonano similari…).

 

Anche l’assaggio dei rossi risulta interessante, e la parte principale è sempre quella degli  autoctoni. Mandilari e Kotsifali forniscono in blend il Mirambello di Mediterra 2011, dal bel fruttato fresco anche se i tannini sono un po’ rustici. I due vitigni figurano in altri vini, insieme o da soli, dimostrando la potenzialità di uve e territorio anche se lo scenario ci sembra meno definito che per i bianchi.

 

La chicca finale viene da un’altra uva rossa iperlocale di nome  Romeiko, che dà luogo a un passito: l’Eurhoria 2014 della Dourakis è ambrato e fitto di zucchero caramellato e fichi secchi, moderato di alcol quanto interminabile al gusto.  L’uva è presente solo nella parte occidentale dell’isola,  e ci producono di solito il Marouvàs, vino che ci dicono diverso da questo: insomma da esplorare magari con una visita in luogo, visto che anche all’enoturismo mirano i produttori in questo luogo già ricco di attrattive. 

Intanto registriamo l’assenza di vini in creta a Creta: niente anfore, e sì che la storia offrirebbe qui una valida scusa!

 

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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