Girando l’Abruzzo “a caccia” di vini8 min read

Vign’ e ort’ òmmen’ mort’.

Vigna e orto, uomo morto.[2]

Non conoscevo questo detto abruzzese ma grazie ad un Press Tour, dopo un paio di giorni a zonzo per l’entroterra di questa splendida regione, mi pare che calzi proprio a pennello.

Aggiungerei alla vigna e all’orto, in quanto paradigmi di fatica e lavoro, anche l’oliveto, assiduamente presente in gran parte del panorama agricolo. Il Press Tour, o meglio sarebbe dire I Press Tours al plurale, visto che c’erano più gruppi dislocati in diversi itinerari e ognuno con un programma diverso, si è concluso per tutti il 30 Maggio, con un Grand Walk Around Tasting  (cioè con una degustazione tra i tavolini dei produttori)  a Torino di Sangro. Il Tour prevedeva comunque  la visita di (sole) quattro cantine, oltre a escursioni di natura culturale e monumentale.

Ma veniamo all’Abruzzo dei vini, così come mi è sembrato.

Per iniziare in modo semplice provate a pensare all’Abruzzo come ad una regione divisa, dal punto di vista vitinicolo, in tre macro aree, ognuna con una sbocco al mare e  corrispondenti, grosso modo, con le tre province di Teramo, Pescara e Chieti.

La parte sud (il Vastese) che va dal fiume Sangro fino al confine con il Molise è dominata per  l’ottanta per cento dal Montepulciano:  si tratta di una zona assolata e conformata da colline dolci. Mi è parso che qui i rossi avessero tannini morbidi e “dolci” come le colline.

Passato il Sangro e dirigendosi verso Ortona, iniziano a comparire le uve bianche: trebbiano, pecorino e cococciola. Mano a mano che si va verso nord la presenza di uve bianche si fa più significativa fino a raggiungere un sostanziale equilibrio nel pescarese, per poi ritornare a prevalenza montepulciano nel teramano, zona di colline dolci simili a quelle del vastese, dove il Montepulciano si fregia della Docg.

Ma vediamo da vicino qualche numero: il vigneto abruzzese, ricopre circa 32.000 ettari, dai quali si ricavano 3,5 milioni di ettolitri di vini doc. I tre quarti di tutto il vino prodotto proviene dalla provincia di Chieti, con un 10% ciascuno suddiviso tra le province di Pescara e Teramo: ciò che rimane è ubicato nel territorio dell’Aquila. Queste uve sono prodotte da circa 10.000 viticoltori e trasformate da oltre 250 aziende vitivinicole.

Il montepulciano è il vitigno più diffuso e ricopre circa 17.000 ettari, seguito dal trebbiano con oltre 5.000 e, a ruota, una serie di vitigni autoctoni: passerina,pecorino,montonico e cococciola.

Di questi i più interessanti sono il pecorino, che da vita a bei vini sapidi e con una discreta struttura, e LA cococciola tradizionalmente impiegatA in piccole percentuali per apportare acidità al trebbiano e che ora pare stia trovando impieghi più nobili e proficui nella spumantizzazione.

Per varie ragioni storico-politiche, la struttura produttiva dei vini dell’Abruzzo rimane caratterizzata dalla presenza  piuttosto rilevante  di cooperative: ce ne segnalano oltre trenta con la maggior parte concentrata nella provincia di Chieti.

Con le dovute cautele del caso  e aggiungendo qualche altra informazione sulla superfice media dei soci delle cooperative, (all’incirca 2 ettari a socio) si possono trovare  almeno un paio di spunti di riflessioni: il primo è che c’è un ricambio generazionale nel produrre uva e olive e in generale nel restare attaccati alla terra.  Lo dimostra la vitalità riscontrata nelle pur poche aziende visistate.

Il secondo  è che le cooperative sembrano orientate a mantenere e a svolgere quel minimo di attività sociale che dovrebbe essere alla base dei modelli cooperativi, e questo non può che essere un bene. In tale senso la visita, approfondita e molto istruttiva, alla Cantina Frentana si è rivelata, grazie alle parole e alla forza predicatrice di Felice Di Biase, Direttore Vendite, davvero utile e ricca di informazioni.

Come dicevo all’inizio, le cantine visitate sono state quattro: Jasci a Vasto, Fontefico sempre a Vasto, la Cooperativa Frentana e la cantina Nicola di Sipio a Ripa Teatina. Quattro aziende che rappresentano, ognuna a modo suo, il volto moderno dell’Abruzzo vitivinicolo, vocato all’esportazione e all’accoglienza.

Ne abbiamo avuto più di un riprova, sostando per pranzo o cena, accolti con un calore umano ben oltre la cortesia e l’ospitalità di rito.

Non so se per caso o per fortuna, ma abbiamo visitato aziende dove è apparso più che evidente l’ingente profusione di risorse umane (e anche finanziarie) per dotarsi di strutture funzionali e architettonicamente ben inserite nel paesaggio rurale.

Da questo punto di vista dunque il bilancio è più che positivo, ma se vogliamo guardare la cosa dal punto di vista di un giornalista che si occupa di vino, il Press Tour  organizzato dal Consorzio Vini d’Abruzzo con l’aiuto della agenzia Tend, è stato certamente utile, ma allo stesso tempo troppo dispersivo.

