L’anno scorso ne avevamo degustati pochi ma ci avevano sorpreso, quest’anno con il doppio di spumanti metodo classico dell’Oltrepò Pavese eravamo di fronte ad un bivio: confermare il risultato dello scorso anno o meno?
I dubbi ci venivano da una nomea non certo “da blasone” dell’Oltrepò Pavese , terra che produce più pinot nero d’Italia ma che solo di recente e probabilmente solo con i suoi Metodo Classico (e forse con alcune Bonarda) ha intrapreso la strada retta della qualità.

Maggior produttore di pinot nero si diceva, oramai però in un mondo di spumanti metodo classico dove tutti producono pinot nero e lo spumantizzano, lo esaltano, lo mettono come emblema della massima espressione/massima difficoltà produttiva tra le bollicine, come fa ad emergere l’Oltrepò Pavese?
Fare una buona qualità, visti i trascorsi, forse non basta e allora occorre dare qualcosa in più, anzi qualcosa di diverso. Questa diversità si riassume per noi sotto due voci:
Piacevolezza
Prezzo concorrenziale

Quest’anno gli spumanti dell’Oltrepò ci hanno mostrato in molti casi, all’interno di strutture più o meno potenti (più meno che più, a onor del vero) una spiccata piacevolezza: questo a partire da chiare note fruttate al naso per arrivare a dei buoni e cremosi equilibri al palato.
Ma la cosa che ci ha stupito di più è stato che questa piacevolezza l’abbiamo trovata anche nella “prova d’esame massima” per uno spumantista, cioè la vinificazione del pinot nero in Rosé, in qualche caso anche imbottigliandolo come Pas Dosé.
Non ci era mai successo degustando dei metodo classico che tre rosé e solo loro fossero Vini Top, battendo tutta la concorrenza in bianco, senza contare che praticamente tutti gli Oltepò Pavese metodo classico Rosé (mamma che nome lungo e difficile da pronunciare all’estero…) superassero la “soglia” degli 80 punti, mostrando aromaticità fruttate nette e ampie e un buon corpo equilibrato.

Anche quelli vinificati in bianco non sono niente male ma questo “sorpasso” dei rosé non ce lo saremmo aspettato, specie mantenendo prezzi veramente abbordabili, tanto per fare un esempio equiparabili ad un non millesimato base di denominazioni spumantistiche molto più famose.
In definitiva ci sembra che la strada che sta percorrendo la spumantisitca dell’Oltrepò sia quella giusta e magari si potrebbe anche “alzare il tiro” in futuro, con cuvée di maggiore austerità, pienezza e profondità, ma per adesso va più che bene così.