Gavi, mon amour!2 min read

Premetto (per chi ancora non lo avesse capito) che il Gavi e la sua indiscussa importanza sul territorio sono nel mio DNA. Per questo ho sentito quasi il dovere scrivere queste poche righe "a riassunto" dell’annata trascorsa…e non solo.

 

Le difficoltà economiche e le incertezze di questo ultimo anno hanno caratterizzato il mercato mondiale con perplessità derivate dal calo dei consumi, anche se i dati delle vendite del Gavi Docg confermano i numeri dell’anno precedente. 
I pregi del Gavi DOCG sono conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo. Il legame tra uva, vigneto ed azienda è molto stretto, ed il prestigio riconosciuto al Gavi DOCG è considerato comune denominatore tra loro. Cosicché ciò che compone il territorio produttivo deve essere seguito e conservato nel tempo.

Benché giovane, da quando calco queste colline sono avvenute diverse variazioni conseguenti ai cambiamenti del mercato ed alle evoluzione delle singole aziende.
Ormai non si parla più di azienda agricola ma di impresa economica, dove la sua efficienza viene analizzata in base alla redditività raggiunta alla fine di ogni stagione.
Gli aspetti qualitativi delle singole zone e delle aziende tra loro a confronto diventano vincenti quando riescono a conciliare la riduzione dei costi colturali con i risultati qualitativi (e se possibile quantitativi).
Il valore aggiunto della qualità deve essere considerato come obiettivo prioritario.
Il mercato detta le sue sentenze, ma ciò che può apparire nell’immediato poco economico diviene nel lungo periodo conveniente, adottando strategie tecniche che si contrappongono a condizionamenti che prevedono solo la riduzione dei costi di produzione.
In un territorio come il nostro diventa fondamentale replicare alla progressiva riduzione della vita produttiva del vigneto mantenendo in piena efficienza gli impianti più vecchi e curandoli con massima attenzione.
A tutti gli attori della filiera è richiesto un grande impegno per i buoni risultati qualitativi, per il rispetto ed il mantenimento del territorio, per l’immagine che deriva da ogni bottiglia venduta e da ogni parola detta al riguardo.
Obiettivi chiari ben definiti sono a conoscenza di tutti e certamente saranno raggiunti e sono convinto, migliorati

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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