I 15 anni di Winesurf si festeggiano con un Madera (e un Bosticco) di 70 anni4 min read

Settanta sono ben settanta, per Bacco! Ora, se uno deve scegliere un vino coevo con cui festeggiare gli anni degnamente, (sia i suoi che quelli di Winesurf!) dove può andare a parare? Per cadere in piedi la risposta è quasi obbligata: Madera. Poche altre etichette possono garantire la tenuta nel tempo per sette decenni, nonostante qualche possibile trauma o negligenza. La personalità che li caratterizza, anzi, è legata com’è noto proprio al maltrattamento inflitto loro storicamente: un lungo e movimentato viaggio per mare con passaggio nelle calde acque tropicali prima dell’arrivo ai porti nordici di destinazione.

Va da sè che puntando sulla qualità – e ci mancherebbe! – per cotanta ricorrenza era d’obbligo un monovarietale e pure millesimato. Ho intercettato questo Sercial 1950 di Leackok, una volta brand indipendente anche se da tempo incorporato nella Blandy’s. Il millesimo non è a cinque stelle, e  si tratta comunque di una vendemmia pre-denominazioni e pre-disciplinari quindi per l’identità di luogo, annata e vitigno non resta che fidarsi della casa produttrice. La quale ci garantice pure che il vino è rimasto sull’isola in botti di legno americano fino all’imbottigliamento nel 1981.

Il nome Sercial è la forma inglese dell’uva chiamata Cerceal sulla terraferma portoghese, dove a sua volta presenta il sinonimo esgana cao (strozza cane), forse perchè matura con difficoltà ed è quindi a tendenza acida – molto. Per giunta sull’isola è coltivata prevalentemente in altitudine o sul versante nord. In ogni caso è fermentata quasi a secco e poi fortificata, quindi non sai se prendere i bicchieri da aperitivo o quelli da dessert.

Dunque quale genietto è saltato fuori dalla bottiglia? Intanto l’aspetto: non brillante ma prevedibilmente limpido, dato che in trent’anni di botte quel che doveva precipitare era già precipitato da un pezzo. La tonalità era sull’ambrato scarico, con una sfumatura di verde pallido. Il naso è stato subito preso d’assalto, con l’alcol che spingeva la liquirizia in prima linea, poi la frutta secca – a guscio e senza – e a seguire un sentore fra il lattico e il tostato che poteva ricordare la caramella mou ma che per rispetto alla nazionalità mi è sembrato giusto identificare come latte alla portoghese.

Il sapore è arrivato gagliardo come un essere umano a quest’età non è più: il calore alcolico e l’acidità sferzante trasmettevano un’energia veramente rara per qualsivoglia vino compresi Madera da altri vitigni, mentre a metà percorso è comparsa anche una nota amarognola che non guastava. In mezzo a tanta potenza faceva capolino persino un minimale, timido contributo di dolcezza.

Persistenza? Da misurarsi in minuti. E e a questo punto le associazioni aromatiche sono andate a briglia sciolta, aiutate va detto anche dall’alcol (qui in senso metabolico e quindi psicotropo, oltre che strettamente organolettico). Dalle mandorle tostate alle noci al fieno alla scorza di agrumi alla noce moscata, a qualcosa tipo “cera per mobili”. Una volta vuotato, il bicchere ha continuato il racconto con variazioni mentre andava asciugandosi. Alla faccia del “maderizzato”! Era come se a uno Sherry, diciamo un Oloroso secco, avessero messo il turbo. Tutte impressioni, devo dire, sostanzialmente confermate dai numerosi piccoli controlli che sono seguiti (leggete sotto).

E l’abbinamento? Bah, ma per cotanta roba era necessario? Nel dubbio ho lasciato in libreria il manuale del sommelier e mi sono buttato su abbinamenti emozionali, diciamo pure cervellotici. Con un pensiero pure agli anni di questa nobile testata giornalistica, ho giocato sull’idea del tempo che passa. Si perchè anche certi cibi possono durare un bel po’, intendo dire rimanere commestibili e forse addirittura piacevoli per decenni. Era ovvio che non avrebbe funzionato proprio alla perfezione, comunque sono andato a rovistare nel fondo della dispensa ricordando un formaggio del diciottesimo secolo che vidi esposto (ma in vetrina sigillata, non sul carrello) in un ristorante svizzero. Ecco qua i ritrovamenti archeologici, tutti dell’era pre-Winesurf:

Katsuobushi del 2000

 

Nocciole piemontesi anche se niente di pregiato, non erano di Cortemilia e nemmeno trilobate. Le ho raccolte di persona, ebbene si diciotto anni fa. Forma e dimensioni modeste, ma sapore  incredibilmante intatto, oserei dire “fresco”: commoventi. La corazza ermetica del guscio ha  funzionato alla grande.

Katsuobushi comprato a Tokio nel 2000. A quando risalisse la pesca del tonnetto non saprei dire, roba da carbonio 14. All’apertura del Madera si trattava ormai di un reperto fossile, anche se di norma viene venduto in fiocchi da ammollare nell’acqua calda per un dashi. Sapore “trionfo dell’umami”.

Aglio sott’aceto, specialità persiana ma preparazione mia personale con aglio viola e aceto casalingo di Barbera. Mi raccontarono che In Iran lo preparano quando nasce una figlia in previsione del suo matrimonio; io pur non avendo figlie da sposare l’ho comunque messo in barattolo nel maggio ’99. Ottimo e delicato pickle, con più di una similitudine con l’aglio nero oggi di moda.

Agli sott’aceto del 1999

Resta da spiegarvi com’è che di tutto questo scrivo adesso, visto che il settantenario era l’anno scorso. È perchè  all’apertura della boccia nel momento giusto il covid ha impedito i consueti assembramenti di amici assetati. Il Sercial 1950 è stato piuttosto centellinato a dosi omeopatiche per settimane, con selezionati, sparuti visitatori a debita distanza. Il che mi ha permesso di verificare quanto si legge in fondo alla voce “Madeira” dell’Oxford Companion to Wine curato da Jancis Robinson: “Once opened, a bottle has the advantage of lasting for many months”. Ve lo posso confermare, con una certa emozione.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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