Guida vini. Dogliani, Diano, Dolcetto d’Alba: tre moschettieri in cerca di rivincite6 min read

Iniziamo la nostra carrellata dei vini di Langa dai Dolcetto, dai Tre Moschettieri che contraddistinguono questo vitigno nel territorio: quello d’Alba, di Diano e di Dogliani.

Proseguiremo nei prossimi giorni con le Barbera d’Alba, per poi passare ai Gemelli Diversi Langhe Nebbiolo e Nebbiolo d’Alba, al Roero e arrivare al Barbaresco e al Barolo, riserve comprese.

Ne verrà fuori un quadro preciso e ragionato dei vini di Langa , corroborato dagli oltre 500 degustazioni che troverete nella nostra guida.

Partiamo quindi dal mondo del Dolcetto che, da qualsiasi parte si guardi, si restringe sempre più. Anche se negli ultimi anni l’erosione di ettari a vantaggio di altre uve ha rallentato sia Dogliani, che Diano, che il Dolcetto d’Alba, continuano a perdere ettari.

Infatti Se guardiamo la cosa nell’arco di 10/15 anni fa indubbiamente impressione.

Dogliani dal 2007 al 2022 è passato da 1076 a 766 ettari

Diano, sempre nello stesso periodo da 303 a 204

Il dato più eclatante riguarda il dolcetto d’Alba:  nel 2007 gli ettari erano 1707, nel 2022 sono  scesi a 934.

Quest’ ultimo dato in particolare  va visto anche nell’ottica dello sviluppo del nebbiolo in Langa, che ha portato ad espiantare tanti ettari di dolcetto a vantaggio dell’uva sicuramente più richiesta dal mercato negli ultimi anni.

Se però andiamo a guardare il numero di bottiglie fermandoci agli ultimi 4-5 anni si nota che, piano piano , i vari Dolcetto hanno attivato dei buoni paracadute e infatti dal 2019 ad oggi la produzione delle tre denominazioni ha subito diminuzioni meno rilevanti e in un caso (Diano) si è stabilizzata. Quindi per dirla con De Filippo, “a nuttata”, cioè il momento peggiore  per questo vitigno sembrerebbe essere passato.

Noi lo speriamo ma non ne siamo del tutto sicuri. Bisogna però dire che se la qualità è quella espressa dai nostri assaggi il primo motivo di questa “stabilizzazione”sta proprio in un miglioramento qualitativo generalizzato, che passa anche attraverso quello che potremmo definire  “lo sfruttamento positivo” del cambio climatico.

Diano d’Alba

L’innalzamento delle temperature per noi ha dato una mano a vari Dolcetto, che così hanno sempre i soliti accattivanti profumi accompagnati però da una maggiore rotondità (senza le esagerate concentrazioni del passato) che sicuramente, affiancate da prezzi che sono spesso i più bassi di Langa, stanno riportando il consumatore (crediamo non solo dello storico triangolo Torino-Milano-Genova) verso questa tipologia.

Una tipologia che noi adoriamo e che in passato aveva compiuto passi più lunghi delle gambe specie quando ha proposto dei Superdolcetto che, in teoria, volevano confrontarsi per corpo e struttura, con i più blasonati vini di Langa.

Ma vediamo adesso come stanno le cose attraverso i nostri assaggi.

Dogliani

Non abbiamo mai lesinato critiche e apprezzamenti  a questa denominazione, forse i primi più dei secondi specie per la suicida scelta di diversi anni fa di impostare la produzione su vini irrazionalmente concentrati e potenti che volevano scimmiottare Barolo e Barbaresco. Non che col Dolcetto non si possano fare, per carità, solo che il mercato non poteva capirlo. Dai nostri assaggi viene fuori un panorama positivo, anche spalmato su varie annate, dimostrando che il Dogliani DOCG può certamente invecchiare, ma seguendo strade di equilibrio, freschezza e non di potenza. La qualità media è sicuramente alta e anche se ci siamo trovati di fronte a vini di ottima struttura e corpo sono lontani anni luce le concentrazioni del passato, mentre si privilegiano più gli aromi primari, la freschezza, la piacevole rotondità al palato. Alcuni prezzi sono non proprio bassissimi ma per vini così centrati rappresentano il giusto compenso.  Dogliani ci sembra indirizzata verso un posizionamento che vede unire insieme la tipicità, la piacevolezza, un’ equilibrata possibilità di invecchiamento e un prezzo adeguato. Potrebbe essere veramente la strada vincente.

Dogliani

Diano

Pochi i campioni degustati ma anche qui abbiamo trovato ottimi vini. Indubbiamente rispetto a qualche anno fa i Diano mostrano più corpo ma questo non a scapito dei profumi, che sono sempre il loro cavallo di battaglia. Attenzione però, anche se abbiamo trovato un Diano veramente da urlo e altri buoni vini  una paura serpeggiava sempre più nei nostri assaggi e cioè il veder “Doglianizzare”, ispirandosi però allo stile di  10-15 anni fa, i Diano, renderli cioè troppo opulenti  grazie a maturazioni e estrazioni  importanti e magari utilizzando pure legno nuovo. Questa sensazione ci è rimasta addosso e quindi ci sembra giusto mettere in guardia i produttori da non prendere questa strada, perché solo grazie alla freschezza e all’equilibrio questa piccola denominazione potrà alzare la testa (in qualche caso anche i prezzi) senza sbatterla.

Dolcetto d’Alba

La Cenerentola di Langa , il vino/vitigno che tanti produttori mal sopportano e molti di più hanno spiantato, ha mostrato ottime credenziali per comunque mantenere l’attuale posizione.  Il caldo delle ultime vendemmie non ne ha toccato la freschezza aromatica ma invece a portato a rotondità e pienezze maggiori, senza che il tannino pungente del vitigno venga acuito. Siamo, soprattutto per i 2022, su Dolcetto di notevole piacevolezza e precisione aromatica, figli di vinificazioni attente, anche perché un vino da vendere a prezzi più abbordabili della barbera, del Langhe Nebbiolo o del Nebbiolo d’Alba fa sempre piacere, specie in momenti in cui i portafogli sono sempre più leggeri. Mediamente il risultato non è stato importante come per i Dogliani ma per quello che è un vino d’ingresso la situazione è confortante. Non sappiamo se ci arriveremo mai ma, per capire il reale valore di questo vitigno, sarebbe interessante vederlo piantato nei terreni, altitudini e esposizioni migliori, quelle che oggi sono prerogativa del nebbiolo. Solo allora si potrà dire che siamo di fronte ad un vitigno minore.

In definitiva siamo soddisfatti degli assaggi del Dolcetto e crediamo che, piano piano, oltre che assestarsi, possa anche crescere leggermente nel mercato, grazie appunto alla sua classica piacevolezza e al prezzo molto centrato,  fondamentale visti i tempi.

In copertina: veduta di Dogliani grazie a Wikipedia

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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