Difatti, la visita al centro storico di Vasto, della città di Chieti e del suo Museo, del Convento Michetti e dell’Abbazia di San Giovanni in Venere, per quanto belli possano essere, avrebbero potuto essere evitati, proprio perché non c’entrano nulla con un Tour organizzato da un Consorzio Vini.

Un Consorzio vini dovrebbe sapere che chi si occupa di vino e affronta centinaia di chilometri vuole utilizzare al massimo il tempo a disposizione per soddisfare lo scopo per cui viene, e cioè i vini: quindi si aspetta di degustarli in modo organizzato e funzionale. Inoltre Il Walk Around Grand Tasting, a conclusione di una due giorni impegnativa  e per di più nel tardo pomeriggio, non si può certo definire una scelta azzeccata.

E ora qualche info sulle cantine visitate:

Jasci Donatello (Green Vinery) . Ciclista appassionato, oltre a governare la sua bici da corsa, dispone di una bella famiglia tutta orientata alla produzione di vini bio già dagli anni 80. E’ una modernissima, ipertecnologica e funzionale cantina, la cui produzione è per la maggior parte esportata.

Oltre alla gamma completa da vitigni tradizionali: montepulciano con ben 4 etichette,(oltre al Cerasuolo), pecorino e trebbiano, l’azienda produce anche due vini da uve alloctone: chardonnay e cabernet sauvignon. In azienda sono state piantate recentemente alcuni lotti di sauvignon piwi , a ulteriore conferma della sensibilità aziendale verso una maggior ecosotenibilità. Dai 60 ettari in prorietà, Jasci realizza circa 750.000 bottiglie. Il vino che mi è piaciuto di più: Pecorino 2018 Terre di Chieti IGT.

Fontefico. Nicola ed Emanuele Altieri non si sono certo risparmiati: assieme alla madre ci hanno preparato un pranzo “fatto a mano” ma con il cuore, che non descrivo per non farvi venire un travaso di bile. L’azienda è immersa tra vigne ed ulivi e dispone di una struttra di accoglienza di primo livello.

La proprietà è di 15 ettari vitati che si affacciano sul promontorio di Punta Penna. I vini sono tutti da uve tradizionali e vengono realizzati vinificando i singoli appezzamenti per ricavarne circa 45.000 bottiglie. Anche qui l’esportazione è importante  ma convive con una forte propensione al mercato locale e difatti questa scelta si riflette nello stile dei vini che mi sono parsi più caratteristici (prendete l’aggettivo con le cautele del caso). Il vino che mi è piaciuto di più: il Portarispetto, Trebbiano d’Abruzzo 2017.

Cantina Frentana. Una cantina cooperativa storica, con sede a Rocca San Giovanni (patria della cococciola) e oltre 60 anni di storia alle spalle, molto sta facendo sia per alzare il lievllo qualitativo dei vini, già buono, che per consolidare la mission cooperativa sul fronte sociale.

Questo almeno è quanto traspare dalle parole di Felice di Biase, che ci snocciola i numeri e i dati a sostegno dei successi conseguiti in questi ultimi anni di lavoro. Da visitare assolutamente, anche per ammirare uno dei pochi gioielli tecnologici d’antan, la Torre Vinaria voluta negli anni ’50 dall’allora presidente Gianni D’Agostino e realizzata su progetto dell’enologo Emilio Sernagiotto. La Torre Vinaria, completamente restaurata, è oggi stata convertita ad ospitare eventi. Il vino che mi è piaciuto di più: Pecorino Abruzzo DOC Costa del Molino 2018.

Nicola Di Sipio.  E’ un’azienda giovane, con una proprietà che si attesta su 70 ettari vitati che  fanno da corollario ad una cantina gioiello, molto ben inserita nel paesaggio e integrata con la preesistente villa del XVII secolo. Di Sipio è un modello di accoglienza; hanno realizzato una struttura caratterizzata da spazi ampi e funzionali, adatta a ricevere gruppi e a ospitare eventi. Una volta completata anche nei più piccoli particolari, l’azienda di Ripa Teatina diventerà certamente un punto di riferimento.

I vini sono ineccepibili e realizzati da uve tradizionali ma con uno stile più fresco e moderno, ottenuto anche con l’ausilio di legni piccoli e nuovi e con qualche nuovissima botte grande targata Garbellotto. Il vino che mi è piaciuto di più: Metoco Classico Brut Rosè 2013 sboccatura 2018 (36 mesi sur lattes).

In conclusione

Last but not least, e qui veramente chi legge dovrà usare prudenza, penso che oggi il meglio dei vini abruzzesi risieda nei bianchi da trebbiano e pecorino.  A mio avviso il montepulciano, salvo rari casi, non è ancora riuscito a uscire dal doppio binario:  vino troppo semplice e fruttato, oppure vino troppo rustico e dagli odori “strani”, magari con dosi di legno non omeopatiche.

Il mio augurio è che l’Abruzzo dei vini possa esprimere (se ne intravedono i segnali, ma li avevamo intravisti anche in passato) altri produttori, oltre ai soliti noti, capaci di esprimersi a livelli più alti.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


LEGGI ANCHE