Eccopinò 2014 a casa di Mary Poppins3 min read

Probabilmente deve essere stato tra la 452° e la 458° curva per arrivare a Poppi che mi è venuta l’illuminazione. Ho finalmente capito perchè Mary Poppins viaggiava volando, attaccata ad un ombrello. Dal suo cognome si capisce infatti che doveva essere nativa di Poppi e per andare e venire da quel paese casentinese, lontano da tutto e da tutti, volare (con o senza ombrello) era l’unico sistema.

 

Non avendo l’ombrello della signora Poppins dovevo invece giocoforza sciropparmi centinaia di curve e due ore buone d’auto per arrivare al Castello di Poppi, dove si stava svolgendo (ero in ritardo) la terza edizione di Eccopinò, ovvero la presentazione dell’annata 2011 dei produttori di Pinot Nero dell’Appenino toscano.

 

Tra una curva e l’altra non pensavo solo alla Mary volante: il panorama casentinese infatti non era solo bellissimo ma  soprattutto  il contrario di una zona viticola antropizzata. Quindi, per assurdo ma nemmeno tanto, una delle location perfette per il gruppetto di piccolissimi produttori che sono riusciti in un impresa ritenuta fino a pochi anni fa impossibile, quella di fare buoni Pinot Nero in Toscana. Per arrivare a tanto bisognava forse lasciare le strade tracciate, le zone famose e conosciute, quelle dove la vite è parte integrante del territorio e ritrovarsi dove la vigna è si di casa, ma è uno dei tanti abitanti e nemmeno il più importante.

 

Così non ha la prosopopea del padrone di casa a cui tutto è dovuto e permesso,  ma la modestia di chi viene a chiedere un minimo di spazio per inventarsi qualcosa. Non vuole imporsi con forza ma adattarsi con  modestia e intelligenza. E grazie a queste doti i microproduttori (in tutto si parla di otto aziende e “ben” 16-17.000 bottiglie totali) dell’associazione si sono ritagliati uno spazio in zone come Mugello, Casentino, Lunigiana, Garfagnana, che magari hanno avuto in passato belle storie viticole ma negli ultimi 50 anni sono state (e continuano a stare) ai margini delle zone vitate blasonate.

 

Invece il Castello di Poppi di blasone ne ha da vendere e quando entro in sala me ne accorgo: le molte file di tavoli, bianchi di tovaglie e luccicanti di calici, non fanno che amplificare l’austerità delle pareti e gli addobbi dell’altissimo soffitto.  Soffitto, pareti, atmosfera che, complici gli otto produttori  in abiti casual a servire i loro pinot nero, mi hanno ricordato  bellissime degustazioni a Clos Vougeot.

 

“ANATEMA!!!”  potrebbe gridare qualcuno- “ Paragonare il sancta sanctorum del Pinot Nero borgognone a questi sparuti produttori.” In effetti il paragone è azzardato; ci sono circa 1000 anni di storia e milioni di bottiglie in mezzo, ma quello a cui volevo arrivare è che solo tra questi calici, quest’anno come negli anni passati, ritrovo (in Toscana) i profumi e le caratteristiche di questo vitigno, che dalla Borgogna si è trasferito nel mondo per dare gioia ai mortali.

 

L’annata 2011 non è certo una di quelle più adatte per dare gioia e dall’assaggio lo si capisce: alcuni vini hanno degli squilibri, tannini troppo pungenti e in qualche caso un po’ amari, ma i profumi e le strutture di bocca sono inconfondibili e ti riportano al vitigno. Non voglio mettermi a fare classifiche di merito perché quando si presenta un gruppo e del gruppo che si parla: per questo mi limito semplicemente a straconsigliarvi di provare almeno una volta uno dei pinot nero di queste piccole aziende. Magari non saranno vini perfetti ma anche in un’annata calda come il 2011 hanno il carattere schivo, sornione e suadente del pinot nero, i profumi netti e inconfondibili del vitigno.

 

E’ stato un piacere degustarli e forse per questo i milioni di curve fatte anche al ritorno non mi hanno fatto agognare l’ombrello della signora Poppins.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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