Oggi Felsina, famosissima cantina in Chianti Classico, ha come amministratore delegato Giovanni Poggiali, nipote di Giuseppe Mazzocolin che per lunghi anni ha portato avanti questa storica realtà chiantigiana, specie negli anni dal 1980 ai primi anni 2000, periodo in cui il Chianti Classico stava cambiando pelle anche grazie al fenomeno dei Supertuscan. Siamo andati a intervistarlo per parlare sia della storia di Felsina, sia di quella del territorio del Chianti Classico, sia della nascita dei Supertuscan ma soprattutto di cosa ci ha lasciato e insegnato quel periodo. Da bravo professore di filosofia Giuseppe è andato anche oltre. Un’intervista imponente ma da leggere in un fiato.

Winesurf: “Quando sei arrivato a Felsina?”
Giuseppe Mazzocolin: “La primissima visita, quasi in incognito, l’ho fatta quando ero il fidanzato di quella che poi sarebbe diventata mia moglie. Poi nel 1976 ci siamo sposati proprio a Felsina e quello è stato l’atto ufficiale di ingresso. L’azienda l’aveva acquistata nel 1966 il padre di mia moglie, Domenico Poggiali. All’epoca ce n’erano di realtà significative in vendita e sappiamo anche che cosa volesse dire lasciare la mezzadria e avviarsi verso un qualcosa di nuovo. In quegli anni c’era bisogno anche della presenza di imprenditori, di figure importanti. Se poi si parla In termini operativi, a tempo pieno, sono entrato in azienda agli inizi degli anni ‘80, tanto è vero che i primi vini di riferimento, i sangiovese in purezza nati con il nostro enologo di sempre Franco Bernabei, il Fontalloro e il Rancia, sono proprio di quegli anni. In realtà prima avevo mosso qualche passo nel settore della commercializzazione, che mi erano serviti se non altro per capire che la produzione era da mettere fortemente in relazione col mercato, dove però si doveva piazzare la qualità del vino al centro del ragionamento. Cosi quando ho avuto modo di incontrare Franco Bernabei ad un convegno sulla barrique organizzato a Milano da Veronelli, l’incontro è stato basilare.
W. “Le vigne quanti anni avevano?”
G.M. “Erano molto giovani. I primi 50 ettari sono stati piantati in tutti gli anni settanta, quindi la produzione nasceva dai vigneti storici dell’epoca della mezzadria, più gli impianti di quel decennio, fatti secondo la vecchia formula chiantigiana del Barone Ricasoli con i sesti d’impianto larghi per far passare il trattore. Ricordo ancora le annate degli anni ’70 prodotte in azienda con vinificazioni molto elementari ma che già davano l’idea di quello che poteva essere il futuro; in particolare ricordo un profumatissimo 1977. II 1978 si rivelò un’annata buona sia quantitativamente che qualitativamente, ma capii dopo che non dava i risultati che volevamo perché era troppo diluito dal trebbiano e dalla malvasia che, pur piantati in percentuale del 10%, producevano molto più del sangiovese arrivando così nel vino anche al 20%.”

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