Iniziamo con la Barbera d’Alba la settimana dedicata ai vini di Langa. Dopo la Barbera d’Alba vi presenteremo i risultati e i commenti relativi al langhe Nebbiolo e al Nebbiolo d’Alba, a cui seguiranno quelli sul Barbaresco 2022 e poi sul Barolo 2021, non tralasciando le Riserve delle due denominazioni e i non pochi Barbaresco e Barolo di annate precedenti ma usciti solo nel 2025.
Un quadro ampio con quasi 500 vini degustati e commentati che sicuramente potrà darvi utili indicazioni per destreggiarsi in una terra dove la qualità è chiara ma i prezzi tendono spesso a “sfuggire di mano”.

Partiamo quindi dalla Barbera d’Alba e dalle varie annate che nello stesso periodo, oramai da sempre, entrano in commercio. Chiedere ai produttori di Barbera di trovare una quadra sull’entrata in commercio è una pia illusione e forse nemmeno giusto perché all’interno della denominazione coesistono varie “anime” di barbera: da quella giovane, immediata, beverina, sino a quella potente, maturata per uno o più anni in legno e pronta per durare nel tempo. Quindi sotto lo stesso cappello coesistono varie tipologie che entrano in commercio dopo uno-due-tre-x anni. Senza considerare la versione Superiore, secondo noi tipologia dall’appellativo anacronistico e fuori dal tempo, specie per un territorio puntato al futuro come la Langa.
Eccoci così a parlare di barbera d’Alba 2024-2023-2022-2021-2020-2019, praticamente una “verticale” della denominazione che ha presentato delle belle luci ma anche qualche ombra.
Per quanto ci riguarda crediamo che la Barbera d’Alba abbia due nemici, uno naturale, l’altro un po’ meno: il primo è l’alcol che specie in annate calde come quasi tutte quelle sopra citate rischia di sbilanciare il vino e il secondo è l’uso del legno che, specie in passato, ci portava nel bicchieri delle spremute di barrique praticamente imbevibili. Questo secondo “nemico” doveva, nella mente dei produttori, ovviare al fatto che la barbera non sviluppa importanti aromi terziari, e dovendo competere in casa con la “cintura nera” di aromi terziari chiamato nebbiolo qualcosa bisognava inventarsi.
Oggi l’uso del legno è molto più moderato e ben bilanciato anche se ogni tanto troviamo delle non trascurabili “ricadute”.
Venendo ai vini e alle annate non è certo facile presentare un quadro chiaro nella denominazione Barbera d’Alba, un vero arcipelago di vigneti e di produttori, dove ognuno ha la sua ricetta che per un’uva storicamente duttile come la barbera, porta a quasi infinite tipologie e ad altrettanti risultati.

I risultati anche e soprattutto dal punto di vista qualitativo sono molto diversi ma fondamentalmente gli assaggi hanno diviso in due parti i vini, senza che un’annata abbia dimostrato di essere migliore di un’altra. la suddivisione, annata per annata, è quasi sempre al 50% tra i vini che hanno raggiunto e superato i nostri fatidici 80 punti (per noi, lo diciamo sempre, non sono pochi perché non spariamo punteggi alti come mortaretti alla festa del patrono) e quelli che ne sono rimasti al di sotto.
Per noi quelli della seconda categoria quasi sempre hanno mostrato o alcolicità troppo elevata o utilizzo sbagliato del legno, quasi mai presentando problemi di vinificazione o di sanità delle uve. Quindi può anche darsi che amanti di Barbera d’Alba abbastanza spinte sull’alcol o sul legno possano trovare prodotti a loro adatti anche in questa seconda fascia, ma sicuramente tra l’oltre 50% di Barbera d’Alba sopra agli 80 punti troviamo molti esempi di come, sia in annate calde e secche (2023-2022 e pure 2020) o calde e umide come la 2024 o molto più equilibrate come la 2021, la barbera riesca a dare prodotti equilibrati riconoscibili, addirittura freschi e sicuramente piacevoli.
Se proprio dobbiamo cercare un’annata più difficile e impegnati propendiamo per la 2022, dove abbiamo trovato diversi vini con alcolicità marcate, mentre le marche maggiori o minori di lego si equivalgono in tutte le annate, tolta naturalmente la 2024 perché tutte Barbera d’Alba giovani e senza legno.
Quattro vini top, spalmati tra tre annate, completano il quadro di una degustazione dove traspare una cosa, come l’amore trasversale dei piemontesi per questo vitigno, che però solo in Langa riesce forse a strappare prezzi adeguati alle cure che necessita in vigna e in cantina. Altro cosa che filtra è, nonostante le annate calde, si cerca molto più di prima di privilegiare la freschezza del vitigno e l’integrità del suo frutto giovanile.
Quindi, nonostante il dato di un 52% di vini con almeno 80 punti non sia a prima vista positivo, per noi lo diventa vista la diversità di situazioni in cui questo vitigno cresce.
Considerando anche i prezzi che spunta il nebbiolo nelle varie denominazioni rispetto alla barbera, è interessante constatare che quest’ultima non solo non diminuisce in ettari vitati ma aumenta leggermente anno dopo anno. A questo si può rispondere solo pensando che il vero vitigno nel cuore dei produttori piemontesi, anche di Langa, è la barbera più che il nebbiolo.
