I vini casertani si stanno muovendo, pure bene!4 min read

La visita all’antica Vigna di San Silvestro è stato il degno coronamento di una intensa due giorni (18-19 marzo) interamente dedicata ai vini casertani. La vigna si trova all’interno della Oasi WWF, parte del Parco della Reggia di Caserta, e fu Re Ferdinando IV di Borbone a separarla da quella sperimentale, chiamata Vigna del Ventaglio per l’impianto di Pallagrello Nero e Bianco.

Vigna di San Silvestro

Un tributo alla storia ed ai vini di questo territorio spesso e molto frettolosamente sottovalutato.

Merito di Vitica, Consorzio di Tutela che rappresenta i produttori di cinque denominazioni .Aversa Asprinio DOC, Falerno del Massico DOC, Galluccio DOC, Roccamonfina IGT e Terre del Volturno IGT. Il consorzio, presieduto da Cesare Avenia, quest’anno ha voluto fare le cose in grande così, complice una prestigiosa e storica location come il Real Sito Belvedere di San Leucio di Caserta, ha proposto vari momenti di riflessione. Questi ruotavano attorno al tema della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, con relazioni affidate al Prof Attilio Scienza, Elisa Frasnetti e Roberta Garibaldi. Interessanti anche le Masterclass dedicate al Galluccio DOC, Roccamonfina IGP e al Falerno del Massico ed è proprio su quest’ultima che proponiamo alcune riflessioni.

Falerno del Massico. Senz’altro la denominazione più conosciuta e ricca di storia

Il Falerno del Massico Bianco, come da disciplinare composto da almeno 85% di Falanghina, mostra in questo territorio caratteristiche particolari.

Inevitabile il paragone con quella beneventana e dei Campi Flegrei: qui olfattivamente si gioca prevalentemente più sui toni floreali che fruttati. Al palato mostra particolare sapidità, forse il tratto più distintivo e caratterizzante, con un supporto acido non esuberante ma che si accentua quando proviene dalla zone più alte.

Senz’altro un vino dal carattere, distinguibile espressione di un territorio dove la composizione dei suoli di origine vulcanica segna la differenza. Tutta ancora da giocare la partita che riguarda la sua longevità, anche se ci sono esempi che dimostrano buona disposizione all’invecchiamento la partita è ancora aperta.

Nel Falerno del Massico Rosso il disciplinare lascia, dal punto di vista ampelografico, piuttosto liberi, potendo utilizzare per il Falerno rosso Aglianico (minimo 60%) e  Piedirosso  (massimo 40%)  e per il Falerno Primitivo questo stesso vitigno con un minimo del 85%.

Territorio del Falerno del Massico

La combinazione Aglianico-Piedirosso sembra quella più convincente, capace di restituire alla degustazione un Aglianico meno ostico, senza quella spigolosità che sembra caratterizzarlo in buona parte della Campania. Inoltre la gamma aromatica ne guadagna in ampiezza e immediata fruibilità. Meno convincenti le vinificazioni in purezza, dove l’Aglianico si mostra ancora piuttosto indomabile.

Interessante e tutto da scoprire il Primitivo di questo territorio. Particolare direi. Al naso l’aderenza al vitigno è evidente e gioca a suo favore per la riconoscibilità. Dal punto di vista olfattivo ricorda quello di Gioia del Colle, con le sue sfumature floreali e di incenso, piuttosto che quello di Manduria con le sue esuberanze fruttate.

Voglio precisare che questa differenziazione tra i primitivi era valida sino ad alcune vendemmie fa. Oggi a causa delle annate calde che si sono susseguite la differenza tra i due tende ad annullarsi.

Ma quello che rende ancora più interessante il Falerno del Massico Primitivo è che in questo territorio sembra assumere una particolare eleganza sia olfattiva che gustativa, connotandosi nelle sue espressioni migliori come un vero e proprio “outsider”. Naso fruttato con sfumature floreali e palato fresco con alcuni, anche qui accenni lievemente sapidi. Di certo se il Primitivo nelle sue accezioni pugliesi nasce su terreni sia pur vari come quelli di Manduria (terre rosse, bianche, nere e sabbiose) o quelle prevalentemente carsiche e calcaree di Gioia, quello del Massico nasce su suoli di origine vulcanica e questo è il punto di forza e la differenza, su cui molto si potrà dire in futuro

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


LEGGI ANCHE